Bad Movie - Il Cittadino Illustre, di Gastón Duprat e Mariano Cohn

Il Bad Movie della settimana è Il Cittadino Illustre di Gastón Duprat e Mariano Cohn, premiato con la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia

Condividi
Spoiler Alert
Nobel

Daniel Mantovani (Oscar Martínez) non la pensa come Bob Dylan. Lui il suo Nobel per la Letteratura lo va a ritirare anche compiaciuto e sicuramente più sobrio dell'Andrew Craig di Paul Newman in Intrigo a Stoccolma (1963) di Mark Robson.
Attenzione al discorso di accettazione da parte di Daniel con cui di fatto parte in quarta Il Cittadino Illustre di Gastón Duprat e Mariano Cohn. È un discorso furbissimo e manipolatorio.
Daniel si lamenta e in un certo senso ammette che per colpa del Nobel lui adesso è diventato un artista canonico e quindi già depotenziato nella sua imprevedibilità creativa dal fatto di essere entrato nell'Olimpo degli scrittori in compagnia di Thomas MannWilliam Faulkner e Gabriel García Márquez.
Ma allo stesso tempo, ammettendo tutto ciò, Daniel Mantovani dimostra, e annuncia a tutti, che lui da quella prigione dell'essere diventato canone potrebbe scappare in qualsiasi momento.
Perché lui sa. E perché lui è in controllo di un mondo che domina perfettamente.
Il Cittadino Illustre è una geniale commedia acida in cui Daniel tornerà in un mondo che non controllerà più e che non dominerà affatto.
Fino alla fine.

Inizio

Dopo la vittoria del Nobel, Daniel Mantovani è più richiesto che mai. Cosa c'è di meglio che rilassarsi in poltrona e divertirsi con la sua fedele segretaria a rifiutare, tra una battuta e l'altra, tutti i premi e i viaggi che gli vengono offerti? Ce n'è uno, subito sprezzantemente accantonato anche con una risatina, che però non riesce a lasciare la testa del nostro Daniel: Salas. Parola palindroma dove l'inizio e la fine sono sempre l'origine del vocabolo.
Salas è l'origine di Daniel. È il poverissimo paesino argentino che gli ha dato i natali e a cui lui ha dato notorietà mondiale attraverso i suoi tanti romanzi di successo tutti ambientati proprio a Salas.
Forse è il momento di tornare da trionfatore in un luogo dove Mantovani non mette piede da secoli.
Il conquistatore può benevolmente riabbracciare la povera patria (Daniel vive in Spagna da anni), mostrando ai "salasiani" il più grande riconoscimento  internazionale che uno scrittore può ottenere.
Daniel diventerà cittadino illustre e a lui verrà addirittura dedicato un busto nella piazza principale.
Un altro trionfo da mettere in agenda.
O forse no?

Odissea

Il viaggio di Ulisse di Daniel comincia nel momento in cui rimette piede nella sua Itaca. Ironico, no? Il luogo povero, ignorante e degradato che lui ha nobilitato attraverso dei romanzi che di fatto hanno sfruttato e strumentalizzato la sgraziata cittadina di Salas... si ribella improvvisamente contro il suo autore.
Il luogo narrativo controllato dalla potenza dell'artista non si rivelerà così mansueto e pacifico laddove diventerà il luogo fisico calpestato dalle bruttissime scarpe da ginnastica di Daniel (dettaglio raffinatissimo dei registi come per dirci che poi Daniel non è tanto più elegante nel gusto rispetto ai disprezzati "salasiani").
Salas è un qualcosa di caotico, inaspettato e imprevedibile. Salas è la punizione nei confronti dell'artista borioso pieno di sé e convinto, anche grazie alla sua dialettica manipolatoria, di essere sempre superiore perché innocente o sempre innocente perché superiore.
Comincerà allora una tragicommedia fatta di nuovi incontri nonsense dove le pagine del suo nuovo romanzo verranno usate per accendere un fuoco o pulirsi il culo.
Si apriranno vecchie ferite (la sua ex fidanzata fu scaricata senza tanti convenevoli di fronte ai primi successi), faranno capolino profonde delusioni (i suoi cicli di incontri sulla letteratura sono sempre meno frequentati; forse Daniel è noiosissimo?), si vivranno pericolosissime avventure erotiche (una giovane groupie la cui generosità non può essere rifiutata), si subiranno umiliazioni (la scena più divertente del film: Daniel partecipa a un orrido talk show televisivo in cui il suo status viene tremendamente sottovalutato) e si parteciperà a spedizioni di caccia forse fatali.
Il grande Daniel Mantovani si fa sempre più piccolo, inadeguato, forse meschino, addirittura spregevole. E se fosse solo un sopravvalutato demagogo reo di aver sfruttato la degradata Salas a fini letterari odiandola ed essendone ricambiato con gli interessi?

Conclusioni

Ci sono artisti che idolatrano gli artisti e artisti che mettono in discussione la loro, oggi più che mai, supremazia sociale collegata a celebrità e consenso in un momento in cui solo questi signori, insieme ai campioni dello sport, sembrano i depositari di un senso esistenziale dopo la decadenza di figure religiose e politiche. Gli argentini Duprat e Cohn, già bravissimi nel demistificare la figura del creativo dentro l'arte contemporanea grazie al loro precedente capolavoro L'Artista (2008; coprodotto anche da noi grazie all'Istituto Luce), hanno lo stesso humour acidissimo di un Woody Allen nel momento in cui si mettono chirurgicamente a distruggere, pezzetto per pezzetto, la statua metaforica e letterale di Daniel Mantovani (il monumento dedicatogli... ovviamente non somiglia affatto alla fisionomia dello scrittore).
Ma attenzione: i registi non sono così manichei nel condannare Daniel. In un finale magnifico in cui tutto diventa anche thriller e forse mortale, scopriremo che Mantovani è rimasto sinceramente colpito dalle doti letterarie del giovane portiere del suo alberghetto. Forse c'è ancora speranza se l'artista ha ancora l'umanità di vederne un altro davanti a sé con l'intento, addirittura, di aiutarlo ad essere pubblicato.
Il Daniel Mantovani della conferenza stampa finale del film non sarà il Daniel Mantovani di quel subdolo discorso iniziale di accettazione del Nobel a Stoccolma.
È completamente un altro uomo. Noi crediamo... migliore. Ma si apra il dibattito.
Il Cittadino Illustre è stato uno dei film più applauditi all'ultima Mostra del Cinema di Venezia dove Martínez ha sbaragliato tutti gli altri colleghi vincendo una meritatissima Coppa Volpi come Miglior Attore.
La pellicola è la punta di diamante della filmografia di Cohn e Duprat.
Due registi intelligenti, cattivi e a loro modo semplicemente esilaranti come maestri di una nuova grande commedia sudamericana.

Continua a leggere su BadTaste