Bad Movie - Bridget Jones's Baby, di Sharon Maguire

Il Bad Movie della settimana è Bridget Jones's Baby, terzo capitolo della saga con Renée Zellweger, Colin Firth, Patrick Dempsey e Emma Thompson

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Spoiler Alert

Tata Emma

“Finché c’è bisogno di me ma voi non mi vorrete, dovrò rimanere. Quando mi vorrete ma non ci sarà più bisogno di me, dovrò andare via". Era il tormentone che amava ripetere Emma Thompson imbruttita all'uopo per essere Nanny McPhee (nei abnormi, naso rotto da pugile, dente in fuori, gobba) ovvero la diciottesima tata che un disperato papà vedovo interpretato da Colin Firth assumeva per domare sette figli terribili in quel divertente film di Kirk Jones del 2005 tratto da romanzo del 1964 firmato Christianna Brand.
È andata quasi nello stesso modo per quanto riguarda il salvataggio di Bridget Jones's Baby.
Se il bambino è finalmente nato... lo dobbiamo ad una Thompson in versione Tata Emma.
Colin Firth magari non l'ha chiamata proprio lui in persona come in quel film... ma sicuramente era disperato anche in questa occasione (vedi dichiarazione al Chicago Sun-Times dell'aprile 2013).
I produttori non erano arrivati al numero di 18 sceneggiatori baby-sitter testati per mettere in piedi il terzo film di Bridget Jones ma poco ci mancava. Dopo 5 anni dall'uscita in sala del secondo deludente Che Pasticcio, Bridget Jones! (2004), nel 2009 veniva annunciato da Variety il terzo adattamento cinematografico dalla penna di Helen Fielding (articoli, non libri). Da quella data cominciano riscritture, rinvii, entrate ed uscite di importanti registi (Paul Feig, Peter Cattaneo), dichiarazioni alla stampa pessimiste (Colin Firth) e clamorosi rifiuti equivalenti quasi ad offese personali (Hugh Grant).
Si arriva all'ottobre del 2014. Sono passi 5 anni da quella notizia di inizio produzione su Variety. Ma non abbiamo ancora un film. Chi può risolvere tutto? Tata Emma. L'attrice inglese già vincitrice di un Oscar per Miglior Sceneggiatura Non Originale per Ragione e Sentimento (1995) di Ang Lee, è chiamata di corsa dalla produzione per rimettere in piedi il progetto.
Un anno dopo (ottobre 2015), il bambino può finalmente nascere con i primi ciak ufficiali battuti sul set.
La Thompson è entrata nel cast tecnico come sceneggiatrice (con Helen Fielding e Dan Mazer) e nel cast artistico come attrice.
Sarà una ginecologa che aiuta Bridget Jones a partorire.
La metafora... non ha bisogno di essere commentata ulteriormente.

Jump Around 

Già la prima scena dà il tono perfetto a tutto il film. La produttrice televisiva Bridget Jones, sull'orlo dei 43 anni, rinnega sul sofà l'inno pop depressivo, isolazionista e quasi quasi solipsista All By Myself di Eric Carmen in versione Jamie O'Neal  per passare alla più saltellante, appunto, Jump Around degli House of Pain già presente nelle nostre sale oggi dentro Trafficanti di Todd Phillips. È una reazione alla depressione. È la brixit (bridget + exit) dalla galoppante angoscia della mezza età.
Il vino bianco che la nostra single penitente tiene nel calice elegante (perfetta come idea di autogratificazione estetica della zitella che si vuole trattare bene) comincia leggermente a strabordare dalla coppa allorquando la bionda inglese comincia a dimenarsi al ritmo della hit evegreen del '92 firmata House of Pain.
Probabile che Bridget, sull'onda della bisboccia etilico hip hop, combini qualche casino anche questa volta.

Caro Diario di Bridget Jones

Come in Caro Diario (1993) di Moretti... anche Bridget si vede circondata da un paternalista attacco concentrico pro-procreazione arrivata ai fatidici 40 (non si fanno più i figli a 25 anni per le generazioni di occidentali post Seconda Guerra Mondiale). Gli amici coetanei la trascurano perché hanno dei pargoli (e quindi Bridget sarà costretta ad andare a un festival rock con amica-collega single più giovane e, apparentemente, più aitante di lei), mentre la madre la sveglia il giorno del 43esimo per avvertirla che l'orologio biologico batte il tempo in modo spietato. Non manca molto, secondo la sua procreatrice, prima che la figlia dica bye bye alla possibilità di concepire. Come può benissimo succedere nella vita reale... questi accadimenti scavano nella psiche della nostra protagonista quasi a sua insaputa. Anche i due Nanni Moretti di vita e cinema, d'altronde, fecero un figlio poco dopo quell'attacco subito e rappresentato con grazia in Caro Diario. È dunque proprio un caso secondo voi che Bridget usi dei preservativi avariati per due one night stand a distanza di poche ora una dall'altra prima con un tipo sconosciuto (l'americano ricchissimo Jack Qwant di Patrick Dempsey) e poi con uno conosciuto fin troppo bene (l'inglese suo ex Mark Darcy di Colin Firth)? È solo "sfortuna"?
Forse no. Ecco la gravidanza inconsciamente desiderata.
Ma... chi è il papà tra i due?

Due mamme

La pellicola si sviluppa sull'asse narrativa precisa e solida dei 9 mesi di gravidanza in cui Bridget deve aspettare il figlio/a e contemporaneamente capire 1) chi è il papà biologico tra l'americano e l'inglese 2) chi sarà il compagno di vita più logico per lei (qualora dovesse sceglierlo per forza). L'americano è suadente, affettuoso e spiritoso. Ma nasconde un lato competitivo, invadente e leggermente ipocrita che potrebbe riflettere molto bene ciò che pensa Emma Thompson dei suoi tanti amici e colleghi dall'altra parte dell'oceano in quel di Hollywood. L'inglese è azzimato, contegnoso e sempre al cellulare per motivi di lavoro. Mark Darcy lo conosciamo dal primo episodio. È un ragazzone adorabile ma forse un po' troppo serioso per Bridget. Tra i due, infatti, non funzionò mai a lungo termine né dopo l'idillio alla fine del primo episodio del 2001 né dopo l'idillio alla fine del secondo del 2004.
Questo terzo episodio è buono. Decisamente buono. C'è struttura, c'è cuore, c'è umorismo. Mentre cerchiamo di capire chi è il papà rendendoci conto con il passare dei minuti quanto in fondo tutto ciò sia poco importante (e lo capiamo insieme a Bridget; ottimo lavoro degli sceneggiatori per farci entrare così in simbiosi con lei), è sempre più evidente quanto Bridget Jones's Baby debba la sua riuscita a due mamme. Una è la regista Sharon Maguire, tornata dopo l'assenza nel secondo capitolo (si sentiva) e bravissima soprattutto nella scena clou ovvero quando l'americano Jack e l'inglese Mark devono portare di peso Bridget in ospedale dopo la rottura delle acque per via di un traffico londinese letteralmente immobilizzato. È una sequenza perfetta ed esilarante che utilizza Bridget dentro l'inquadratura come fosse un sacco di patate (o come un cadavere indisciplinato come in Frenzy di Hitchcock o Frankenstein Junior di Brooks) rispettando perfettamente l'irriverenza con cui la mamma letteraria Fielding ha sempre trattato la sua prediletta creatura Bridget a partire dalle pagine del primo best-seller datato 1996.
La seconda mamma del film è proprio Emma Thompson. La sceneggiatura, grazie a lei, è scoppiettante, intelligente e per niente superficiale. Poi come attrice... la sua ginecologa più spiritata di quello che sembra è semplicemente divina portandosi a casa il film in ogni momento in cui entra in campo (prestate orecchio a una citazione che farà dell'ex marito; vale da sola il prezzo del biglietto).
E Renée? Ci piacerebbe digitare che sia mamma anche lei del film e sicuramente ce la mette tutta. Come sapete la texana vincitrice di un Oscar come Attrice Non Protagonista per Ritorno a Cold Mountain (2003) di Anthony Minghella si è via via sempre più eclissata dai set cinematografici limitandosi negli ultimi anni alla sua Bridget e poco altro.
Purtroppo nel film l'abbiamo trovata troppo magra e soprattutto troppo rifatta, con due zigomi pietrificati dal botox e tutta una serie di espressioni che, per via di questo volto pesantemente artefatto, diventato sgradevoli smorfie su un viso tristemente raggrinzito.

Conclusioni

Grazie al cielo esistono Meryl Streep, Julianne Moore, Cate BlanchettMarisa Tomei. Donne con un sistema nervoso di ferro che resistono e tengono i bisturi lontani da quella inestimabile tela su cui dipingere la vita per noi spettatori. Poi c'è soprattutto lei: Emma Thompson, classe '59 e quindi dieci anni più vecchia di una Zellweger che sembra nel film sua nonna.
“Finché c’è bisogno di me ma voi non mi vorrete, dovrò rimanere. Quando mi vorrete ma non ci sarà più bisogno di me, dovrò andare via" diceva la divina 57enne Thompson nei panni brutti di Nanny McPhee.
Il suo arrivo provvidenziale in sceneggiatura e nel cast ha salvato il terzo film di Bridget Jones.
Abbiamo ancora molto, molto, molto bisogno di lei.
E della sua arte.

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