Bad Movie - Boston: Caccia All'Uomo, di Peter Berg

Il Bad Movie della settimana è la fine della Trilogia dell'America in difficoltà Boston - Caccia All'Uomo, diretto da un regista sempre più bravo e sempre meno di successo come Peter Berg

Condividi
Spoiler Alert

Vedere e toccare

I terroristi vengono individuati molto velocemente grazie alle immagini. Ciò che nel 1982 era fantascienza in Blade Runner (ci riferiamo alla lunga sequenza di investigazione nel profondo della foto trovata nella stanza di Leon attraverso cui Deckard scopre che Zhora si esibisce indossando squame sintetiche di serpente), ora è attualità sia quando vedere tutto dall'alto ci costringe nella war room a fare delle scelte morali dal sapore quasi divino (ci riferiamo ai film di guerra Il Diritto Di Uccidere e Good Kill), sia dentro il genere poliziesco laddove è sempre più forte il rapporto dialettico tra l'analisi di un'immagine (veloce ed efficace) e l'intervento sul campo della realtà fisica (ostico e pieno di insidie). Quando le due bombe fatte in casa sono già esplose durante la 117esima edizione della maratona di Boston in quel 15 aprile 2013, l'enorme squadra Fbi portata in un casermone abbandonato dall'agente Richard DesLauriers (Kevin Bacon) non ci mette niente a individuare prima Dzhokhar Tsarnaev e poi suo fratello più grande Tamerlan. DesLauriers si è addirittura avvalso della memoria fotografica dell'agente bostoniano Tommy Saunders (Mark Wahlberg) quando gli ha chiesto di aiutarlo a ricostruire i movimenti dei due terroristi sciorinando, metro dopo metro e negozio dopo negozio, tutte le telecamere posizionate sulle strade di quella maledetta maratona. Peter Berg è un regista eccezionalmente bravo nel farci percepire la relativa facilità con cui l'avveniristica Fbi e l'etnografica Polizia, insieme, possono individuare perfettamente un individuo controllando il territorio grazie alle mille telecamere posizionate nelle nostre città.
Poi però bisogna acciuffare l'assassino nel mondo fisico. E lì cominciano i problemi.

Zoppicare

Tutta la nona regia di questo interessantissimo cineasta americano diviso tra gioioso spettacolo (Battleship, Hancock, Il Tesoro Dell'Amazzonia, Friday Night Lights) e tormentata autorialità (Cose Molto Cattive, Lone Survivor, Deepwater: Inferno Sull'Oceano), racconta dell'attentato del 15 aprile 2013 ai danni dei bostoniani durante la celeberrima maratona con un'ossessione tutta particolare per gli arti motori, o quelli recisi e strappati al corpo dei nordamericani per colpa delle bombe fatte esplodere dai fratelli terroristi in prossimità del traguardo di un giorno di aprile di quattro anni fa (3 morti e più di 16 persone amputate a seguito delle esplosioni) o quelli zoppicanti di chi quei terroristi li vuole disperatamente acciuffare nelle 96 ore seguenti quelle agghiaccianti esplosioni. Berg cita e filma simulacri di persone realmente coinvolte nelle indagini (Rick DesLauriers, il capo della polizia Ed Davis, il governatore del Massachusetts Deval Patrick, il sergente di polizia di Watertown Jeffrey Pugliese) ma affida la caccia all'uomo, e il ruolo da protagonista, principalmente al fittizio agente di polizia Tommy Saunders, declassato a inizio film (ma non si sa perché) e con un ginocchio sinistro che dire malconcio è poco. I terroristi corrono. Tutti gli altri zoppicano. Quello che inquieta di più di questo bellissimo film è l'inadeguatezza delle forze dell'ordine di Boston (leggi: dell'America tutta in quanto questa città è simbolo dell'orgoglio dei padri fondatori) quando dall'immagine bisogna passare al corpo e quando i due fratelli ceceni sparano meglio degli agenti per le strade, lanciando bombe e mettendo in grossa difficoltà tutte le forze dell'ordine dopo aver imparato a fare esplosivi in casa leggendo un magazine online affiliato ad al-Qaeda. Intorno a loro qualunquismo (bellissima la parte stoner in cui vengono coinvolti i clienti pressappochisti dello spacciatore locale Dzhokhar Tsarnaev), dilettantismo (i poliziotti a un certo punto cominciano a spararsi tra di loro come nelle comiche) e clamorose falle dell'intelligenze (quando DesLauriers realizza che uno dei due era già schedato, non nasconde la profonda frustrazione e vergogna). La città di Boston risponde veemente sia nei panni del giovane cinese Dun Meng (Jimmy O. Yang) perfettamente integrato nella società Usa (leggi: chi è felice in America, è un americano), sia quando un cittadino lancia un martellone a un agente in difficoltà (momento tragicomico eccezionale) oppure quando una signora si schiera con il suo fucile accanto ai tiratori scelti appostati sul tetto della casa della ardimentosa cittadina. Boston - Caccia All'Uomo riesce ad essere un film totale: patriottico, problematico, complesso (occhio alle scene di tenerezza tra Dzhokhar e sua nipote e tra Tamerlan e sua moglie americana; e occhio anche a che attori sceglie e a come li fa recitare in modo sofisticato il regista), adrenalinico (le sparatorie sono eccellenti), accurato (alcune immagini provengono da reali servizi tv e immagini scattate o riprese da borghesi) e persino ironico quando se lo può permettere (amare risate per la nonchalance della richiesta di un i-pod o bluetooth da parte di Dzhokhar per sentire della musica dopo che ha sequestrato col fratello la macchina del cinese Dun Meng).

Conclusioni

Si conclude la Trilogia dell'America in difficoltà. L'avvicinamento al suolo americano ha la cadenza horror di un mostro che lentamente avanza dentro gli incubi e paranoie Usa post-11 settembre. Prima c'è stato il soldato Navy Seal persosi in Afghanistan e salvato dalle tribù pashtun (Lone Survivor), poi abbiamo visto i controllori non controllare il capitalismo selvaggio della corporation BP rendendo il Golfo del Messico un mare nero di petrolio per quella che è la più grande catastrofe ecologica della Storia degli Stati Uniti D'America (Deepwater: Inferno Sull'Oceano) e infine l'attacco terroristico dei lupi solitari (come stiamo vivendo in Europa a Londra, Stoccolma e Parigi) dentro la maratona più antica d'America ambientata in una città simbolo della fondazione degli Usa contro l'invasore britannico (Boston: Caccia All'uomo).
La star è sempre un convincente Mark Wahlberg, sempre più divo credibile della porta accanto qui al servizio di un'idea di cinema che più forte non si può, in sodalizio con un regista da cui ci sembra ormai inseparabile.
Risultato di questa eccellente Trilogia? Buon successo con Lone Survivor, netto calo con Deepwater (era molto più bello rispetto a Lone Survivor) e ora fiasco piuttosto evidente con Boston: Caccia All'Uomo, ignorato da pubblico e Oscar 2017. Perché? Azzardiamo un'ipotesi. Berg si fa patrocinatore di un cinema non ideologico dove i problemi sono evidenti, la retorica è quasi pari allo zero (in questo ultimo film c'è un piccolo monologo del poliziotto Tommy Saunders sull'importanza dell'amore... e basta), mai un momento di demagogia e anzi la tendenza a rappresentare l'antagonista come una creatura in tutto e per tutto... simile a noi. L'America è piena di dolori al corpo e nell'anima risultando sovrappeso e inadeguata rispetto a un voglia di estrarre petrolio quando non si dovrebbe, a due terroristi autodidatti in fuga in una città simbolo e nei territori indecodificabili dell'Afghanistan (Berg era già stato lì, ma come attore, nel durissimo Leoni Per Agnelli di Robert Redford).
Forse il cinema di Peter Berg è troppo adulto, troppo lucido e troppo amorevolmente critico da non lasciare altra reazione nei suoi confronti se non il rifiuto di una proposta cinematografica troppo seria per non provocare fastidio e che non fa altro che ribadire quanto siamo soli e indifesi nel mondo caotico di oggi.
Quando il gendarme del mondo zoppica, dando l'impressione di non saper proteggere i suoi fieri figli bostoniani.

Continua a leggere su BadTaste