Bad Movie - Bohemian Rhapsody, di Bryan Singer e Dexter Fletcher

Il Bad Movie della settimana è Bohemian Rhapsody di Bryan Singer, uno dei film più sorprendenti dell'anno considerate le aspettative. Rami Malek è da Oscar

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Spoiler Alert

Biancaneve e i tre nani

Prima che possiate bearvi della scena contenuta in Ralph Spacca Internet in cui interagiranno tra loro le principesse dell'universo Disney, più quella scozzese dell'altro studio, con la nuova principessina del glitch Vanellope uscita dalla tradizione dei videogame arcade, vi chiediamo di prestare attenzione a un'altra eroina da favola protagonista di Bohemian Rhapsody con il gioco divertente di ribaltare la sua sessualità e in questo modo rispettando le importanti rivoluzioni sessuali del rock'n'roll. Questa nuova principessa si chiama Freddie Mercury. Appartiene anche lei/lui a un altro studio, o meglio apparteneva nel momento in cui si stava formando l'idea produttiva di portare al cinema un film sui Queen, perché ora che la 20th Century Fox sta diventando della Disney... il tutto ci appare ancora più coerente. Prigioniero di una famiglia castrante perché troppo legata alla tradizione (come in Oceania), Freddie ha nel film tre "minatori" operosi che gli fanno da alleati e famiglia come in Biancaneve e i Sette Nani (i loro nomi + corrispettivo nanesco-disneyano sono Roger-Brontolo, Brian-Dotto e John-Mammolo), una mela avvelenata da mangiare lungo il percorso (Aids), una strega ingannatrice (Paul), un mentore che vede per primo il suo potenziale (la fidanzata Mary), un principe azzurro nelle forme di un cameriere bruno da rintracciare nel regno dopo un fugace colpo di fulmine come fosse Cenerentola (Jim) e un mondo di sudditi incantati dalla presenza scenica di una principessa che quando si esibisce diventa una Regina. Come in un cartoon Disney che si rispetti c'è infatti tanta musica, Freddie intona le sue canzoni per gli abitanti felici del regno come se fossero un'esternazione melodica dei suoi tormentati pensieri e nonostante la morte prematura a soli 45 anni tutti vivranno felici e contenti avendo risolto ogni conflitto con famiglia, nani "minatori", mentori etero, streghe cattive, principi bruni che fanno i camerieri e ultima grande impresa (l'esibizione finale dei Queen al Live Aid del 1985 eclissa tutte le altre rockstar).

Kind Of Magic

Questo è l'approccio adottato dai realizzatori di Bohemian Rhapsody e considerati tutti i problemi produttivi avuti in questi anni di ideazione e realizzazione, dobbiamo fare loro i complimenti per aver dato una grande coerenza espressiva al tutto nel momento dell'uscita in sala nonostante un regista licenziato dopo tre mesi di riprese (Bryan Singer), un sostituto arrivato in fretta e furia (Dexter Fletcher), un attore sulla carta impreparato per rappresentare un'icona del '900 (Rami Malek) e uno scetticismo diffusosi tra noi addetti ai lavori, e non solo, sin da quando a luglio 2013 Sacha Baron Cohen uscì dal progetto rivelando la natura per lui eccessivamente favolistica ed edulcorata del primo film su Mercury e i Queen. Si può discutere all'infinito su questo approccio ma è un'identità solida, rivendicata inquadratura dopo inquadratura e quindi il film ha la sua personalità precisa. Che piaccia o no. Su tutto domina un grande senso dell'umorismo piuttosto che piacere per il tragico come in altri biopic rock alla Doors o Control. Benedizione, dunque, e non perdizione. Evviva e non ahinoi. "Grazie a tutti" e non "Pubblico di merda". E' un film che suona dannatamente positivo proprio come una hit dei Queen alla Bicycle Race a partire dal casting, felicissimo, dei tre nani "minatori" che non facevano tardi come Freddie (su questo c'è una bella linea ironica sfruttata per l'ultimo decisivo incontro) e che erano irascibili (Roger), bonariamente responsabili (Brian) e dolcemente ignorati da tutti (il John Deacon di Joe Mazzello è uno dei personaggi più dolci e divertenti di tutto questo 2018). John Ottman si produce in un montaggio elegantissimo (occhio a come l'iniziale percezione dell'arrivo solitario di Freddie a Wembley diventi alla fine del film un momento che invece i Queen vivono e approcciano insieme) soprattutto perché è lui, con la riconosciuta sapienza (ricordiamoci che è l'uomo che salva il momento cult del confronto alla polizia ne I Soliti Sospetti assemblando tutti quei ciak sbagliati in un qualcosa di magico), a darci l'impressione di aver vegliato dall'alto della sua infinita classe su questo film che eravamo pronti tutti ad odiare. Bohemian Rhapsody vince sempre tutte le volte che fa la commedia (perché c'è un maggior lavoro su questo aspetto) e non funziona quasi mai le poche volte che è dramma (tormenti interiori di Freddie nulli; conflitto con le radici abbozzatissimo così come il contrasto col papà; omosessualità è darsi pacche sul sedere; litigi interni ai Queen visti solo come bisticci; l'Aids è fuori campo). La bravura è stata suonare tutti questi 134 minuti in chiave di favola ironica e per questo il montaggio di Ottman merita l'Oscar, anche perché è lui ad amalgamare benissimo la struttura rapsodica di 15 anni di racconto dal 1970 al 1985. A proposito di Oscar...

Conclusioni

Non si può non chiudere su di lui. E chi se lo sarebbe aspettato? Non solo Rami Malek è sopravvissuto al nostro sguardo ma facciamo già il tifo per lui in chiave quantomeno di nomination Oscar come Miglior Attore Protagonista. Il suo è un Freddie bambino, onnipotente sul palco, perso e in balia degli eventi quando gli amplificatori hanno smesso di fare casino. Occhioni che chiedono aiuto come Gollum e Peter Lorre. Esilarante quando ti guarda diffidente allungando il collo all'indietro. Dentone ("Sono nato con quattro incisivi in più") ma non arrogante e onnisciente come il Guglielmo di Alberto Sordi nel celeberrimo episodio de I Complessi (1965) bensì come il latin lover più improbabile della Storia del Cinema ovvero quell'Austin Powers interpretato da Mike Myers qui in grande cammeo sinuosamente ammiccante a un certo momento Queen dentro Fusi Di Testa (1992) di Penelope Spheeris. Anche questa piccola chicca myersiana dimostra quanta cura sia stata messa nel film dal punto di vista dell'identità più precisamente comica.

Insomma... poteva essere una bohemian tragedy. Sta diventando uno dei migliori blockbuster del 2018.

Un film terribilmente simpatico come quella strana band di geniali poppettari al servizio segreto del rock'n'roll.

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