Bad Boys For Life e l’influenza della Famiglia

Bad Boys For Life reinventa in parte la sua formula andando a pescare dal franchise action di maggior successo del momento

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Bad Boys 4 è nei cinema dal 13 giugno. Per qualche strano motivo, Bad Boys For Life non è disponibile sui soliti servizi streaming, a differenza dei primi due

Eccovi una lista parziale di quelli che sono stati definiti “legacy sequel”: Superman Returns, Halloween (2018), Candyman (2021), Cobra Kai, Blade Runner 2049, Star Wars, Ghostbusters: Afterlife, Terminator: Dark Fate, Tron: Legacy, Top Gun: Maverick, Doctor Sleep, Rocky Balboa, Mary Poppins Returns, The Matrix Resurrections, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, Jurassic World. Notate qualcosa in comune? Sono tutti più o meno recenti: l’idea di resuscitare un franchise del passato e riproporlo per le nuove generazioni è figlia di quest’epoca di scarsa fantasia e grande riciclo. Anche Bad Boys For Life è un legacy sequel, e se chiedete a noi è uno dei migliori, nel senso che è uno dei pochi che ha un’idea interessante per come ritornare a un universo narrativo ormai datato e aggiornarlo all’epoca moderna.

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Bad Boys For Life, la legacy e l’età

Un problema classico da risolvere che è comune a tutti i legacy sequel è quello dell’età dei protagonisti. C’è chi (prendete i recenti Ghostbusters) decide di aggirarlo introducendo dei nuovi protagonisti, e magari infilando a forza quelli vecchi con un cameo o un ruolo secondario (o da deus ex machina: prendete di nuovo i recenti Ghostbusters). E c’è chi (prendete Top Gun: Maverick, ma anche l’appena uscito Beverly Hills Cop: Axel F) sceglie invece di giocare con l’età, e renderla un plot point e un argomento di discussione all’interno della trama. Bad Boys For Life appartiene a questa seconda categoria, e riguardando i primi due capitoli ha perfettamente senso che sia così.

Questo perché Mike e Marcus sono due personaggi che riflettono sull’età e sul passare del tempo fin dal primo capitolo. Marcus in particolare, quello sposato e che fa fatica a conciliare la sua vita matrimoniale con un mestiere rischioso e che lo porta a essere spesso fuori di casa, è perfetto per il classico “vent’anni dopo”, e lo è ancora di più in Bad Boys For Life considerando che Martin Lawrence non è più in forma smagliante come lo era negli anni Novanta. Ma anche Mike portava in sé fin dall’inizio il germe dell’inevitabile invecchiamento: è sempre stato un Peter Pan, che non vuole crescere, non vuole calmarsi, non vuole abbandonare la vita avventurosa e pericolosa che l’ha reso quello che è. Come si ripropongono due personaggi del genere a vent’anni di distanza? Come sono cambiati, che cosa ha riservato loro la vita? Bad Boys For Life esiste innanzitutto per rispondere a queste domande.

E le risposte?

Le risposte sono tutto sommato scontate: Marcus è pronto ad andare in pensione, mentre Mike non ha ancora trovato pace, e continua a essere un ragazzone troppo cresciuto che non riesce a concepire una vita che non preveda sparatorie, inseguimenti e anche (nel caso di Bad Boys For Life) vendette. Il fatto che entrambi si siano evoluti in maniera molto naturale e anche prevedibile rispetto a Bad Boys II è sufficiente a creare tutti i presupposti che servono in un legacy sequel, uno su tutti il fatto che i due si siano inevitabilmente allontanati e vogliano cose molto diverse dalle loro vite. Li si può quasi vedere come meta-personaggi: Mike è quello che vorrebbe proseguire il franchise senza cambiarne una virgola e in barba agli anni che sono passati, mentre Marcus vorrebbe metterlo in soffitta, lasciarci con i bei ricordi dei due primi capitoli e aprirne un altro, decisamente più rilassante.

Con questa chiave di lettura, quindi, Mike è la Hollywood che lucra sulla nostalgia, ed è convinta di poter fare i soldi semplicemente riproponendo una formula nota senza troppi cambiamenti. Mentre Marcus è… be’, è più difficile proseguire la metafora: forse è il pubblico che è un po’ stufo del continuo riciclo di vecchie idee, e vorrebbe qualcosa di nuovo invece dell’ennesimo remake, sequel, prequel, requel. Il colpo di genio di Bad Boys For Life, quindi, è quello di optare per una terza via, che prevede in questo caso il guardarsi intorno e imparare la lezione da chi continua ad avere un successo strepitoso anche dopo infiniti sequel. Questo “chi” ha la faccia pelata di Vin Diesel: il terzo capitolo di Bad Boys deve tantissimo a Fast & Furious.

Bad Boys For Life e la Famiglia

Non tanto in termini di azione e messa in scena, che anzi qui è (purtroppo) qualche gradino sotto anche ai primi due capitoli, e si vede che dietro la macchina da presa non c’è Michael Bay. No, l’idea vincente di Bad Boys For Life è quella di (provare a) regalarci una nuova Famiglia; di allargare il campo, e trasformare il franchise da duetto a lavoro di ensemble. La Famiglia in questo caso si chiama AMMO, e comprende una vecchia fiamma di Mike e tre giovani rampanti cresciuti nel mito dei due Bad Boys e che hanno finalmente la possibilità di lavorare con loro. Ovviamente questo genera frizioni, perché i due (Mike soprattutto) non hanno voglia di dare il benvenuto ad altri membri della squadra, convinti come sono che le cose funzionassero alla grande quando erano solo in due. Ma l’action contemporanea ad alto budget ci ha insegnato che per funzionare serve il gruppo, servono tanti volti che collaborano, serve l’avventura corale.

E così Bad Boys For Life diventa la storia di come due poliziotti vecchia scuola debbano imparare a collaborare con i loro colleghi che vivono immersi nella contemporaneità, con tutti gli spigoli di questo nuovo rapporto ma anche la crescente fiducia reciproca che può nascere solo dal condividere sparatorie e inseguimenti. Se volete, il film è un buddy cop nel quale uno dei due buddy è la coppia Mike/Marcus, e l’altro è l’intera squadra della AMMO. Come dicevamo, è un modo intelligente di andare a recuperare un vecchio franchise e vestirlo a festa per i nostri tempi. E il fatto che il risultato finale sia rivedibile sotto più di un punto di vista importa solo relativamente: l’aspetto più importante di un legacy sequel è il modo in cui tratta questa legacy, se la rispetta o la tradisce. Narrativamente, le scelte fatte per Bad Boys For Life sono rispettose, dell’universo e dei suoi personaggi. Che poi la realizzazione di questa buona idea lasci un po’a desiderare è un altro discorso: quello che conta è che questo terzo capitolo non sia offensivo, e di questi tempi non era facile.

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