Tutta l'acqua di Avatar 2 (ma anche della carriera di James Cameron)
L'acqua è un elemento che ricorre in tutta la filmografia di James Cameron, un'ossessione che ora con il secondo Avatar giunge al culmine
Non c’è dettaglio migliore dell’acqua per spiegare cosa sia Avatar: la via dell’acqua.
La conquista tecnologica
Storicamente l’acqua intesa come mare, fiume o massa di liquidi in movimento in generale è una delle sfide maggiori per la computer grafica. Lo sa bene Alla ricerca di Nemo che cerca di stare il meno possibile a pelo d’acqua e preferisce le profondità dove il movimento del liquido non va animato, e lo sanno tutti i film che hanno compreso acqua finta. Anche il primo Avatar, visto con gli occhi di oggi, ha pessime sequenze acquatiche. L’acqua è un problema, questo è un film in cui c’è quasi solo quello, e non solo è perfetta: è proprio stupenda.
L’acqua di questo secondo Avatar non è solo fotorealistica ma è proprio lussuriosa nel colore e nella consistenza, è il piacere di tuffarsi e vivere a contatto con l’oceano. Non c’è quindi solamente la conquista tecnologica di essere riusciti a creare del mare realistico ma quella artistica di aver utilizzato quel mare come fanno film tipo Laguna blu o Cast Away, come un paradiso di promesse e un brodo di vita tropicale. Ad un certo punto si dice che l’acqua è tutta intorno ai personaggi, li circonda e li comprende, per sottolineare la maniera in cui intendono il rapporto con l’ambiente, ma è la stessa visione che il film sembra avere del suo ambiente, cioè di qualcosa che non solo definisce i personaggi ma ne influenza le scelte e la vita. Perché noi possiamo comprenderlo visivamente occorre che riesca a comunicarci un principio di vita. E lo fa.
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Lungi dall’essere solo uno sfondo l’acqua è un device narrativo. Ci sono specie di cetacei che sono perseguitate e insegnano profonde lezioni; ci sono sfide da combattersi a pelo d’acqua; ci sono interi mezzi giganteschi che si inabissano come il Titanic mentre le persone sono ancora dentro; non mancano inseguimenti subacquei con predatori dei mari, fino al più classico degli itinerari a nuoto da compiere trattenendo il respiro. Tutta l’azione più seria in Avatar: La via dell’acqua prevede l’acqua come ostacolo o agevolatore. Cameron vuole raccontare un mondo acquatico e siccome la lingua che conosce è quella dell’azione, per farlo la comprende nell’azione.
Come nel 2009 erano alberi, arbusti e cieli gli strumenti della lotta dei Na’Vi, qui sono i mari. È ciò che caratterizza il film e anche la dominante di colore. È in acqua che si consumano gli amori e per l’acqua e le sue creature che si cementano alleanze e amicizie. Nemmeno Master & Commander, che pure è tutto ambientato in mare, aveva mostrato una simile relazione con gli oceani. È quello che sì intende quando si dice che lo scenario è “uno dei personaggi”, perché sebbene non abbia battute è chiaro ad ogni spettatore che molto di ciò che definisce i singoli personaggi lo si deriva dal rapporto che stringono con il mare. Non possono stare in questo film se non ne hanno uno o se non ci interagiscono direttamente. E il montaggio alternato finale non a caso vede in situazioni diverse tutta la famiglia dover sopravvivere all’acqua.
James Cameron è ossessionato dall’acqua
Possiamo dire senza timore di esagerazione che questo film è l’apice di un’ossessione. Cameron da quando ha avuto accesso a budget cospicui ha sperimentato tutti i modi in cui è possibile gestire e usare l’acqua in un film. L’ha fatto con The Abyss, noto più che altro per la sequenza di effetti visivi avanti per il loro tempo che coinvolge l’acqua, l’ha fatto poi con Terminator 2, in cui il villain è fatto di metallo liquido e questo liquido si muove, vive e ha atteggiamenti, ha saltato True Lies ma poi è tornato a farlo con Titanic. Non si tratta solo del film però, per Titanic come noto Cameron è sceso più volte sul fondale marino, ha studiato il mondo subacqueo, ha girato documentari prima e dopo il film.
In Avatar: La via dell’acqua l’impressione è che non ci siano limiti a quello che ha potuto fare con il liquido, come l’abbia potuto sfruttare e quanto abbia potuto manipolarne consistenza, colore e la maniera in cui la luce lo attraversa per illuminare i personaggi. Una delle ragioni per le quali il film ci ha messo così tanto tempo ad essere pronto è proprio perché Cameron ha messo a punto nuove tecnologie per filmare sott'acqua (per stare lì) e poi per simularla, lo stesso l’impressione è che se davvero da tutta la vita voleva girare un film con l’acqua come personaggio, beh stavolta c’è riuscito. Avatar: La via dell’acqua è senza dubbio il più importante, grande e influente film acquatico di sempre e chiunque in futuro vorrà fare qualcosa di simile dovrà confrontarsi con quest’impresa.