Austin Powers – La spia che ci provava, dieci cose da recuperare dopo averlo rivisto
Austin Powers – La spia che ci provava non è solo un film molto divertente: è anche una lista di consigli di visione
Mike Myers l’ha sempre detto, e l’ha ribadito di recente: Austin Powers non è solo un personaggio ma è anche, forse soprattutto, un tributo. A suo padre, alle sue origini inglesi e a tutto l’intrattenimento con il quale Myers è cresciuto e che proveniva, dal suo punto di vista di canadese figlio di immigrati di Liverpool, dall’altra parte dell’oceano, dalla sua patria ancestrale. Nel giro di tre film – che potrebbero diventare quattro, se le voci a riguardo smettessero di essere tali e acquisissero un po’ di concretezza – Myers ha voluto rendere omaggio all’enorme quantità di Inghilterra con la quale è cresciuto dal punto di vista culturale, creando un universo surreale, stupidissimo ed estremamente colto allo stesso tempo, che pesca da un enorme, immaginario cestone di cultura pop che comprende James Bond e i Beatles, I Monkees e i Monty Python.
Casino Royale (1967)
I video di Madonna e Lenny Kravitz
Probabilmente questa voce tradisce l’età di chi scrive, ma rivedere Austin Powers – La spia che ci provava è anche un modo per ricordarsi quanto fosse enorme il franchise già al tempo del suo secondo capitolo: per l’occasione uscirono i nuovi singoli, con relativo video, sia di Madonna (Beautiful Stranger) sia di Lenny Kravitz (American Woman), oltre che di Mel B (Word Up!). Curiosità: il video di Beautiful Stranger è diretto da Brett Ratner.
Un James Bond a scelta
In particolare La spia che mi amava, ovviamente.
L’esorcista
È una delle tante citazioni che compaiono a tradimento in Austin Powers – La spia che ci provava, ed è una delle più divertenti perché è completamente inaspettata eppure ha perfettamente senso (e se ci pensate la situazione in cui viene citato il film di Friedkin, e la battuta scelta da Myers, sono le stesse alla base degli ultimi vent’anni di battute su L’esorcista).
La pantera rosa
Myers cita sempre Hollywood Party come film di riferimento di uno dei suoi idoli (Peter Sellers, ovviamente), ma per ovvie ragioni Austin Powers ha molte più cose in comune con l’ispettore Clouseau – non tanto in termini di carisma, visto che il personaggio di Peter Sellers è un disastro mal sopportato da chi gli sta intorno, quanto di tipo di comicità utilizzata, un mix di battute fulminanti e surreali e slapstick pura.
Qualcosa a caso dei Monty Python
A proposito di surrealtà e di comicità british: Austin Powers – La spia che ci provava viene ricordato soprattutto per le gag più assurde e terra-terra, dalla tazza di cacca di Ciccio Bastardo al balletto del dottor Male con Mini-Me, ma tutto il film è costellato di momenti che sembrano usciti da uno sketch dei Monty Python, o comunque che si ispirano al sestetto britannico. Lasciate che a illustrarvelo sia Will Ferrell:
Star Wars
Questa invece è talmente evidente che ve la facciamo illustrare dal figlio del dottor Male, Scott Male, magnificamente interpretato da un Seth Green al quale scappa costantemente da ridere (e se conoscete Seth Green, o anche solo se avete visto Buffy, sapete quanto sia difficile):
Top Secret!
C’è molto di Zucker-Abrams-Zucker in Austin Powers (eccovi un esempio, scusandoci per la pessima qualità video), ma per ovvie ragioni il primo film che ci viene da consigliarvi è Top Secret!, parodia degli spy movie anni Sessanta uscita tredici anni prima del primo Austin Powers.
Una pallottola spuntata
Tecnicamente la saga di Frank Drebin NON è una creatura di Zucker-Abrams-Zucker ma solo di David Zucker, quindi non potete dirci che ci stiamo ripetendo e che, per esempio, non abbiamo messo nulla di Mel Brooks (fate come se l’avessimo fatto). C’è una cosa in particolare che Austin Powers – La spia che ci provava ha in comune con Una pallottola spuntata: l’enorme quantità di giochi di parole intraducibili che costellano ogni dialogo. Per Austin Powers la soluzione trovata fu quella di chiedere aiuto a Stefano Belisari in arte Elio e alla sua banda di bastardi al soldo dell’uomo del Giappone.
Yellow Submarine
Myers cita sempre i Beatles tra i suoi riferimenti, e anche se la loro influenza è in gran parte sonora qui e là si ritrovano anche ammiccamenti di altro tipo...
... per esempio, il sottomarino giallo con il quale Powers e Felicity Ladà arrivano sull’isola segreta del dottor Male.