Attack the Block: in memoria di Pogo, dieci anni dopo

Attack the Block compie dieci anni: festeggiamolo ricordando un eroe dimenticato del nostro tempo

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Il momento giusto per capire che Attack the Block non è un film di ragazzini come tutti gli altri arriva dopo circa 25 minuti: il gruppetto dei nostri eroi, ancora al completo, si ritrova per la seconda volta a fronteggiare le creature che hanno invaso il loro quartiere e minacciano di prendere possesso del palazzone di edilizia popolare dove abitano con le loro (più o meno) famiglie. Insieme al gruppo c’è Pogo, il cane di uno di loro, che attirato dai rumori emessi dalle creature corre loro incontro ringhiando... e viene smembrato, misericordiosamente fuori inquadratura. Se Attack the Block fosse stata la storia spielberghiana che prometteva di essere con le sue biciclette e il suo gruppo di adolescenti problematici ma con un cuore grande così, Pogo si sarebbe salvato, e sarebbe diventato uno degli eroi del film; ma vivere a South London, ci dice Joe Cornish, non è una favola, e persino salvare il mondo potrebbe non essere abbastanza da evitarti l’arresto, se hai il colore della pelle sbagliato.

Attack the Block è il film d’esordio di uno dei registi più interessanti e meno prolifici di questo millennio, Joe Cornish, inglese di Londra che ha cominciato la carriera come comico televisivo in duo con Adam Buxton, poi ha lavorato per anni dietro le quinte (ha diretto documentari su Little Britain e Hot Fuzz, tra gli altri), infine ha azzeccato il lavoro della vita scrivendo uno dei più bei film dello Spielberg recente, Le avventure di Tintin. La più classica delle gavette (“classica”... avercene di gavette con Steven Spielberg) che l’ha portato nel 2011 a scrivere, dirigere e produrre il suo primo film, con un budget microscopico, un paio di amici, una futura star e assoluta libertà creativa e contenutistica.

John Boyega

Il risultato è un film che mette in mostra senza vergogna tutte le influenze di Cornish e le lezioni che ha imparato nel corso della sua carriera. Come detto, è spielberghiano, a modo suo: è la storia di un gruppo di adolescenti, diciamo così, complicati, che si ritrovano da un momento all’altro a dover difendere il quartiere da un attacco alieno, ed è un film che non si dimentica mai di avere a che fare con dei ragazzini, e misura tutto, l’azione, le reazioni, i dialoghi, parametrandolo al fatto che Attack the Block è un film privo di adulti – con l’eccezione di qualche parente assente e dell’immancabile polizia, vera nemica di quella che di fatto è anche una banda di rapinatori e piccoli spacciatori.

È anche un film indiscutibilmente british, pieno di umorismo che è stretto parente di quello della coppia Pegg-Frost e dei loro film con Edgar Wright; ha pochissimo di universale e molto di locale, e riesce a trovare il tempo, tra uno scontro con un lupo-gorilla e l’altro, di dipingere un ritratto sociale desolante e insolitamente vivido e quasi realistico per un film del genere. Ed è privo di certi freni inibitori che sono propri di prodotti analoghi americani: la storia di Pogo, eroe divorato dopo pochi minuti, è emblematica, ma tutta la struttura del film ricorda più spesso uno slasher che un normale film di invasione aliena – un film con il mostro che fa fuori uno a uno tutti i protagonisti e fa scattare il gioco dell’indovina il sopravvissuto.

Attack the Block è fantascienza, ma se decideste di chiamarlo horror non sareste del tutto fuori strada.

Attack the Block mostri

E poi: Attack the Block è un film spielberghiano anche in un’altra accezione, non quella Amblin ma quella Jurassic Park, che spiega che il modo migliore di gestire una creatura spaventosa è tenerla nascosta il più possibile e riservarsi il big reveal e le sequenze più chiare e spettacolari per il gran finale (il T. rex di JP compare per la prima volta sotto forma di onda sonora, poi in un retrovisore sotto la pioggia battente, e ci saluta con una gloriosa inquadratura a figura intera mentre divora un Velociraptor e strappa ironicamente un bandierone sui dinosauri). Il film di Joe Cornish in questo senso ha l’intuizione geniale di introdurre delle creature che sono più nere del nero, e sono caratterizzate solo dalle loro fauci luminose, come fossero un branco di Stregatti mannari; questo gli consente di imbastire scene d’azione o di terrore che funzionano grazie a delle semplici silhouette, e rende il crescendo finale infinitamente più efficace che se avessimo visto da subito una massa brulicante di alieni invece che qualche dettaglio qui e là.

C’è poi un discorso su come le storie più interessanti siano quelle che hanno un secondo strato di lettura oltre a quello più evidente, e Attack the Block in questo senso è talmente esplicito da risultare quasi didascalico: è anche un film su come si vive in certi palazzoni londinesi, una denuncia dell’abbandono di responsabilità da parte delle autorità interessate solo a mettere un po’ di gente in galera per dimostrare di stare lavorando, anche uno studio linguistico su accenti e lessico e costruzioni grammaticali che sembrano esistere solo entro i confini del quartiere (il consiglio se potete è di guardarlo in lingua originale – con i sottotitoli, a meno che non siate del posto). E fu anche, dieci anni fa, un trampolino di lancio sia per John Boyega, finito nientemeno che al centro dell’universo di Star Wars, sia per Jodie Whittaker, futura Dr. Who che qui regala un’interpretazione memorabile nel ruolo di Samantha (lei sì che sembra uscita da un film della coppia Pegg/Frost), infermiera appena trasferitarsi in zona, la cui serata inizia con un borseggio, prosegue con un’invasione aliena e si conclude con il botto, letteralmente.

Pogo

Ma più di tutto, Attack the Block è la storia di Pogo, sacrificato sull’altare del doversi dimostrare fin da subito un film di ragazzini, sì, ma violento, imprevedibile e senza alcuna pietà.

Addio Pogo, ti abbiamo conosciuto solo per qualche secondo ma non abbiamo mai smesso di sentire la tua mancanza.

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