Attack the Block: in memoria di Pogo, dieci anni dopo
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Il risultato è un film che mette in mostra senza vergogna tutte le influenze di Cornish e le lezioni che ha imparato nel corso della sua carriera. Come detto, è spielberghiano, a modo suo: è la storia di un gruppo di adolescenti, diciamo così, complicati, che si ritrovano da un momento all’altro a dover difendere il quartiere da un attacco alieno, ed è un film che non si dimentica mai di avere a che fare con dei ragazzini, e misura tutto, l’azione, le reazioni, i dialoghi, parametrandolo al fatto che Attack the Block è un film privo di adulti – con l’eccezione di qualche parente assente e dell’immancabile polizia, vera nemica di quella che di fatto è anche una banda di rapinatori e piccoli spacciatori.
Attack the Block è fantascienza, ma se decideste di chiamarlo horror non sareste del tutto fuori strada.
E poi: Attack the Block è un film spielberghiano anche in un’altra accezione, non quella Amblin ma quella Jurassic Park, che spiega che il modo migliore di gestire una creatura spaventosa è tenerla nascosta il più possibile e riservarsi il big reveal e le sequenze più chiare e spettacolari per il gran finale (il T. rex di JP compare per la prima volta sotto forma di onda sonora, poi in un retrovisore sotto la pioggia battente, e ci saluta con una gloriosa inquadratura a figura intera mentre divora un Velociraptor e strappa ironicamente un bandierone sui dinosauri). Il film di Joe Cornish in questo senso ha l’intuizione geniale di introdurre delle creature che sono più nere del nero, e sono caratterizzate solo dalle loro fauci luminose, come fossero un branco di Stregatti mannari; questo gli consente di imbastire scene d’azione o di terrore che funzionano grazie a delle semplici silhouette, e rende il crescendo finale infinitamente più efficace che se avessimo visto da subito una massa brulicante di alieni invece che qualche dettaglio qui e là.
C’è poi un discorso su come le storie più interessanti siano quelle che hanno un secondo strato di lettura oltre a quello più evidente, e Attack the Block in questo senso è talmente esplicito da risultare quasi didascalico: è anche un film su come si vive in certi palazzoni londinesi, una denuncia dell’abbandono di responsabilità da parte delle autorità interessate solo a mettere un po’ di gente in galera per dimostrare di stare lavorando, anche uno studio linguistico su accenti e lessico e costruzioni grammaticali che sembrano esistere solo entro i confini del quartiere (il consiglio se potete è di guardarlo in lingua originale – con i sottotitoli, a meno che non siate del posto). E fu anche, dieci anni fa, un trampolino di lancio sia per John Boyega, finito nientemeno che al centro dell’universo di Star Wars, sia per Jodie Whittaker, futura Dr. Who che qui regala un’interpretazione memorabile nel ruolo di Samantha (lei sì che sembra uscita da un film della coppia Pegg/Frost), infermiera appena trasferitarsi in zona, la cui serata inizia con un borseggio, prosegue con un’invasione aliena e si conclude con il botto, letteralmente.
Ma più di tutto, Attack the Block è la storia di Pogo, sacrificato sull’altare del doversi dimostrare fin da subito un film di ragazzini, sì, ma violento, imprevedibile e senza alcuna pietà.
Addio Pogo, ti abbiamo conosciuto solo per qualche secondo ma non abbiamo mai smesso di sentire la tua mancanza.