Atomica bionda è John Wick a proporzioni invertite

Atomica bionda è un action con lo stesso spirito grezzo e brutale di John Wick, ma con più thriller e meno botte

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Atomica bionda è su Amazon Prime Video

Negli anni Novanta, David Leitch e Chad Stahelski, stuntmen, fondarono una compagnia di action design, 87eleven, grazie alla quale finirono a lavorare in produzioni gigantesche – una su tutte Matrix, alla quale lavorò solo Stahelski ma che si rivelerà decisiva per entrambi. È su quel set che lo stuntman conosce Keanu Reeves, che 15 anni dopo accetterà di fare da protagonista nel primo film diretto dal duo (con Leitch non accreditato ufficialmente), cioè John Wick. Che va benissimo, al punto che viene messo subito in cantiere un sequel, che in teoria dovrebbe vedere alla regia ancora Stahelski e Leitch. Quest’ultimo, però, cambia idea, e decide di abbracciare un altro progetto, il suo primo da solista: la trasposizione al cinema della graphic novel The Coldest City, che diventa un film intitolato Atomica bionda. E che ha più di un collegamento, ideale e non solo, proprio con la saga di John Wick.

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Atomica bionda è un che si svolge proprio alla fine della Guerra Fredda, nei giorni della caduta del muro di Berlino. Questa ambientazione storica è il primo grosso elemento di stacco con John Wick, che invece preferisce esplorare un universo di fantasia e soprattutto contemporaneo. Rispetto alla saga con Keanu Reeves, Atomica bionda pesca molto anche dai vari John Grisham e John le Carré, e da film come La talpa: non è un “uno contro tutti” ma un “tutti contro tutti”, una storia di violenza, inseguimenti e sparatorie ma anche di tradimenti, agenti segreti e di doppi e tripli giochi. È un grosso e intricato enigma che esplicita abbastanza elementi da tenere il pubblico incollato con il cervello acceso, ma ne offusca altrettanti da riservarsi lo spazio per un paio di sorprese di quelle che da sole “fanno” un thriller.

Potreste quindi chiedervi: “E cosa c’entra John Wick?”. Perché finora quello che abbiamo scritto si riassume così: “Dopo il successo, non accreditato, con John Wick, David Leitch decide che vuole dimostrare di sapersela cavare da solo e accetta un progetto di stampo completamente diverso”. In realtà, Atomica bionda e la saga con Keanu Reeves hanno molto in comune, dal punto di vista estetico ma soprattutto dal punto di vista dell’approccio al racconto e all’azione – ci azzardiamo a dire “filosofico”.

Il segreto del successo di John Wick fu quello di andare contro a tutte le regole di certo mainstream attuale. A fronte di un panorama dove l’azione al cinema era affidata quasi esclusivamente ai supereroi, le cui gesta sono raccontate con abbondante uso di effettistica e post-produzione, il film di Stahelski (e Leitch) puntava tutto sulla fisicità, sugli stunt effettuati dagli stessi attori, sulle coreografie limpide e cristalline e rese possibili dall’atletismo di tutte le persone coinvolge. Un approccio da stuntmen, appunto, che sanno fin dove si può spingere il corpo umano e che sanno quindi come organizzare una coreografia e metterla in scena in modo che l’azione sia non solo coinvolgente ma anche chiara e leggibile.

È lo stesso approccio di Atomica bionda. Lorraine Broughton, l’agente dell’MI6 interpretata da Charlize Theron, passa quasi due ore a venire inseguita, picchiata, presa di mira da proiettili e fucili da cecchino, tamponata da macchine e camion, coinvolta in situazioni estreme e pericolosissime. E non c’è un singolo momento di queste due ore nel quale Leitch cada nella tentazione di buttare tutto in confusione per semplificare le cose: Lorraine è una forza della natura e la regia è al suo servizio, e fa di tutto per sbatterci nei suoi panni senza mai farci perdere la bussola. Il modo migliore per dimostrare quello che stiamo scrivendo è farvi vedere quella che è forse la scena più impressionante del film, un (finto, ma abbastanza credibile) piano sequenza di una decina di minuti nel quale l’azione è messa sull’altare e adorata come unica divinità. È una celebrazione della bellezza delle immagini in movimento, resa ancora più efficace dalla totale assenza di colonna sonora: è cinema scarnificato e ridotto ai minimi termini, quasi primitivo:

Va detto che i paralleli con John Wick non si limitano alle sequenze d’azione. C’è lo stesso gusto estetico un po’ kitsch e innamorato dei neon, la stessa tendenza a passare molte inquadrature sotto un filtro blu livido e in generale a usare i colori per complementare l’azione, e c’è un’eroina apparentemente vulnerabile ma che vuole vincere con tale e tanta forza da diventare apparentemente onnipotente. La vera differenza tra i due film è quindi una questione di proporzioni: dove John Wick dedicava il 70% del tempo all’azione e il resto al worldbuilding, Atomica bionda inverte sostanzialmente le percentuali – una necessità più che una scelta, vista la quantità di personaggi e storyline che vengono tirate in ballo.

Si parla da un paio d’anni di un sequel di Atomica bionda, che dovrebbe uscire in esclusiva su Netflix. E si parla anche di un possibile crossover proprio con John Wick. A noi entrambe le alternative sembrano ottime. La seconda potrebbe avere problemi di cronologia, visto che John Wick vive in un mondo nel quale esistono gli smartphone mentre Lorraine Broughton non ha mai visto neanche un Nokia 3310. Ma siamo sicuri che, se dovesse davvero succedere, Leitch e Stahelski troveranno una soluzione, oppure, alla peggio, se ne fregheranno e ci regaleranno altre due ore di azione come ormai se ne vede pochissima, almeno a Hollywood. A noi va bene anche così.

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