Assassini nati, l’orgia di violenza di Oliver Stone che Tarantino odia

Assassini nati è una satira feroce e sanguinaria sul potere dei media, che creò mostri e fece arrabbiare Quentin Tarantino

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Assassini nati va in onda su Rai 4 questa sera alle 21:22

 Assassini nati - Natural Born Killers è uno dei film più spaventosi della storia del cinema; non tanto per quello che racconta ma per quello che implica sul funzionamento della nostra società e sul rapporto che abbiamo con la morte e la violenza. Odiato da una parte della critica e dal suo stesso autore, non particolarmente apprezzato neanche dal pubblico, almeno al momento dell’uscita in sala, è un’opera iper-satura e densissima, martellante, barocca fino quasi (quasi) ai limiti dell’inguardabile e molto più interessante di come viene raccontata, cioè “la storia d’amore di due serial killer”. Forse è un capolavoro (questo decidetelo voi), di certo è impossibile che vi possa lasciare indifferenti.

Assassini nati e Tarantino

Assassini nati nasce (perdonate il gioco di parole) da una fortunata coincidenza. Da un lato c’è Quentin Tarantino, giovane promettente autore che ha alle spalle due film da regista e una sceneggiatura per nientemeno che Tony Scott e che ha appena scritto una nuova storia che racconta le sanguinose avventure di una coppia sposata che decide di girare per l’America ammazzando gente, viste dagli occhi di un reporter televisivo di nome Wayne Gale; Tarantino vorrebbe anche dirigere il film, ma non riesce a trovare i soldi, e vende quindi il suo lavoro alla produttrice Jane Hamsher (che ha scritto questo libro sulla realizzazione del film: ci troverete molte delle cose che raccontiamo qui).

Dall’altro c’è Oliver Stone, al quale viene offerto lo script ora passato nelle mani di Warner Bros. e che decide che, con qualche aggiustatina, può diventare il suo prossimo film. “Qualche aggiustatina” significa che Stone e i suoi collaborati David Veloz e Richard Rutowski (entrambi accreditati come sceneggiatori nel film) prendono il personaggio di Wayne Gale e lo spostano sullo sfondo, e portano in primo piano le vicende di Mickey e Mallory Knox, scegliendo come interpreti un (al tempo) noto attore comico televisivo come Woody Harrelson – forse un tentativo di replicare il successo di Bruce Willis nel suo passaggio da Moonlighting a Die Hard? – e un’attrice che fino ad allora aveva gravitato tra la commedia e il dramma classico, con l’eccezione di Cape Fear.

Assassini nati Harrelson

Assassini nati: Mickey e Mallory

Assassini nati nella visione di Oliver Stone diventa così un road movie da primo dopoguerra, con una coppia in fuga dalle brutture della propria esistenza quotidiana, ma con il volume alzato a 11, tonnellate di sesso e violenza e un montaggio epilettico ispirato (parole di Stone) alle pubblicità e soprattutto ai video di MTV che in quegli anni stavano esplodendo per creatività e voglia di sperimentare. La trama in quanto tale la si scrive su un fazzoletto di carta: Mickey e Mallory si conoscono, si amano, scappano di casa, cominciano ad ammazzare gente a caso per celebrare il proprio amore, vengono inevitabilmente beccati... e quello che succede dopo è scritto dall’altro lato del fazzoletto, ma non vi consigliamo di girarlo se non conoscete il film e non volete rovinarvi la sorpresa.

Quello che fa la differenza è dunque lo stile, o meglio gli stili, tutti gli stili: la scelta estetica di Stone è quella del frullato, della macedonia nella quale buttare dentro qualsiasi cosa possa starci bene in quel momento. Assassini nati alterna colore e b/n, live action e animazione, filtri verdi, filtri rossi e filtri blu, riprese di bassa qualità da sitcom anni Cinquanta vista su un vecchio CRT e sequenze che raccontano l’esperienza psichedelica indotta da allucinogeni con una precisione che non si vedeva dai tempi di Il serpente di fuoco di Roger Corman; nella commentary track inclusa nel DVD (e anche nel Blu-ray, ma se dovete e potete scegliere vi consigliamo il vecchio formato perché include anche la director’s cut originale e non solo la versione cinematografica con le scene tagliate in separata sede), Stone spiega che il film contiene circa 3.000 inquadrature diverse, quando negli anni Novanta raramente si raggiungevano le 1.000 (per Stalker, Tarkovski ne usò 142, se vogliamo parlare di “estremo”). Il risultato è riassunto alla perfezione già nelle prime due scene del film: i titoli di testa-introduzione al tema e la prima volta che vediamo Mickey e Mallory in azione.

Avrete notato tra l’altro che le inquadrature dritte si contano sulle dita di una mano: non contento di bombardare chi guarda di informazioni e stimoli visivi, Assassini nati è anche una festa di Dutch angles, punti di vista bizzarri e virtuosismi di un regista che non riusciva proprio a stare fermo mentre raccontava questa storia. È un film che gronda sesso e sensualità, e non con delicatezza, sottintesi e allusioni: è volgare e aggressivo, soprattutto nel personaggio di Juliette Lewis la cui carica erotica a tratti sembra intimidire persino Woody Harrelson (dovremo attendere Sheri Moon in La casa del diavolo per ritrovare un personaggio di quel livello); e d’altra parte è un film che si può riassumere anche come “tutti quanti si vogliono portare a letto Mallory”, visto che ora del terzo atto anche il disgustoso detective Scagnetti (Tom Sizemore), che ha inseguito i due per mezza America, è più interessato a fare sesso con lei che a fare giustizia per le sue vittime. L’intero mondo di Assassini nati è popolato di due sole categorie di esseri umani: la gente depravata, perversa e immorale sulla quale si concentra tutta l’attenzione di Stone, e le loro vittime, il cui unico ruolo nel grande schema delle cose è quello di morire male (con l’eccezione dei genitori di Mallory che sono la scintilla che dà il via all’intera storia).

Assassini nati Harrelson Lewis

Oliver Stone e la TV

Il punto è che, raccontato così, Assassini nati è, effettivamente, “la storia d’amore di due serial killer”, seppur diretta con uno stile inconfondibile e talmente eccessivo che si può solo amare oppure odiare. La verità su questa storia, però, che è anche l’eredità più importante della sceneggiatura originale di Tarantino, è che tutto quel che riguarda questa romance, tutto quanto, dal discutibile romanticismo di un matrimonio su un ponte alla gioia quasi infantile che brilla negli occhi di Mickey e Mallory dopo ogni omicidio, dal giorno del loro primo incontro sulla soglia di casa di lei al primo litigio risolto con uno stupro e un morto, non è visto direttamente dagli occhi della coppia, ma distante e filtrato da una lente satirica che è quella, per riassumere, della televisione.

Come vi avevamo già raccontato un anno fa, e come in realtà Stone ripete dal 1994, Assassini nati esiste perché «negli anni Novanta mi resi conto che il panorama dell’informazione stava cambiando davvero, in particolare i media iniziavano a seguire e riproporre la violenza. Era sempre esistito, ma quando scoppiò il caso O.J. Simpson la cosa virò verso la ricerca di un profitto. Non avevo mai visto niente di simile: crescendo avevo assistito a un sacco di sensazionalismo». Interpretare letteralmente quello che succede nel film, le danze sexy prima degli omicidi, la gioia di vedere le altrui budella esplodere, la sensazione di onnipotenza che solo una coppia di serial killer può provare, significa ignorare che intorno al racconto c’è una cornice piuttosto evidente fatta di servizi televisivi scandalistici, interviste a fan, inchieste, pornografia della violenza; Mickey e Mallory, è l’implicazione, hanno sì fatto quello che hanno fatto, ma il modo in cui viene raccontato è un’invenzione, un artificio – in altre parole, è come si comporterebbero se fossero scritti da un autore televisivo.

Harrelson Lewis

Mickey e Mallory non esistono

Mickey e Mallory sono personaggi di fantasia tanto quanto lo è il detective Scagnetti (apparentemente ligio al dovere, in realtà maniaco sessuale e assassino tanto quanto i suoi bersagli), e non è esagerato affermare che l’unico personaggio reale è quello che questa cornice l’ha creata – Wayne Gale, il giornalista interpretato da Robert Downey Jr. che Tarantino voleva come protagonista e che qui serve invece come narratore (esplicito o implicito a seconda dell’occasione) e come simbolo e incarnazione dell’idea di “l’ultraviolenza porta soldi”. Non sono solo i segmenti del suo programma American Maniacs a esplicitare che Assassini nati è un film sul potere della televisione e sulla sua influenza sul nostro immaginario: Stone prende spesso ispirazione dal linguaggio televisivo, non solo quello dei documentari e dei TG ma anche della serialità (l’agghiacciante sequenza-flashback nella quale conosciamo la famiglia di Mallory è girata come una vecchia sitcom, con tanto di risate registrate in sottofondo).

Non è, soprattutto ventisei anni dopo, la più sottile delle metafore, ed è particolarmente ironico che, dopo l’uscita del film, parecchi omicidi in America e Canada siano stati dipinti dall’informazione (a torto o a ragione) dell’epoca come copycat crimes ispirati proprio ad Assassini nati. Ma era anche un grido di allarme che è andato tutto sommato inascoltato: dal 1994 a oggi la passione nostra e degli organi d’informazione per le storie sordide che coinvolgono soldi sesso e violenza non è calata di una virgola, e anzi ci sarebbe da fare un discorso a parte su quanto sia esplosa grazie ai social. Se volete potete anche odiare Assassini nati, ma di sicuro non potete dire che non aveva provato ad avvertirci.

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