Aspettando Marcello mio, la lunga relazione tra cinema italiano e francese

Aspettando Marcello mio seguiamo le orme di Mastroianni, a metà tra il cinema italiano e l'amore sconfinato per il sistema francese

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L’amore tra Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve è durato 4 anni. Dalla loro unione è nata Chiara Mastroianni, che domani presenterà a Cannes Marcello mio, il film-omaggio al padre dove lei si trasforma in... lui. Il film è diretto dal francese Christophe Honoré e unisce star italiane (tra cui Stefania Sandrelli) in una produzione francese piena di attori francesi che omaggiano, appunto, Marcello Mastroianni. La storia produttiva del film e le relazioni reali che l’hanno preceduto sembrano una grande metafora per quello che è, ed è stato storicamente, il rapporto tra il cinema italiano e il cinema francese. Ripercorriamone dunque la storia, in attesa dell'uscita del film il 23 maggio (con anteprime il 21 maggio).

Abbiamo iniziato noi, per primi, nel 1932 con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (a quel tempo era Esposizione Internazionale d'Arte Cinematografica). Il modello è stato seguito poi da Cannes nel 1939 incontrando però presto uno stop a causa della guerra. Sin dal 1905 le cose funzionavano così, con due industrie che si guardavano e si imitavano in un ciclo spesso virtuoso. Al tempo del muto era l’Italia a prendere in prestito dirigenti francesi (come Gaston Velle della Pathé) per strutturare la nascente catena di produzione di opere cinematografiche. Grazie al Cinématographe dei Lumiere e le invenzioni di Méliès i cugini francesi erano un passo in avanti sia nella capacità di creare film sia nelle idee per intercettare il pubblico. Spesso gli artisti francesi venivano in Italia per recitare in remake e in imitazioni di opere d’oltralpe, dando una spinta essenziale alla produzione nostrana.

Questioni di cuore… e reciproca ammirazione

Marcello ha conosciuto Catherine sul set di La cagna, di Ferreri. Una relazione che l’ha portato sempre di più con il cuore e la testa verso Parigi. Mastroianni si separerà, ma non divorzierà dalla moglie italiana, Flora Carabella. Un attore carismatico che incarnava in Italia e all’estero un modello di fascino mediterraneo. Amato in entrambe le nazioni è a Parigi, la sua Parigi dove diceva di poter vivere come una persona normale, che Marcello Mastroianni ha costruito una seconda vita. È lì che morirà. 

In Mastroianni (e quindi per forza di cose in Marcello mio) c’è la stessa tensione tra due paesi, che è simile a quella dei due poli del cinema. Negli anni migliori l'ispirazione si è rimbalzata tra una parte e l'altra delle alpi. Il nostro neorealismo è stato una bomba concettuale in tutto il mondo e soprattutto in Francia, ha ispirato il dibattito dei giovani autori della Nouvelle Vague. A loro volta le loro idee hanno creato una nuova generazione di registi Italiani sul finire degli anni ’60. 

Con le loro resistenze, le loro polemiche, il loro senso critico e le idee per un cinema d’arte, i francesi hanno coniato il linguaggio della modernità artistica. Gli autori, ovvero persone che hanno tra le mani tutte le fasi chiave di un film (dalla scrittura alla regia) sono stati oggetto di una riflessione partita con la nuova ondata francese e che ha travolto tutto il mondo. Anche se le rappresentazioni dei rispettivi popoli nelle cinematografie è rimasto sempre limitato (ci sono pochi film italiani con protagonisti francesi e viceversa) la pratica del remake, iniziata con il muto, non è mai tramontata.

Rifare il cinema francese, usare l’industria francese come orizzonte

Il giorno più bello nasce da C'est la vie - Prendila come viene. Corro da te, il film con Miriam Leone e Pierfrancesco Favino, è il remake di Tutti in piedi. Ovviamente i due Benvenuti al sud\nord nascono dall’idea di Giù al nord. La bella serie Call my Agent Italia ha, appunto, Italia nel titolo perché viene da Dix pour cent, un format francese peraltro citato all’interno della serie stessa. A volte succede anche il contrario. A volte film come C’è ancora domani riescono a conquistare il cuore e il botteghino francese.

Eppure se il festival di Venezia riesce a rivaleggiare con Cannes, lo stesso non si può dire di un sistema-cinema italiano che vorrebbe essere come quello francese, ma non ce la fa. Si può presenziare a un qualsiasi convegno per addetti ai lavori ed essere sicuri di sentire pronunciare la parola “francese”. Di solito è per la durezza con cui si sono opposti a Netflix (si veda la posizion presa da Cannes sul passaggio in sala) o per le finestre di sfruttamento (ben 15 mesi di distanza dall’arrivo in sala prima di uscire sulle piattaforme) o per come il sistema riesca a trovare sia hit che nuovi autori. Essere come loro è un’utopia che ci sta molto a cuore. 

Più cinema nel cinema francese

Quasi a parità di popolazione i cittadini francesi prima della pandemia andavano al cinema il doppio rispetto agli italiani. La produzione interna ha un perso sul mercato di quasi il 40%, e possono essere proiettati su più di 6.000 schermi, il doppio di quelli dello stivale. Però noi abbiamo Sorrentino e Moretti, per dire due autori molto amati in Francia insieme a Garrone (dove però Cannes gli ha rifiutato il concorso di Io Capitano). E abbiamo anche uno scambio attivo: nel 2023 i francesi hanno fatto 144 coproduzioni internazionali, di cui 27 con l’Italia. Questo ci rende il secondo mercato in termini di coproduzioni. Siamo oggi il quarto mercato mondiale per il cinema francese nel 2023. Siamo stati il primo nel 2018 e nel 2019 (come dicono i dati di Italy for Movies). Abbiamo dimostrato che possiamo anche dare, non solo ricevere.

Tra il cinema italiano e il cinema francese c’è stato di tutto: rivalità, invidia, ammirazione sconfinata. Le collaborazioni economiche, gli accordi sia di produzione che delle istituzioni hanno permesso a entrambi i sistemi di sopravvivere.

Si può solo intuire perché Mastroianni se ne innamorò, ma si può pienamente capire perché domani, a Cannes, un regista francese, insieme alla figlia - francese di origini italiane - dell’attore, presenteranno un film che si intitola Marcello mio. Mio e non solo. Marcello nostro e Marcello vostro, possiamo dire. Un po’ come il cinema. 

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Articolo in collaborazione con Lucky Red

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