Arma letale, il funerale dei buddy cop
Arma letale è l’apice di un genere ma segnò anche l’inizio di un prevedibile declino. Eppure poteva andare molto peggio…
Se seguite con una certa attenzione il mondo del cinema, e se siete qui a leggere non dubitiamo che lo facciate, saprete bene che il ciclo vitale di ogni genere cinematografico è regolare e prevedibile, una serie di eventi concatenati sempre molto simili se non uguali a loro stessi: una persona ha uno spunto brillante e quasi senza accorgersene lo mette nel suo film; un’altra persona lo vede e decide di sviluppare questo spunto, mettendolo al centro del suo film; una terza formalizza e organizza queste idee, e il suo film diventa il punto di riferimento per tutte le successive opere che appartengono al genere; dopodiché svariate persone approfondiscono ed esplorano questa nuova creatura, creando infinite variazioni sul tema; finché un giorno arriva una persona che crea l’opera definitiva imparando tutte le lezioni apprese in anni di esperienza sul campo, attiva o passiva che sia, e il suo film diventa un punto di non ritorno; quello che viene dopo sono pallidi tentativi di emulare la grandezza di questo Apice™, oppure ulteriori variazioni sul tema che si fanno sempre più varie e sempre più distanti dal genere originale, contaminandosi ed esplorando territori nuovi. Tutta questa introduzione serve per dire che Arma letale è un Apice™, e quindi anche un funerale, per un genere che dopo la sua uscita se l’è comunque cavata sorprendentemente bene.
Andò tutto nel modo più semplice possibile: Black ebbe un’idea, la trasformò in una sceneggiatura ispirata al primo Ispettore Callaghan, la mandò a diversi studios, uno di questi (Warner Bros.), gliela comprò, gli offrì Richard Donner alla regia e Mel Gibson e Danny Glover come protagonisti e nacque così Arma letale – senza conflitti tra protagonisti che si odiavano nella realtà più di quanto facessero nel film, e anche senza (troppi) tagli e modifiche rispetto a quanto scritto da Black.
L’impalcatura prevedeva la presenza di due poliziotti (o agenti segreti, o comunque forze dell’ordine e dintorni), costretti a lavorare insieme e a superare una serie di differenze che comprendono, ma non sono limitate a:
l’età, e quindi
l’approccio al lavoro (“old school” vs. “new school”, oppure “rispettoso delle regole” vs. “ignora le regole quando serve per risolvere i casi”, o anche “good cop” vs. “bad cop”), e anche
l’approccio alla vita privata (p.e.: uno è padre di famiglia, l’altro single alcolista), e poi
il carattere (lo scontro in un buddy cop è sempre anche tra personalità opposte). Altri esempi sono
il coinvolgimento emotivo nel caso in questione,
l’appartenenza etnica
il rapporto con le donne
Elementi che si ritrovano più o meno numerosi in tutti i buddy cop pre-Arma letale, e che in Arma letale vengono distillati e raffinati fino a raggiungere la forma perfetta. Da un lato c’è Martin Riggs (Mel Gibson), bianco, single, alcolizzato e drogato, con un desiderio di morte e tendenze suicide, una pessima reputazione in dipartimento, un carattere ingestibile e un addestramento da soldato delle forze speciali che lo rende un’arma letale ma anche un po’ troppo portato all’omicidio facile. Dall’altro c’è Roger Murtaugh (Danny Glover), nero, padre di famiglia, sobrio, amorevole, stimato da tutti i colleghi, con un carattere deciso ma gentile e un talento da poliziotto che gli deriva più da anni di esperienza che da capacità innate. È la contrapposizione perfetta e mai più raggiunta da nessun altro film (nemmeno dai suoi sequel), una composizione della coppia da manuale che riassume tutto quanto detto dal genere fino a lì e lo ripresenta in una forma impossibile da migliorare.
In mezzo tra Roger e Martin c’è il resto della perfezione, tutti gli altri incastri di un meccanismo perfetto. C’è un villain che ha motivazioni proprie e una personalità, ma ha anche legami con entrambi i protagonisti che arrivano da direzioni diverse, imprevedibili eppure inevitabili una volta che vengono svelate. C’è Gary Busey nei panni del miglior scagnozzo del villain della storia del genere, talmente perfetto da cominciare a scivolare verso l’autoparodia e la satira (si veda la scena dell’accendino). E c’è un intreccio che come nei migliori gialli – ma anche nei migliori western, e Shane Black voleva che Arma letale fosse anche un po’ un western urbano – si apre all’insegna della semplicità e va via via complicandosi e infittendosi fino a esplodere nel più classico dei finali fuori scala.
Dopo Arma letale niente fu più lo stesso. A fronte dell’impossibilità di migliorarsi, per esempio, Shane Black optò per le succitate variazioni sul tema, tra le quali spicca ovviamente quel miracolo artistico che si intitola L’ultimo boyscout. I sequel di Arma letale non toccarono mai gli stessi picchi del primo capitolo. Con gli anni Novanta, poi, cominciarono a spuntare le prime parodie (Palle in canna, ma anche Last Action Hero, Fermati, o mamma spara!...), le prime versioni sotto steroidi (Bad Boys) e persino, uno dei più chiari segni di declino, le prime versioni con animali (Turner e il casinaro con Tom Hanks, Il cane e il poliziotto con Chuck Norris). Il buddy cop arrivò financo nello spazio, come dimostra Man in Black.
Eppure, invece di morire tra rantoli di agonia e pupazzi di peluche del miglior cane poliziotto della storia del cinema, il genere è sopravvissuto ad Arma letale; in forme ormai quasi irriconoscibili (The Nice Guys è un buddy cop senza i cop, Zootropolis è un buddy cop animato Disney), ma è comunque entrato a far parte della grammatica di base del cinema, una formula sicura ma sulla quale c’è anche tanto da dire, e tante variazioni sul tema da esplorare. Certo, niente sarà mai più come Arma letale, ma questo è il problema quando sei un Apice™.