Ammazzavampiri, quando succhiare sangue divenne sexy
Ammazzavampiri di Tom Holland segna una svolta nella figura del vampiro: non solo gotico e romantico ma anche sexy, ironico e pop
LEGGI: Fright Night – Il vampiro della porta accanto, 10 anni di Colin Farrell succhiasangue
LEGGI: La storia dell’inquietante casa di Fright Night – Ammazzavampiri di Tom Holland
Parliamo non del Dracula (perché se si parla di vampiri si finisce sempre lì prima o poi) bestiale e ferale del Nosferatu di Murnau, ma di quello che ha conosciuto il suo apice nella versione del 1992 di Francis Ford Coppola: il vampiro affascinante, decadente, gotico, romantico, seducente, la perfetta rappresentazione della lama sottile che separa il dolore dall’estasi e la vita dalla morte. Una visione tragica e ottocentesca del vampiro, che con gli anni si è macchiata alternativamente di violenza estrema o di sesso selvaggio, ma comunque sempre legata a quest’idea del succhiasangue come di una creatura maledetta la cui condizione è insieme benedizione e sofferenza.
«Continuavo a ragionare su quest’idea, ci giravo intorno ma non trovavo il modo di farla funzionare, finché parlando con un amico mi è venuto in mente “be’, se fossi davvero un megafan dell’horror con un vampiro come vicino di casa, la prima cosa che farei sarebbe andare da Vincent Price!”», uno dei volti più noti dell’horror degli anni Cinquanta e Sessanta. In realtà Holland usa un altro nome, Peter Vincent – che è un doppio omaggio a Peter Cushing e Vincent Price, e che è il nome di uno dei due protagonisti del suo Ammazzavampiri. È un semplice gioco di parole che però dice moltissimo sul film scritto da Holland, e su quello che ha rappresentato per il genere.
In anticipo su un’intera stirpe di commedie horror un po’ meta-, Ammazzavampiri è un film non tanto sui vampiri, ma sul fandom dei vampiri, e sui film di vampiri. Era, ed è ancora oggi, per un sacco di persone, la risposta migliore alla domanda “a che cosa ci è servito dedicare migliaia di ore della nostra vita ai vampiri?”: se doveste succedere a voi, dice Holland attraverso il personaggio di Charley, sapreste perfettamente come comportarvi. È un’opera che prende un genere e i suoi fan e li fa scontrare, e dimostra che a uscirne vivi sarebbero i secondi, perché la passione e l’amore sono più forti di… delle creature della notte, probabilmente.
Ma è anche un film che in un certo senso toglie il tappeto da sotto i piedi ai suddetti fan. Perché il Jerry Dandridge di Chris Sarandon non è un Dracula, non è un vampiro maledetto e depresso uscito da un’altra epoca. Jerry è un vampiro moderno e pop, una creatura della notte intesa come movida e non solo come luogo buio di misteri e turpitudini; è un succhiasangue che sa come si sta in un pub, che ascolta la musica, che sa come confondersi in un banalissimo e indistinto vicinato di una piccola città dell’Iowa. È molto poco Dracula e moltissimo tutti i vampiri che verranno dopo di lui, a partire da quelli già citati di Buffy l’ammazzavampiri (ci piace pensare che la traduzione italiana del titolo della serie sia un omaggio al film di Holland) per finire con quelli di altre serie letterarie cinematografiche che non nomineremo qui.
C’è un prima e un dopo per i vampiri al cinema grazie ad Ammazzavampiri: da Scuola di mostri a Il buio si avvicina di Kathryn Bigelow fino ai vari Vampire Diaries e True Blood, tutti devono qualcosa al film di Tom Holland. Che meno di un anno fa ha annunciato di stare lavorando a un vero e proprio sequel di Ammazzavampiri dopo il mezzo disastro (non per colpa sua) del 1988 intitolato Ammazzavampiri 2, che verrà ignorato e messo nel dimenticatoio. Holland ha parlato di far resuscitare tutti i personaggi morti nel primo, e ha detto che «fare questo film è l’unico modo per proteggere qualcosa che amo (a Holland non è piaciuto il remake del 2011, nda): se vuoi che una cosa venga fatta bene, devi farla tu». Ci fidiamo, e aspettiamo ansiosamente il risultato dei suoi sforzi.