American Horror Story - Freak Show, "il più grande spettacolo del mondo"

Quarto e ultimo appuntamento alla scoperta delle passate stagioni di American Horror Story: oggi è il turno di Freak Show

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Dove Ryan Murphy è intelligente, ma non si applica. Si conclude, almeno fino al prossimo 7 ottobre, il percorso di American Horror Story. Lo fa in Florida, negli anni '50, più precisamente all'interno di un circo di freak dove tutti sono cattivi e amorali a prescindere dalle loro caratteristiche fisiche. Una stagione cattivissima quella di Freak Show, dove come al solito la salvezza e la redenzione sono un miraggio, e comunque passano sempre dalla morte del personaggio. È la stagione con più numeri musicali di tutte, quella più sviluppata nel passato, la passerella d'addio a Jessica Lange, che per quattro anni è stata protagonista e volto principale della serie.

Se New Orleans era una cornice fondamentale nel racconto di Coven, l'ambientazione in Florida sembra essere incidentale. Certo, siamo lontani dalle grandi metropoli, ma non è tanto l'ambiente quanto gli eventi a definire il racconto, che si svolge in realtà nel macabro universo di un circo di fenomeni da baraccone. Il circo è di per sé un ambiente con alcuni retroscena inquietanti, che si prestano bene al racconto della serie. È un luogo di maschere e incubi, di ruoli recitati dentro e fuori dal palcoscenico (quanto era bello Carnivàle?). La serie di FX non ha mai fatto mistero delle numerose citazioni di vario tipo nel corso delle stagioni, ma stavolta il gioco è più palese e a senso unico. Il circo di Murphy è molto peculiare, ma c'entra niente con lo Strange Circus di Sion Sono: qui siamo di fronte a una variazione sul Freaks di Tod Browning.

Murphy ne recupera ambiente, storia, invenzioni visive, ma anche e soprattutto tematiche di fondo. Perché si fa presto a raccontare la storia di alcuni personaggi con delle deformità esterne che invece dentro sono molto buoni, e che contrastano con la folla di persone normali che invece sono orribili. Più difficile è invece sfuggire a queste facili categorie, raccontare il male per ciò che è, la crudeltà per ciò che è. E ci sono peccati e peccatori di ogni tipo al "Fräulein Elsa's Cabinet of Curiosities" (riferimento al film di Wiene), che in un doppio episodio sarà oggetto di una visita da parte dello spaventoso Edward Mordrake. Da quel momento, complice anche la scomparsa del personaggio di Twisty, migliore intuizione della stagione, il livello calerà abbastanza, rischiarato solo dalla performance folle e sopra le righe di Finn Wittrock.

Finale non esaltante, dove è soprattutto la passerella d'uscita della Lange che interessa a Murphy. La scrittura la omaggia di un finale onirico e totale, che deve qualcosa alla visione di Fellini (8 e mezzo, La strada): il circo come elemento fondamentale, la stessa intuizione che aveva avuto Tim Burton nel finale di Big Fish. Nel mezzo anche un clown che non è Pennywise, ma fa altrettanta impressione, uno snuff movie d'annata e un tentativo di collegamento tra le varie stagioni non esattamente riuscito.

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