Altrimenti ci arrabbiamo dimostra che i film di Bud Spencer e Terence Hill erano semplici, ma non è semplice farli

Bisogna ringraziare il remake di Altrimenti ci arrabbiamo per aver dimostrato ancora che Bud Spencer e Terence Hill sono inimitabili

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Il cinema popolare Italiano è strettamente legato alle sue modalità di fruizione. Pensando a Bud Spencer e Terence Hill, di cui Altrimenti ci arrabbiamo è uno degli esempi più amati, vengono in mente sale della comunità gremite di adolescenti. Sudore, risate, rumore in cui il film diventa solo un pretesto per stare insieme. Oppure i cinema di paese, in cui con un biglietto si può entrare quando si vuole, anche a metà, e concedersi ripetute visioni. 

Qualche anno dopo la coppia si è trasferita in televisione, spesso sfruttata come riempitivo. Qualunque fosse il palinsesto, un film di Bud Spencer e Terence Hill andava a coprire la quota nazional popolare senza scontentare nessuno. Altrimenti ci arrabbiamo è un po’ la summa di questo cinema in cui le botte sono un modo per dirimere le controversie. La malvagità è però quasi totalmente assente, se non nei cattivi cattivissimi che irritano i nostri eroi. È una filmografia interamente basata sul non avere voglia di grane e nell’aggiustarle come dei professionisti degli imprevisti. C’è tanta bonarietà in questo, una semplicità di pensiero che però ancora oggi conquista. Perché Altrimenti ci arrabbiamo è un film con l’incredibile capacità di parlare a tutti, ma proprio a tutti. Una cosa che persino la Disney se la sogna. 

Four quadrant all’Italiana. Prende cioè i quattro "quadranti" demografici di pubblico, persino quello femminile, diventando una visione di comfort. Il film digestivo che piace tanto nello stivale. Ci si può appisolare nel mentre, al risveglio la scena sarà comunque perfettamente comprensibile. 

Questo vale per l’Altrimenti ci arrabbiamo del 1974. La versione 2022 invece si illude di poter fare lo stesso, adattare alla sensibilità di oggi le vecchie situazioni - ancora amatissime - e ottenere lo stesso risultato con facilità. Ne condivide l’ingenuità, la rapidità, lo spirito giocherellone. Eppure l’operazione crolla miseramente.

Il piacere non è tale senza l’attesa delle botte

Senza fare troppa filosofia, andiamo subito al sodo: gli YouNuts! amano tantissimo il materiale di partenza. Forse anche troppo. Perché corrono spediti verso tutto quello che ci si ricorda del precedente Altrimenti ci arrabbiamo. La Dune Buggy contesa, il motivetto degli Oliver Onions, gli schiaffoni e i pugni in testa. Su questi ultimi il film cerca addirittura di fare della nostalgia sul finale. L’ultimo ceffone è inquadrato come per fare un grande omaggio sentimentale al passato.

Ci si ricorda di tutto questo, quando si pensa ai film di Bud Spencer e Terence Hill. La pellicola però si regge su altro: è la costruzione dell’attesa. Più che i cattivi che vengono messi al loro posto, si gode sapendo già cosa succederà e attendendo quindi l’intervento dei due. Marcello Fondato tratteneva il più possibile l’entrata in azione. Quando succedeva era poi esplosiva, un passaggio da 0 a 100 in 2 secondi. 

Una gag semplicissima da vedere e da capire, ma incredibilmente difficile da costruire con efficacia. 

Insostituibili Bud Spencer e Terence Hill

Edoardo Pesce (Carezza) e Alessandro Roja (Sorriso) fanno di tutto per entrare nel nuovo film. Il risultato è però quello di una prova generale, in cui i due non sono né una imitazione della coppia originale né un qualcosa di nuovo. Ne condividono il contrasto delle forme, ma non così radicalmente. Hanno lo stesso temperamento, ma con sostanziali differenze, soprattutto nell’ingenuotto Sorriso. 

Nel momento in cui Spencer e Hill funzionano meglio nell’originale, ovvero il coro dei pompieri, si capisce quanto lavoro ci sia dietro. Che intelligenza nella costruzione della tensione! All’interno di un tormentone (il motivetto ripetuto fino alla nausea), ci sono almeno tre storie: i due amici che si devono parlare, l’assassino nascosto, gli sguardi amorosi. Fa ridere a 5, 15, e 95 anni.

L’omaggio degli YouNuts! fatto nel loro Altrimenti ci arrabbiamo emoziona solo chi attendeva un momento simile. Come se bastasse ricordare un qualcosa di bello del passato per ricreare la stessa emozione. Difficile biasimare i registi: è una trappola in cui cade moltissimo cinema, anche ad altissimo budget hollywoodiano (si veda Star Wars). 

Alla fine però la gag non sta in piedi. Così la regia deve lavorare di montaggio per compensare, con didascalie, fumetti, immagini al rallentatore con il drone. Che tradimento in spirito! 

Il cinema dei piccoli mezzi è infatti anche un cinema di grandi idee. Così durante il coro dei pompieri basta un passaggio da Bo-bo-bo a La-la-la per far ridere a crepapelle. Un suono: pssst. A cui segue un verso: Blblbl (che è il Bo-bo-bo rallentato). Una faccia stranita. Un “no”. E si freme per quello che può succedere.

La regia non si vede, lascia fare ai due attori, limitando al necessario i cambi di inquadratura. Che sapienza però nell’equilibrare un momento del genere senza alcun fronzolo! 

Altrimenti ci arrabbiamo era un’impresa impossibile

Bisogna amare il cinema popolare italiano, ed è lecito anche cercare di imitarlo senza confondere però l’immediatezza con cui arrivava al pubblico con la facilità di realizzazione. Sta proprio qui la grande difficoltà di ricreare questa produzione. Erano senza pretese, con un linguaggio cinematografico molto semplice. Avrebbe potuto essere molto più elaborato, più “colto” per così dire. Ma nelle scene più riuscite di questi film c’è proprio un saggio lavoro di sottrazione. Meno artifici, meno complicazioni, basta un’inquadratura e una gag visiva. 

È difficilissimo da fare. Nell’arte pittorica per creare linee semplici e astratte bisogna conoscere comunque le regole tradizionali. Anche al cinema bisogna essere dei grandi professionisti per fare dei film che filano così lisci da far credere che tutti possano riprodurli. Grazie quindi a Altrimenti ci arrabbiamo per avere dimostrato che non è così. Non è facile essere semplici.

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