Alien: le 10 scene più terrificanti della saga

In attesa dell'arrivo in sala di Alien: Romulus abbiamo scelto le dieci scene più terrificanti del franchise di Alien! Siete d'accordo con noi?

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Con l’uscita di Alien: Romulus ormai imminente non potevamo esimerci da un bel ripasso dell’intera saga. Una quadrilogia – più spin off, più bilogia prequel – che ha scritto pagine memorabili del cinema fantahorror, imprimendosi nell’immaginario collettivo con una visione dell’orrore unica e dando origine a decine di imitatori. Ci siamo divertiti a listare quelle che secondo noi sono le dieci scene più terrificanti del franchise, sperando che Romulus possa dire la sua e magari scalzare qualcosa dalla top 10.


Alien: l'attacco del facehugger

La prossima volta che vi dicono che il jumpscare è un espediente "pigro" fategli vedere questa scena. Dimostrazione di come far sobbalzare lo spettatore possa essere un momento di grande cinema, quando non usato come scorciatoia ma come climax di una tensione costruita a regola d'arte. Nell'attimo in cui il facehugger scatta dall'uovo per aggredire Kane (John Hurt) non culmina solo una sequenza indimenticabile - quella dell'esplorazione del relitto alieno con le scenografie ispirate al Dune di Jodorowsky; a culminare è tutto il primo atto del film, metodicamente costruito per far montare una tensione palpabile senza che quasi nulla accada per 40 minuti. Finchè quell'uovo si apre..


Alien: la nascita del mostro

Negli anni è rimasta la scena più famosa del film, dell'intera saga e forse di tutto il genere fantahorror. Infinite le dietrologie, gli aneddoti, Scott non aveva avvertito gli attori, la reazione di orrore è genuina ecc. Ma non servono, la scena parla benissimo da sola: diabolicamente costruita a partire da un momento di distensione, il primo davvero rilassato e "felice" dall'inizio del film e dopo lo shock dell'attacco del facehugger. Fanno tutto gli attori (il cambio di espressione naturalissimo di John Hurt, la preoccupazione dipinta sul viso di Yaphet Kotto), gli effetti da Oscar di Carlo Rambaldi, e un montaggio perfetto delle inquadrature in cui la creatura sfonda il petto di Kane in un mare di sangue. Non importa se gli attori sapessero: il pubblico del '79 sicuramente non sapeva. Pagheremmo per essere stati al loro posto.


Alien: la morte di Brett

Citiamo a memoria dall'introduzione di un vecchio fumetto della collana Aliens: "è il mostro definitivo. Da allora non è più stato creato mostro che non ne sia in qualche modo influenzato, nell'aspetto o in come si muove". La scena della morte di Brett (Harry Dean Stanton) passerebbe alla storia anche solo per essere stata la prima a mostrare il capolavoro di H.R. Giger e Rambaldi in tutta la sua gloria di design orrorifico/concettuale. Ma grazie a Ridley Scott diventa molto di più: una discesa agli inferi degna dell'espressionismo tedesco, con un chiaroscuro soprannaturale a deformare una scenografia da fabbrica degli orrori (catene, perdite d'olio), e con i primi piani allucinati di Scott che fanno dell'ingresso in scena del mostro qualcosa di più profondo di un semplice momento splatter: qualcosa che somiglia a un'apparizione divina rovesciata.


Alien: inseguimento nei condotti

La grandezza di una sequenza sta anche in quanto può "fare scuola" venendo copiata, saccheggiata, suggerita ed evocata dal cinema successivo. È il caso della scena in cui Dallas (Tom Skerritt) cerca l'alieno nei condotti dell'aria mentre l'equipaggio superstite segue i loro movimenti su un rilevatore di posizione. Forse il primo ad appropriarsene fu proprio James Cameron in Aliens. Da allora l'hanno fatto tutti: film di fantascienza, horror, spionistici, di guerra, di sottomarini e perfino di squali (stiamo guardando te Under Paris!). Ma senza mai uguagliare la tensione dell'originale, che sfrutta al massimo il montaggio alternato e l'oscurità dell'ambientazione (appena rischiarata dal lanciafiamme di Dallas) per costringerci a cercare il mostro in ogni angolo dell'inquadratura, tormentati dal suono sempre più insistente del rilevatore. Prima di un altro grande jumpscare.


Aliens: dentro la colonia

Quando si dice che Cameron abbandona l'horror del primo capitolo in favore dell'azione si tende a dimenticare che Aliens contiene (anche) sequenze come questa. Si cita molto di più il momento successivo, quello della battaglia in cui i marines si accorgono di essere circondati dagli xenomorfi e il pubblico capisce che stavolta la minaccia verrà da ogni parte ("escono dalle fottute pareti!!"). Ma se quella scena è così potente è perchè - come per il facehugger - arriva a rilasciare la tensione costruita nei minuti precedenti. Stavolta ad avventurarsi su Lv-426 non sono civili inermi ma una squadra d'azione armata fino ai denti. Eppure temiamo per loro ad ogni passo, mentre attraversano le straordinarie scenografie stillanti secrezioni organiche in cerca di qualcuno ancora vivo.


Aliens: Ripley e Newt vs facehugger

Altro momento tesissimo di Aliens è quello in cui Ripley e Newt (Carrie Henn) la bambina colona con cui la protagonista stringe un rapporto madre-figlia, vengono rinchiuse insieme a due facehugger dal malvagio Burke (Paul Raiser) che vuole consegnare gli alieni alla Compagnia. Narratore di razza, Cameron fonde in questa scena due elementi già stabiliti nel corso della storia e li usa per elevare al massimo la tensione: la natura inarrestabile dei parassiti (che finora non hanno mancato neanche un colpo), resa ancor più spaventosa dalla scelta di un'ambientazione chiusa senza vie di fuga; e il senso di protezione che Ripley (e noi tramite lei) prova per Newt. Il tutto messo in scena col suo tipico talento per l'azione concitata e trascinante, che fa di questa scena un momento di puro thriller.


Alien3: l'autopsia di Newt

Cameron non ha mai perdonato a David Fincher di aver ucciso fuori campo due amatissimi comprimari del suo Aliens. Ma Fincher sapeva perfettamente cosa stava facendo. Alien è la storia di Ripley, e Ripley non poteva essere "semplicemente" madre come Sarah Connor. Il suo rapporto con la maternità è tormentato, segnato dalla perdita e dalla violenza. Bisogna accertarsi che il corpo di Newt non sia contaminato: Ripley pretende un'autopsia. E Fincher la riprende in modo geniale, colpendo allo stomaco (il sound design) ma senza mai cadere nel morboso. È un momento tristissimo, pieno di pietas eppure freddo e trattenuto come si addice all'ambientazione clinica. Fincher filma emozioni implose, che rimanendo dentro fanno più paura di qualsiasi mostro nascosto nel petto.


Alien3: la morte di Clemens

Qui Alien3 sembra quasi staccare una pagina da quel manuale di cinema che è Psyco, dove Hitchcock insegna che si può sovvertire le aspettative del pubblico uccidendo a tradimento un personaggio che sembrava dover arrivare vivo ai titoli di coda. La sfortuna tocca al dottor Clemens (un elegantissimo Charles Dance) che nella storia inizia un flirt con Ripley e sembra poter essere il compagno in grado di porre fine alla sua solitudine. Nel caso la morte di Hicks e Newt non avesse reso abbastanza chiaro che il film ha altri progetti, l'alieno uccide Clemens in una scena tanto brutale quanto inaspettata. Ripley è sola, e sola dovrà affrontare i suoi demoni.


Alien - la clonazione: il "Newborn"

Sono scene come questa a far capire che Jean-Pierre Jeunet era l'uomo giusto per la saga di Alien. Ripley-8 si imbatte in una creatura mostruosa nata dal suo dna clonato, che la riconosce come madre e le si avvicina affettuosamente. E lei, piangendo, la uccide. Il creature design si supera, l'approccio grottesco di Jeunet riesce in un'impresa impossibile: farci provare contemporaneamente orrore e dolcezza per un mostro che non può scegliere ciò che è, momento culmine di un film tutto incentrato sulla prigionia dei corpi e delle identità. Il "neonato" fa una paura tremenda quando divora il cervello di un istrionico Brad Dourif; ma un attimo dopo piangiamo per lui, incapace di capire perché la sua "mamma" ha deciso di fargli del male. Nel suo modo perverso, è la scena più commovente della saga. Ma anche una delle più horror. Com'è possibile? Chiedetelo a Jeunet.


Prometheus: il cesareo di Shaw

È il 2012, Ridley Scott ha 75 anni quando riprende in mano la sua creatura. Ed è bello vedere che non ha perso il suo tocco horror. Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) ha appena scoperto di essere incinta di un parassita alieno, e decide di rimuoverlo tramite una macchina operatoria automatica. Bello il tocco femminista (nella più femminista di tutte le saghe) per cui la macchina "è progettata per un paziente maschio". Bellissima la regia secca di Scott, che ci costringe a socchiudere gli occhi mentre la macchina le taglia e ricuce il ventre per estrarre il mostro. Proprio quando pensavi che questi film non avessero più niente da dire su maternità da incubo.. 

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