Alcuni pensieri, felici o meno, per i 30 anni di Hook
Hook – Capitan Uncino di Steven Spielberg compie trent’anni: festeggiamolo con questi pensieri, felici o meno che siano
Hook – Capitan Uncino è il più barocco dei film di Steven Spielberg. L’impressione di trovarsi di fronte a una gigantesca giostra di luna park non è solo legata all’azione costante e martellante che caratterizza gran parte del film, quella che si svolge sull’Isola che non c’è; è conseguenza del fatto che Hook è un film stracolmo: di dettagli, di comparse, di pezzi di set. Un’opera dove il minimalismo è bandito, persino nelle sequenze ambientate a Londra.
A proposito delle sequenze ambientate a Londra: Hook comincia dove molte altre storie finirebbero, con una scena che è il climax di un film che non esiste ma che ci sembra di aver appena finito di vedere. È un ribaltamento strutturale fortissimo, che piazza tutta la nostalgia all’inizio (un po’ come Up) e lascia poi spazio all’azione e alla riscoperta del proprio lato infantile.
Hook potrebbe anche essere il film più citazionista e autocitazionista di Spielberg da questo lato di Ready Player One. Particolarmente apprezzabile è il trailer di Jurassic Park messo in bocca a Jack in una delle prime scene (quando Robin Williams/Peter domanda “chi sente la mancanza dei T. rex?”); persino il momento della rivelazione dell’Isola che non c’è assomiglia pericolosamente all’arrivo su Isla Nublar (viceversa, ovviamente).
“L’Isola che non c’è” è una pessima traduzione. Il fatto che non ci sia la caratterizza come un luogo, o un non-luogo, comunque qualcosa di legato allo spazio; la dimensione che conta invece è il tempo, tanto è vero che in originale si chiama Never Land, la Terra del Mai. Non è questione del dove ma del quando.
Pensiero triste random: la cuccia di Nana porta la targhetta “Nana 9”, a significare che non è la Nana originale (che sarebbe vecchissima) ma la nona versione dello stesso cane, che Wendy continua a ricomprare identico nel tentativo di replicare la magia perduta di quell’inimitabile primo quadrupede.
Hook – Capitan Uncino è un film sulla famiglia tradizionale. Non a caso il cattivo è quello che non vuole crescere, dove “crescere” significa specificamente “avere figli”. E il discorso di Hook a Jack, nel quale gli spiega come mai la vita dei suoi genitori è peggiorata da quando c’è lui, finisce in bocca proprio a lui per lo stesso motivo. Il pensiero felice di Peter Pan è molto chiaro: è la gioia di essere padre che gli consente di trionfare contro il male (cioè lo scapolo senza figli).
A confermare tutto questo c’è Julia Roberts, diavolessa tentatrice che prova un ultimo disperato tentativo di riportare Peter Pan dalla sua parte e in questo modo gli permette di capire che la sua unica ragione di vita è la sua famiglia, spezzandole in questo modo il cuore.
Hook – Capitan Uncino è un film per maschi. In particolare per padri e figli, tanto è vero che lo stesso Spielberg ha spiegato come il film sia stato per lui sia un modo per parlare del suo rapporto con il padre spesso assente, sia per espiare le sue colpe di padre a sua volta troppo poco presente. Ci sono intere sequenze dedicate a spiegare tutto questo nei minimi dettagli, spostando il film ben lontano dalle paludi della metafora e direttamente nelle limpide pianure della lettera. Ci sono anche alcune femmine, che sono però più che altro dei simboli e rappresentano i vertici del sacro quadrilatero del maschio adulto: la madre, la moglie, l’amante, la figlia.
Dustin Hoffman vive in un mondo tutto suo. E va benissimo, e funziona, ma è chiaramente fuori controllo, al punto che a tratti sembra che Bob Hoskins gli faccia da balia non solo nella finzione ma anche nella realtà del set. È una delle performance più assurdamente sopra le righe dell’intera carriera di Hoffman ed è deliziosa.
Robin Williams è un attore straordinario e ci manca tantissimo. A Julia Roberts, invece, poverina, viene riservato il compito di essere carina e scosciata e di fare tante faccette: lo fa molto bene, ma non dev’essere stato particolarmente gratificante per lei.
Non ci convincerete mai che la gara di insulti tra Rufio e Peter non sia un omaggio voluto a Monkey Island, uscito l’anno prima grazie a George Lucas, amicone di Spielberg.
Pensiero triste random: Trilli esiste per individuare orfani abbandonati e, invece di segnalarli alle autorità o depositarli sui gradini di un convento come si faceva una volta, rapirli, portandoli con sé in un luogo bizzarro dove smetteranno di invecchiare (a un’età random stabilita non si sa in base a quali parametri). È possibile che dietro queste sue azioni ci sia un’agenda segreta ma abbiamo paura di scoprire di cosa possa trattarsi.
Altro pensiero triste random: il modo in cui è trattata la forma fisica di Thud Butt, e in generale il tema del peso corporeo, è molto lontano da quelli che sono gli standard odierni.
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I Ragazzi Perduti sembrano usciti da Mad Max. Petizione per uno spin-off a loro dedicato diretto da George Miller.
Hook – Capitan Uncino è pieno di volti noti, al punto che individuarli diventa un gioco divertente da fare durante la visione. I nostri preferiti sono Glenn Close pirata che finisce nella bubboliera e Gwyneth Paltrow che per qualche secondo ci regala la giovane Wendy che avevamo sempre sognato.
La scena del tentato suicidio di Hook è sorprendentemente cruda e soprattutto inaspettata, e ha con ogni probabilità provocato un’ondata di domande scomode in tutte le famiglie d’America.
Se non fosse un film del 1991 ma del 2022 parleremmo profusamente di “atmosfere potteriane”, e non solo per la presenza di Maggie Smith (ma sicuramente per la presenza di John Williams).
È un film sempre a un passo dal diventare un musical – come ha confermato lo stesso Spielberg.
Se avete figli è ancora bellissimo. Se non li avete lo è comunque, ma vi farà sentire sotto accusa per due ore e venti.