Alan Rickman: come è entrato nell'immaginario cinematografico grazie a espressioni misurate

Storia di un grande attore che sembrava nato per essere villain. La morte di Alan Rickman ci ha privato di un professionista con ancora tantissimo da dare

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Con quella faccia non ce la poteva fare a diventare un protagonista, non era il tipo di attore, non aveva il tipo di fisico, era in una parola troppo "disturbante". La sua vocazione naturale era dall’altra parte della barricata, tra gli uomini intriganti e pericolosi, bastardi e senza mezze misure: i villain. Troppo carismatico, troppo calamitante e provocatorio per essere una figura portante di un film commerciale. Alan Rickman era semplicemente troppo comunicativo e la sua carica troppo coinvolgente per poter diventare un protagonista, più facile essere quello che tutti devono odiare.

Tutto nasce con Trappola di Cristallo, quando John McTiernan lo tira fuori dai casting televisivi e dalle parti e particine in serie tv, per affidargli Hans Gruber, poco più che un villain pretestuoso per un film che aveva il compito di lanciare Bruce Willis come eroe d’azione. Di personaggi come Gruber ne abbiamo visti tantissimi negli anni, mascheroni monodimensionali e caratterizzati più che altro dalla loro provenienza geografica. Nonostante tutto Gruber non esce più dalla testa, non è come gli altri, ci sembra scritto meglio, concepito meglio e raccontato meglio, in realtà quel che accade è un’altra cosa: è Alan Rickman che entra nel mondo del cinema, con l’eleganza dei gesti, l’espressione altera, la calma e la meschinità della profondità teatrale.

Rickman era infatti il tipico attore britannico dalla formazione teatrale, ne aveva l’allenamento e le movenze, le espressioni e quel modo sempre uguale a se stesso di mettere in scena personaggi differenti. È stato uno dei più grandi caratteristi dell’era moderna, abbonato a ruoli simili tra loro e solo raramente usato in parti diametralmente opposte per spiazzare lo spettatore. Con il grandissimo Hans Gruber segna un’intera carriera e tutti lo vogliono. Solo due anni dopo gira un grande successo in Inghilterra, Il Fantasma Innamorato, storia romantica in cui interpreta un fantasma che torna per stare accanto alla moglie e continuare ad amarla. Affascinante e tranquillizzante. Ma non basta.

Quando solo un anno dopo è lo sceriffo di Nottingham in Robin Hood - Principe dei ladri, ruba la scena a Kevin Costner, contamina cattiveria e umorismo tutto il film. Si muove nel castello come fosse su un palco in cui sta recitando Shakespeare e mostra al pubblico del cinema più commerciale come funzioni la recitazione teatrale, cosa possa fare. Unendo i due estremi di paura e divertimento Alan Rickman fa solo il suo lavoro, ma lo fa meglio degli altri. In un film dall'impostazione abbastanza realista lui suona assecondando un'altra melodia, sembra uscito da un fumetto, esagera sempre eppure è sempre coerente, sopra le righe e pare aver capito più di tutti in che tipo di prodotto sta recitando. Crea di fatto un standard in materia di consapevolezza nel cinema commerciale a cui molti si dovranno adeguare.

https://www.youtube.com/watch?v=lWOfVW1ZzeA

Contrariamente ai grandi attori dei nostri decenni Rickman non ha lo stile dell’Actor’s studio, non ha il realismo e la grettezza dei De Niro o dei Newman, dei Pacino o Brando. Al contrario il suo minimalismo (si muove sempre pochissimo e muta espressione in maniera moderata, non è per i grandi gesti e se non è richiesto preferisce rimanere fermo) è paradossalmente vicino all’espressionismo teatrale, all’esagerazione. Anche per questo non poteva che essere sempre villain. Nonostante i molti ruoli che ne mostrano altre corde (Ragione e sentimento tra i molti), il cinema e il grande schermo sembrano amarlo davvero quando si mescola al fumetto per sfumare i cattivi con il suo umorismo volontario o involontario. Kevin Smith gli fa doppiare il suo Metatron di Dogma e poi interpreta un favoloso grande attore schifato dal suo lavoro in Galaxy quest (vero film in anticipo sui suoi tempi).

Poi negli anni 2000 arriverà Harry Potter, saga piena di attori di grandissimo spessore (oltre a lui Gary Oldman, Emma Thompson, Michael Gambon, Imelda Staunton…) in cui troneggia con un personaggio fondamentale grazie ad un pugno di scene. Che ci piaccia o meno è Severus Piton il ruolo per il quale sarà più ricordato, il più noto e apprezzato, ambiguo e sottile, capace in 8 film di tirare fuori tutto lo spettro delle emozioni. Umiliato, arrabbiato, severo, gentile, rancoroso, speranzoso… Fa tutto e il contrario di tutto con i medesimi panni neri e il medesimo atteggiamento da nerd incattivito dall’età, con un tocco rickmanesque.

Come i migliori caratteristi Alan Rickman aveva la capacità di spiegare al pubblico un personaggio, le sue motivazioni e il background che ne motiva le azioni con un quarto delle scene che hanno a disposizione i protagonisti. Diversamente da tanti altri era caratterizzato da un'economia di gesto e una conseguente capacità di sintesi che ha dello stupefacente. Alla fine, per sua fortuna, come tutti i caratteristi era talmente identificato con i suoi ruoli più iconici da essere universalmente amato. Attori come Alan Rickman non hanno nessuno che li odi, sono solo lodati e amati.

A 69 anni aveva ancora molto da dare e nei suoi ultimi ruoli (era stato anche un paradossale Reagan in The Butler) aveva messo a segno una fantastiche prestazioni comiche come in Gambit (comico ma cattivo, sia ben chiaro!), dimostrando continuamente di essere sempre in pista, sempre pronto, sempre il più alanrickman di tutti.

Continua a leggere su BadTaste