Adattare Roald Dahl al cinema è una sfida impegnativa per i registi, ma un grande regalo per i bambini
Si pensa che adattare Roald Dahl in un film sia semplice. Invece è una delle più grandi sfide, che spesso accettano solo i maestri del cinema
Sono artisti caratterizzati da un linguaggio trasversale, capaci di approdare in territori maturi, talvolta oscuri, ma anche di straordinarie incursioni nell’ironia e nel grottesco. Caratteristiche perfette per compiere l’impresa. Eppure spesso i film tratti da Roald Dahl sono considerati dal pubblico come opere più semplici, momenti di riposo e di divertimento in cabina di regia. Parentesi nella produzione autoriale per dei prodotti più "facili".
Non è così.
Questo speciale è realizzato in collaborazione con NOWIl GGG – Il Grande Gigante Gentile di Steven Spielberg esprime proprio questa qualità. Come Roald Dahl adattava le parole a misura della fantasia (e non solo del bambino, il quale è continuamente sfidato a stare al passo), così anche Spielberg usa le immagini per guardare il mondo con la stessa meraviglia degli occhi di un bambino. Il vento, le ombre, gli scricchiolii non sono inquadrati come semplici fenomeni naturali. Dietro ad essi c’è una ragione. Tutto è personificato, tutto ha un’anima anche quando è inanimato. E allora ogni istante può diventare una splendida avventura.
Spielberg dosa con sapienza lo stupore della meraviglia (l’incontro con il Gigante), il rischio e la paura, e l’ironia grottesca dello scrittore (l’esilarante scena dell’incontro con la Regina). Perché i mondi di Roald Dahl non sono mai solamente una cosa sola. Sono solari, ma anche spaventosi e spesso lugubri. Le Streghe ne è un esempio. Prima l’oscuro Nicolas Roeg ne ha colto l’aspetto orrorifico; poi Robert Zemeckis, nel recente film del 2020, ne ha amato i mostri, le deformità, e la paura fisica.
In un mondo che tende a tutelare i più piccoli da ciò che può turbare o, al contrario, li espone alle immagini violente spesso veicolate senza controllo in internet, le storie di Roald Dahl sono un regalo per la crescita. Perché la paura, l’ansia positiva per i protagonisti verso cui ci si identifica, e anche i brividi dietro la schiena, sono il sale della fantasia, se controllati con sapienza.
Matilda 6 mitica di Danny De Vito non cerca di divertire i bambini, ma di capirli. Il libro è stato un modo dello scrittore di processare alcuni traumi dell’infanzia, i problemi scolastici e la severa educazione. Così anche il film parla lo stesso loro linguaggio, ama quello che amano i bambini e le bambine di tutto il mondo. E cerca di tenerli incollati allo schermo come lo scrittore faceva con il libro. È consapevole che immergersi in una storia non può essere un semplice passatempo, ma un atto pedagogico.
È da queste prime visioni che si formano le passioni, la voglia di scoprire e anche di ripensare agli eventi in una chiave etica e morale. Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è un velato elogio delle virtù, dove però la meraviglia del colorato mondo non appesantisce di moralismo la fruizione. Charlie è un protagonista in cui è facile identificarsi, ma è Willy Wonka il vero trascinatore della situazione. La fabbrica di cioccolato è come un paese dei balocchi, il suo proprietario una figura ambigua, imprevedibile, ma con un piano ben preciso.
Per i bambini superare le prove non significa diventare qualcosa d’altro. Anzi, è proprio quando falliscono che vengono trasformati, spesso in qualcosa di apparentemente umile (ma, forse, in realtà nobile come i topi de Le Streghe). Roald Dahl dice nei suoi romanzi che per vincere bisogna essere se stessi, attenersi saldi ai valori positivi dati dai genitori. E, se non li hanno trasmessi spetta, al singolo riconoscerli e dedurli. La strada più semplice non è mai quella giusta, se porta alla scorrettezza. Il dialogo ha sempre la meglio sul conflitto (il sorprendente terzo atto de il GGG). La fantasia inoltre non è un perdersi, un allontanarsi da ciò che è importante (ovvero i bisogni materiali, soprattutto per i più poveri), ma è una visione speciale degli strati della realtà.
Capire queste cose, comunicarle ai bambini, significa fargli abbracciare la loro condizione dell’infanzia. Un’età meravigliosa, ma in cui le emozioni possono sovrastare. Il pericolo è quindi tanto importante quanto il divertimento, la golosità è voglia di vita, ma il contegno è anche segno di una mente acuta.
La vita personale di Roald Dahl ha disegnato i contorni dei suoi personaggi. Il tema della perdita dei genitori viene dalla scomparsa prematura e quasi sincronica della sorella e del padre. Rifugiarsi in un mondo nella propria testa era una soluzione per alleviare il dolore. In Roald & Beatrix - Un incontro magico scopriamo proprio questo: l’uomo (il bambino) dietro alla penna. Lo sviluppo di una mente creativa senza eguali, e la lucidità nel conoscere i sentimenti. Il film è la storia vera del suo incontro con la scrittrice Beatrix Potter. Un momento, vissuto durante le feste di Natale, che l’ha segnato per tutta la vita. Un’amicizia tra un lettore (il piccolo Roald) e la creatrice di Peter coniglio che sarà d’ispirazione e di conforto, ma soprattutto che porta con sé un importante messaggio: fare emozionare i bambini non è un gioco da ragazzi.
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