Adam and Eve raised Cain, il corto italiano ambientato nel cinema americano

Realizzato in tre anni, appena fuori dalla scuola di cinema, Adam and Eve raised Cain è una vera sorpresa piena di cinema e idee che sta girando i festival

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Per il momento il prodotto italiano che più ci ha sorpreso nel 2015 (assieme al film di Maccio Capatonda) è Adam and Eve raised Cain, un corto di Francesco Erba.

La storia gira intorno a malattie mentali, America di provincia, viaggi all’interno della testa e cattive famiglie con un umorismo di situazione acidissimo. Ancorato ad un ambiente che non ha nulla di reale e molto di filmico (con anche uno straordinario film nel film che il protagonista guarda in tv) Adam and Eve raised Cain non ha nulla del nostro cinema e molto del cinema americano, specialmente le idee.

Francesco Erba ci ha raccontato come il corto, di cui vi mostriamo una clip che ha assemblato lo stesso regista per noi (il prodotto completo sta operando il consueto giro dei festival internazionali per farsi notare, dunque non può essere messo online per intero), sia nato appena finita la scuola di cinema cioè, nelle parole dello stesso autore “nel momento in cui sei pieno di idee e non trovi come realizzarle”. Con la sceneggiatura già pronta, Francesco Erba ha vagabondato un po’ ma alla fine si è deciso a realizzarla in stop motion, tecnica che già conosceva.

Com’è facile immaginare non è stata una scelta che gli ha fatto risparmiare tempo. La produzione totale di Adam and Eve raised Cain è durata 3 anni (uno e mezzo di preproduzione, 14 mesi per girare in un teatro e poi la postproduzione fino a Giugno scorso) divisa tra lo stesso Francesco, che ha fatto quasi tutto, il suo esecutivo Paolo Gaudio e la Onda videoproduzioni che l’ha aiutato a mettere in moto la macchina, “ci sono stati poi molti altri contributi ma in 3 anni di lavoro giustamente sono venuti e se ne sono andati per fare altro”.

Tra le molte soluzioni stupefacenti si distingue quella di aggiungere in post produzione dei veri occhi ad ogni personaggio, occhi ripresi da veri esseri umani, espediente che Francesco Erba ha preso da Madame Tutli-Putli (corto anche nominato agli Oscar nel 2008) e che gli è servito “a creare un collegamento con lo spettatore, visto che non avevo dialoghi ad aiutarmi”.
Il corto vive di un fantastico equilibrio tra le sensazioni meno comode, l’impressione che in ogni momento possa accadere qualcosa e la speranza che non accada, eppure non rinuncia mai ad un po’ di umorismo grottesco. Riesce addirittura a permettersi espliciti viaggi dentro la materia grigia senza apparire naive.
Avercene.

Continua a leggere su BadTaste