Across the Spider-Verse vs Morbius: gli estremi dell’Universo Sony a confronto

Spider-Man: Across the Spiderverse e Morbius servono per raccontare le due strade che ha di fronte la sopravvivenza del cinecomic

Condividi

La scusa è che Spider-Man: Across the Spider-Verse è arrivato su Amazon Prime Video. Il 26 dicembre, ad accompagnare le feste, arriverà anche Morbius. Si sconsiglia la visione in coppia. A meno che non si voglia fare una traversata dantesca dall’inferno (Morbius) al paradiso (i due film animati di Spider-Man). Come purgatorio si può dare un occhio a Venom. Il primo che ancora si salva, non quel pasticcio del secondo. 

Uno dei detti più abusati è che anche un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno. Questo vale particolarmente per il progetto di gestione dell’Uomo Ragno cinematografico da parte della Sony. La vicenda dei diritti è piuttosto articolata, non stiamo a trattarla per esteso, potete leggere qui oppure qui per approfondire. Quella nata tra i Marvel Studios e Sony è una collaborazione “win win” (per lo meno nasce con questo intento) che ha permesso di inserire lo Spider-Man di Tom Holland nell’MCU. In parallelo Sony ha potuto costruire un universo in live action, fino ad ora solo vagamente condiviso, con alcuni iconici villain come protagonisti. Solo loro però: una schiera di personaggi secondari (la squadra di spider-persone che vedremo in Madame Web) o di importanti nemici (Venom, Carnage, Kraven). Gli manca l’Uomo Ragno come rivale che invece abbonda nelle versione animate addirittura con infinite variazioni. 

Sia l’MCU che la Sony se la stanno prendendo piuttosto con calma nel provare a legare i rispettivi universi. I tentativi di avvicinamento fatti fino ad ora sono piuttosto goffi. Chissà se si riuscirà a dare un senso a tutto questo prima che il pubblico si stufi. In fondo il 2023 è stato un annus horribilis per i supereroi, anche per quelli Marvel. La sensazione è che non ci sia ancora molto credito da giocarsi. 

Il punto di mettere su uno stesso ring Spider-Man: Across the Spider-Verse e Morbius non ha finalità sadiche. Serve per visualizzare le due strade che ha di fronte il genere del cinecomic supereroistico. La cosa pazzesca è che queste due anime sono in seno allo stesso studio, la Sony appunto. Una incarna la via che può ridare vita al genere, facendolo tornare sia in testa agli incassi che nell’innovazione ad alto budget. L’altro incarna tutto ciò che non funziona, un insieme di scelte sbagliate che danno ragione a chi detesta il genere. Insomma: uno permette di dare ragione a Paul Thomas Anderson, l’alto a Martin Scorsese

Across the Spider-Verse vs Morbius: la personalità

Il grande pregio di Across the Spider-Verse, ma ancora prima di Spider-Man: Un nuovo universo è di non avere paura delle fonti da cui viene: i fumetti. Anzi, abbraccia la loro estetica in pieno, trovando pero anche una chiave squisitamente cinematografica. Parte dalla carta per trovare una personalità straordinaria. Così facendo ha rinnovato l’animazione come non si riusciva a fare da anni. Trionfa grazie alla sua estetica, vive grazie ai suoi personaggi. 

A fronte di un film che pare nascere da un’idea c’è Morbius che dà l’impressione di essere tutto il contrario. Daniel Espinosa è un regista valido. Sa costruire la tensione, ha una buona gestione del cinema di genere. Qui invece è totalmente schiacciato da un film strutturato secondo una check-list di cose da fare. Trovare una star di punta: fatto (Jared Leto). Provare a creare empatia in un villain: fatto. Check anche sul terzo atto con la resa dei conti dove i poteri si scatenano, su qualche rimando ai fumetti e la promessa di qualcosa di meglio e più grande in futuro e così via. Tutto eseguito di corsa, senza un senso, senza respiro. Non arriva nulla. Il film appare concepito imitando i fattori che hanno fatto il successo di altre opere, senza sapere bene come adattare l'aspetto fumettistico.

Ne è uscito un brutto film anni ’90 in cui si corre da un momento all’altro solo perché si crede che sia la cosa che i fan si aspettano. Morbius, al contrario di Across the Spider-Verse ha la personalità equivalente di un contratto stipulato tra avvocati per realizzare il progetto di qualcuno lontano dai cineasti che ci hanno dovuto lavorare. Un film fatto perché si doveva, non perché si voleva. 

Conoscere i veri desideri del pubblico (non i meme di Morbius)

Per capire la natura del progetto Morbius bisogna vedere cosa è successo quando Sony si è accorta che il film generava un grande interesse online. Ci fu un tentativo, un po’ di tempo dopo l’uscita, di riportare in sala il film nella speranza che i meme che avevano inondato la comunità di appassionati si convertissero in biglietti staccati. I semplici numeri di engagement e le interazioni generate da un hashtag non possono essere usati per capire un film. La presa in giro è stata confusa per interesse. Si è cercato di capitalizzare il nulla.

Spider-Man: Across the Spider-Verse invece può godere di un credito tale da permettersi di interrompere il racconto a metà. Proprio sul più bello. Proprio come nei più classici dei fumetti. Tra l’altro dopo una durata insolita per un film di animazione: due ore e venti! 

Una mossa del genere funziona perché c’è dietro un progetto che chiede fiducia, non la pretende, se la guadagna sul campo. Ci si butta nell’estenuante attesa di una seconda parte (e quindi un terzo film) con la speranza che sia qualcosa di bello, molto più che con il timore che si rovini tutto, perché i numerosi dettagli, le scelte di sceneggiatura che suggeriscono sviluppi futuri, fanno credere in una storia divisa a metà per necessità narrative e non per trarre il maggior profitto. Un film che anticipa le reazioni del pubblico, non le segue.

Usare il budget per dire qualcosa di nuovo

Morbius ha cercato di essere uno dei tanti film. Spider-Man: Across the Spider-Verse ha provato a superarsi. 

Si parla molto della fatica da film di supereroi, di una crisi del genere ormai abbastanza innegabile. I due film in oggetto sono l'esempio perfetto per capire quanto non sia un valore assoluto che riguarda tutto il genere bensì un campanello di allarme per gli spettatori di fronte a una certa mentalità produttiva.

Quando nel pieno dell’epoca d’oro Kevin Feige veniva interrogato sulla questione rispondeva più o meno sempre la stessa cosa: se c'è la stanchezza saranno loro stessi a capirlo per primi perché se lo studio e gli artisti coinvolti hanno voglia di portare sul grande schermo un personaggio, lavorandoci per anni con entusiasmo, è probabile che anche il pubblico senta questa energia.

Inutile sottolineare quale dei due film Sony risponda a questa esigenza. Un problema di “necessità” e di "voglia" espressiva che oggi stanno affrontando anche gli stessi Marvel Studios con uguali risultati (si confronti Guardiani della Galassia: Volume 3 con The Marvels). 

Poi è arrivato James Gunn e ha detto che la stanchezza da supereroi non ha a che fare con loro ma “col tipo di storie che vengono raccontate e col fatto che si perde di vista il focus di quello che va fatto, ovvero l’attenzione per i personaggi”. (Leggi qui un approfondimento sul tema). Ovvero la distanza che c'è tra il progetto dello spider-verse animato e l’adattamento del vampiro vivente.

Prendersi il tempo per fare le cose bene

Oggi Bob Iger spiega la crisi Disney dando la colpa alla fretta. L’errore è stato valorizzare la quantità invece che la qualità, dice a ruota da un po' di mesi. Se così fosse il problema non sarebbe di ispirazione ma di tempo investito nel realizzarla (o nel farla venire). I produttori Lord e Miller non sono stati immuni da accuse per una produzione complicata, piena di cambiamenti e ritmi pazzeschi per gli animatori. Non sono un modello virtuoso in tal senso. 

Però furono loro, per primi, a rimandare più volte le date di uscita sia del secondo film che del terzo, per prendersi il tempo per completarlo al meglio. Usare tutti i mesi necessari a realizzare la propria idea non è garanzia di un successo. È la condizione minima però perché questo possa avvenire. È a questo che dovrebbe servire un budget alto: ad essere fedele a una visione, non a tappare i buchi.

I due opposti che non si attraggono (e speriamo che non lo facciano mai con la scusa del multiverso) sono una fotografia delle luci e delle ombre dei cinecomic oggi. Una forbice che si allarga, dove i film belli lo sono di molto, mentre gli altri tendono ad andare malamente a vuoto. Nel 2024 (ma soprattutto nel 2025) gli studi dovranno decidere se provare a tenere in vita il genere pretendendo opere come Across the Spider-Verse o accontentarsi di vivere di rendita succhiando il poco sangue che resta sul genere. Un po' come farebbe Morbius.

BadTaste è anche su TikTok, seguiteci!

Continua a leggere su BadTaste