Ace Ventura – L’acchiappanimali, Jim Carrey con il film intorno
Ace Ventura – L’acchiappanimali, più che un film, è un monologo di Jim Carrey, intorno al quale è stata attaccata con pigrizia un po’ di trama
Nel 1994 Jim Carrey uscì definitivamente dai confini dello schermo televisivo per diventare una stella del cinema; in meno di 365 giorni fu protagonista di tre film che, sommati, incassarono circa 550 milioni di dollari, una cifra che lo catapultò in cima alla lista degli attori di maggior successo dell’anno, dietro solo a Tom Hanks. Uno di questi film era Scemo e più scemo, che segnò anche il debutto alla regia di Peter Farrelly, che negli anni successivi sarebbe stato insieme al fratello uno dei massimi esponenti della comicità americana. L’altro era The Mask, una letterale celebrazione della faccia di gomma di Jim Carrey, trasformata per l’occasione in quello che la natura non era riuscita del tutto a fare (un cartone animato), nonché il debutto di un’altra futura star, Cameron Diaz. Il terzo dell’elenco, che ci ricordiamo con grande affetto per via dei suoi infiniti passaggi televisivi nel corso degli anni e per certi momenti indimenticabili tipo “ciao, sono Culo”, è anche il più debole e trascurabile, o meglio lo sarebbe se non fosse inestricabilmente legato al mito di Jim Carrey e al suo dominio del mondo nella seconda metà degli anni Novanta. Parliamo, nel caso non l’aveste capito già dal titolo, di Ace Ventura – L’acchiappanimali, il vostro film preferito tra quelli che non vedete da un po’ ma che ricordate con affetto e nostalgia.
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C’è un legame tra Ace Ventura – L’acchiappanimali e le successive scelte di carriera di Shadyac? Probabilmente no, ma il fatto che vi stiamo raccontando questo aneddoto dice molto di un film del quale è difficile parlare senza aprire una gigantesca parentesi su Jim Carrey e sulla sua peculiare forma di comicità. Ace Ventura nasce per essere, molto banalmente, un film comico di grande successo, e per il ruolo di protagonista vengono scelti, e poi scartati, una serie di nomi che vanno da Rick Moranis ad Alan Rickman fino a Whoopi Goldberg. Poi qualcuno in produzione, guardando il programma TV In Living Color, vede questo, e ha un’epifania:
Il ruolo viene offerto a Jim Carrey, una sorta di ibrido tra Jerry Lewis e Andy Kaufman con un volto che sembra di gomma e creato apposta per essere deformato all’infinito in smorfie e faccette. Oltre al ruolo, a Carrey vengono anche offerte le chiavi di casa: contribuisce a sistemare lo script, e soprattutto gli viene lasciata completa libertà di improvvisazione sul set. Si vede: metà delle scene di Ace Ventura – L’acchiappanimali durano il doppio di quanto potrebbero perché sono infarcite di assoli di scemenza (nell’accezione più nobile del termine, sia chiaro) del protagonista, che arricchisce anche gli snodi narrativi più semplici con la sua collezione di facce buffe e mosse ancora più buffe.
È quello che volevano i produttori, ma è anche in parte uno dei limiti del film: la prestazione di Carrey è estrema, per certi versi ancora più fuori controllo di quella in The Mask, e la gente che condivide il set con lui è chiaramente affascinata, divertita e un po’ anche terrorizzata dal suo delirio. Courteney Cox in particolare, che interpreta la cosa più vicina a un love interest che Ace Ventura può permettersi, è un film nel film: in teoria dovrebbe reagire con sgomento e anche rabbia a certi eccessi del protagonista, nella pratica fa una fatica del diavolo a non scoppiare a ridere ogni cinque minuti, con il risultato che più che un personaggio la sua Melissa è un satellite di Jim Carrey, che gli orbita intorno alimentata a buonumore. Non se la passa meglio il resto del cast (persino Udo Kier sembra intimidito), con l’eccezione di Sean Young, sergente di ferro della polizia che non sopporta gli eccessi di Ventura e che riesce nell’impresa di mantenere un’aria impassibile e vagamente infastidita di fronte alla scheggia impazzita che è Carrey.
Il problema grosso di Ace Ventura – L’acchiappanimali è che vive e muore con il suo protagonista e la sua marca di comicità; perché tutto quello che ci sta intorno (il rapimento del delfino Fiocco di neve alla vigilia del Superbowl, quello di Dan Marino, l’omicidio di Roger Podacter, la tragica storia sportiva di Ray Finkle) oscilla tra il banale e lo scarsamente interessante. L’idea è chiaramente quella di fare una parodia dei film di detective, e di mettere al centro non un investigatore vecchio e stanco che indossa un trench scolorito, ma una specie di pappagallo pettinato con i petardi che non viene preso sul serio da nessuno finché non dimostra di essere un detective migliore di quelli che lo fanno di professione; ma se il protagonista funziona, tutto il resto dell’edificio è dimenticabile, un po’ scemo e anche costruito male, e perde sempre più spinta con il passare dei minuti.
Per cui, ci ripetiamo, dipende tutto da come vivete Jim Carrey: Ace Ventura – L’acchiappanimali è un film prima di tutto su di lui, che contiene più primi piani della sua faccia deformata che di tutto il resto del cast messo insieme. Nel 1994 la sua comicità era spontanea, travolgente e molto acerba, con cadute di stile che al tempo erano in linea con lo zeitgeist (c’è un fortissimo sottotesto omofobico/transfobico, per nulla nascosto, che attraversa tutto il film) ma che oggi fanno solo digrignare i denti dall’imbarazzo; e Tom Shadyac costruisce ogni scena intorno a lui (ci sono forse venti inquadrature in totale nelle quali Jim Carrey è assente), e lascia a lui il compito di portarla a casa. Al tempo ci riuscì brillantemente, almeno a giudicare dagli oltre 100 milioni di dollari di incassi (a fronte di un budget di 15); oggi però, anche alla luce di quanto fatto da Jim Carrey negli anni successivi, vederlo fare faccette per un’ora e veti non basta più, e Ace Ventura – L’acchiappanimali è, della sua magica tripletta di film datati 1994, quello invecchiato peggio.