Il 70mm di The Hateful Eight spiegato fotogrammi alla mano

Le scene, i fotogrammi e l'analisi di tutte le soluzioni rese possibili dalla pellicola 70mm in The Hateful Eight

Critico e giornalista cinematografico


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Lo ha detto Quentin Tarantino per primo che la scelta del 70mm non ha solo a che vedere con il piacere di mettere in scena un film in un formato grandioso, ma gli ha consentito di muoversi meglio tra le strette pareti della baracca in cui è ambientato The Hateful Eight.
Nonostante si tratti di un formato solitamente sfruttato per i grandi spazi e le scene con molte comparse, qui la grande pellicola è usata dal regista quasi solo in uno spazio chiuso, con occasionali fughe nei grandi paesaggi che lo circondano.

Abbiamo radunato alcune delle scene che più ci hanno colpito per l’uso del formato e per come si fanno forza delle peculiarietà del 70mm.
Molto di tutto questo è godibile anche nelle proiezioni in digitale poiché è stato “catturato” dal grande obiettivo e poi riversato, anche se chiaramente nelle proiezioni su schermi grandissimi eppur nitide offerte da chi mostra il film nel formato originale (in Italia alla Cineteca di Bologna, a Cinecittà e all’Arcadia di Melzo) lo si può apprezzare ancora meglio.

Le immagini che vi mostriamo vengono da diversi punti del film, le abbiamo scelte tra le più neutre, in modo da non fare spoiler di alcun tipo, tuttavia vi avvertiamo che vedrete dei fermo immagine che non appartengono alle immagini promozionali e che non conoscete se non avete visto il film.

I grandi paesaggi

Lo abbiamo detto subito ed è ciò che si aspettano tutti. Quel poco di The Hateful Eight ambientato in esterna gode di una maestosità e un’epica che non si ritrova nella pur bellissima fotografia di Revenant, che di ambienti simili fa un uso opposto.

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Fin dall’inizio Tarantino apre con un carrello all’indietro tutto intorno ad un crocefisso innevato, un momento accompagnato dallo score di Morricone, lento ed inesorabile che sembra raccontare la forma del film. Un primo piano e un secondo piano (una diligenza che arriva in corsa), entrambi ben definiti grazie al 70mm, due livelli che dialogano tra di loro come vedremo accadere.

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Più in là però un altro momento colpisce, è la bellissima tempesta di neve che rincorre la diligenza, un gioiello di prospettiva orizzontale. La strada in diagonale percorre tutto il fotogramma da destra a sinistra mentre un puntino ben distinguibile sì muove rapido inseguito da quello che Tarantino chiama “il mostro del film” cioè la tempesta.

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Infine esistono anche dei momenti più manichei, in cui i golori sembrano pantone, tinte uniche, in cui il bianco della neve è estremo come serve alla narrazione.

Le luci che rimbalzano di Robert Richardson

Il direttore della fotografia che lavora sempre con Tarantino è famoso per l’uso che fa dei riflessi, ama illuminare le scene facendo in modo che la luce sia presente in scena. La spara contro pareti, tavoli o abiti così che si riverberi e illumini tutto di una strana patina. Questo spesso dà vita ad effetti di luminosità simili alla calza, una diffusione particolare della luce che è evidente in alcuni flashback di Kill Bill (ma gli appassionati di Richardson ricorderanno anche per quanto ne abusi in Al di là della vita).

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Durante la scena della diligenza il direttore della fotografia riesce ad andare ancora più in là del suo solito. Utilizzando la brillantezza e la capacità di catturare luce della pellicola, assieme al riverbero della neve del paesaggio esterno alla carrozza, porta una strana luminosità sulla scena con una forza che altrove avrebbe creato problemi.

I due piani

È la componente più importante dell’uso del 70mm in questo film, il fatto che in quasi tutte le inquadrature che non sono primi piani esistano due livelli narrativi. Mentre vicino alla macchina da presa alcuni personaggi parlano, altri nello sfondo guardando o agiscono, ma noi li vediamo sempre. È qualcosa di evidente fin dall’inizio.

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E poi diventa una regola nella baracca, specie quando è effettivamente necessario raccontare due cose contemporaneamente o semplicemente creare suspense.

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In certi momenti addirittura i piani differenti incrociano le luci che rimbalzano di Richardson.

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In altri invece la distanza percepita tra personaggi è molto superiore a quel che si potrebbe fare normalmente mantenendo intatto il gusto per le piccole espressioni e le minuzie. Qui sotto vedete qualcuno in primo piano dialogare con qualcun altro in secondo piano senza che il pubblico perda i dettagli espressivi degli attori più lontani.

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La dinamica

Non mettiamo immagini per non fare spoiler ma molto si lavora nel sanguinolento finale sulla dinamica dei colori, su quanto il rosso del sangue venga declinato sulle pelli e sugli oggetti.

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Di certo però si può vedere un altro esempio del range d’illuminazione della pellicola in tutti i momenti in cui la penombra della baracca è squarciata da buchi nel soffitto da cui cade la neve illuminata da un raggio di luce (impossibile perché spesso avviene di notte).

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Oppure nell’ingresso di Zoe Bell, tutto controluce.

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