5 (+1) film da vedere prima di Dogman (e no, non c'è Joker)

Ecco i nostri consigli per prepararsi alla visione di Dogman: 6 film che trattano i principali temi del nuovo film di Luc Besson

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Dogman di Luc Besson è un film pieno di suggestioni e di spunti, alcuni ricorrenti nelle opere del cineasta francese e altri che invece ne aprono nuovi orizzonti. In vista della sua uscita nelle sale italiane, prevista per il 12 ottobre, vi proponiamo 5 titoli da (ri)vedere che trattano i principali temi presenti in Dogman, più uno bonus relativo alla sua produzione. E no, non c'è Joker. Eccoli di seguito!

Leon - l'antieroe solitario, il gioco dei travestimenti

Non possiamo non partire da uno dei più noti titoli di Luc Besson: Leon, uscito nel 1994. Tanti sono i punti di contatto tra il film con Jean Reno e Dogman, a partire dal personaggio principale, un antieroe solitario. La pianta che coltiva il primo sono come i cani per Douglas, protagonista del secondo. "Loro non hanno radici, come me" una frase di Leon che andrebbe bene anche per Douglas: entrambi cercano di lasciarsi alle spalle il passato, che comprende anche una donna amata che sono stati costretti ad abbandonare. Fondamentale per entrambi i film è inoltre il contesto criminale, dominato da personaggi crudeli e sopra le righe: nel primo, è indimenticabile la performance di Gary Oldman nei panni di un corrotto e psicopatico agente della DEA.

Un altro fil rouge tra i due film è dato poi dai "travestimenti". Per Douglas esibirsi sul palcoscenico come Drag quuen diventa occasione per scoprire se stesso, per indossare una maschera che rivela il suo animo profondo. In maniera più ludica, anche i travestimenti sono una salvezza per Mathilda (Natalie Portman): poco dopo la carneficina dei suoi genitori, Leon le apre le porte della sua casa e, accogliendola, indossa un guanto a forma di maiale; emettendo dei simpatici versi, le da un po' di conforto. Successivamente, in un momento di pausa dal "lavoro", entrambi giocheranno a impersonare diverse celebrità, chiedendo all'altro di capire di chi di volta in volta stanno vestendo i panni.

Romeo + Giulietta - Shakespeare Drag

Mentre si trova in istituto per minori, Douglas scopre la sua vocazione artistica grazie a una giovane attrice che gli fa conoscere le opere di William Shakespeare. Successivamente, inizia a esibirsi come Drag queen, ottenendo grande successo. Ad unire questi due elementi troviamo Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann, in cui la riscrittura contemporanea del regista australiano passa anche un Mercuzio (Harold Perrineau) che si veste e balla con un abito luccicante e una parrucca cotonata, dando grande spettacolo tra le sfavillante coreografie. Un'operazione tutt'altro che mero kitsch: secondo alcuni infatti il termine "Drag" (Dressed Resembling A Girl) nasce proprio ai tempi di Shakespeare, quando a teatro attori uomini interpretavano le parti femminili.

Roubaix, una luce nell'ombra - un "interrogatorio" umano

La cornice narrativa di DogMan è il racconto della propria vita che il protagonista, dopo essere stato arrestato nella prima scena, fa alla psichiatra interpretata da Jojo T. Gibbs. Le modalità di conversazione tra i due personaggi, chiusi da soli in una stanza, appaiono molto simili a quelle di un interrogatorio di polizia in cui si cerca di estrapolare una confessione a partire dalla ricostruzione dell'accaduto. In DogMan, però, a mano a mano si crea empatia tra i due personaggi, con la dottoressa che cerca di capire le ragioni del ragazzo e si scoprirà più vicina a lui di quanto potesse inizialmente immaginare.

Un ottimo film recente che riflette su questo discorso è Roubaix, una luce nell'ombra di Arnaud Desplechin. La storia di questo anomalo polar si svolge per lunga parte in un commissariato di polizia, dove due agenti interrogano per lungo tempo due giovani donne accusate di incendio doloso. Messe sotto torchio, queste rivelano il proprio vissuto e la propria attuale condizione, in un contesto di povertà e di disagio. Così, mentre i loro colleghi propongono un approccio insistente e duro, i due poliziotti protagonisti cominciano a essere più comprensivi e a entrare in sintonia con le donne. In questo quadro, Desplechin fa poi un passaggio ulteriore, trasponendo il discorso su un piano metacinematografico: proponendo frequenti primi piani delle due attrici (Léa Seydoux e Sara Forestier), evidenzia la presenza della macchina da presa, chiedendosi fin dove si possa spingere nel ritrarre i personaggi, esponendo il rischio di "assalirli" ma rivelando allo stesso tempo il suo sguardo sempre "umano" nei loro confronti.

Non aprite quella porta - una famiglia white trash che crea il "mostro"

Nei flashback di Dogman, scopriamo l'infanzia del protagonista, vittima di un padre e un fratello emblemi del white trash, che lo rinchiudono in una gabbia insieme ai suoi amati cani. Sono loro a creare il "Dogman" che emergerà poco dopo e, in questo senso, il film di Besson sembra quasi raccontare una versione "positiva" di un classico dell'horror: Non aprite quella porta di Tobe Hooper.

Villain della storia è l'iconico Leatherface, un uomo con problemi mentali che vive in una famiglia del Profondo Sud degli Stati Uniti d'America, ed è nato da una relazione incestuosa tra il fratello maggiore Drayton Sawyer e la madre Velma, la quale è molto possessiva nei suoi confronti. Totalmente sotto il controllo dei parenti, inizia a uccidere perché si sente minacciato, spaventato da tutti quelli che entrano in casa. Così, se qui il contesto porta alla nascita di un mostro, in Dogman crea una sorta di supereroe.

Unbreakable - un'origin story tra realismo e spiritualità

Ormai cresciuto, ritroviamo infatti Douglas che vive in un capannone simile alla caverna di Batman, progettando le sue "missioni" potendo contare sui suoi fidati cani, di fatto il suo "superpotere". Ma più che a uno dei tanti film sul crociato di Gotham, il contesto si avvicina ai lavori di M. Night Shyamalan e in particolare ad Unbreakable. Come analizzava Gabriele Lingiardi in uno speciale su queste pagine, quest'ultimo è un thriller psicologico che poi solo alla fine si capisce appartenere al genere dei supereroi, in quanto dilata in un film intero quello che solitamente è solo una premessa (l'origin story). Shyamalan, inoltre, come Besson, adotta un marcato realismo e concretezza nella messa in scena, che passa anche tramite una rottura della rigida divisione buono/cattivo. Approccio a cui si unisce una netta dimensione spirituale: la pulsione della ricerca in un altrove di una risposta ai propri quesiti esistenziali, che in Unbreakable pervade dal primo minuto l'atmosfera, in Dogman prende il sopravvento nel finale.

Effetto Notte - gestire gli animali sul set

L'ultimo consiglio è legato infine a un aspetto delle riprese di Dogman: immaginate quanto sia stato difficile gestire tutti quei cani sul set e, se volete averne un'idea, prendente come modello un celebre passaggio di Effetto Notte, un classico della categoria "film sui film". La pellicola di François Truffaut racconta le travagliate riprese di una pellicola fittizia a Nizza, tra difficoltà finanziarie, questioni tecniche e problemi relazionali. A un certo punto, vediamo la troupe alle prese con una scena che prevede l'avvicinarsi di un gatto ad un vassoio lasciato per terra... nulla di complicato, apparentemente, peccato che il felino scelto per apparire sul grande schermo proprio non voglia compiere questo piccolo gesto, fuggendo via ogni volta che la camera lo riprende. "La prossima volta scegliamo un gatto che sappia recitare", chiosa ironicamente uno dei presenti.

Cosa ne pensate? Quanto attendete Dogman di Luc Besson? Ditecelo nei commenti!

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Articolo in collaborazione con Lucky Red

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