Il 2016 dei cinefumetti tra libertà, sicurezza e giustizia

Come libertà, sicurezza e giustizia sono al centro delle tematiche care ai cinefumetti di punta di quest'anno

Redattore su BadTaste.it e BadTv.it.


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Il 2016 è un anno particolare per i cinefumetti: le vicende dei tre franchise di punta del momento sembrano portare avanti tre direttrici fondamentali del nostro vivere comune: libertà, sicurezza e giustizia. La saga di X-Men, l’Universo Cinematografico Marvel e l’Universo Cinematografico DC stanno prendendo tre direzioni volte sia a differenziarsi l’una dall’altra che a essere sempre più interdipendenti, a ulteriore dimostrazione che oltre alla rivalità commerciale esiste anche un mutuo interesse al successo dei marchi concorrenti come spinta propulsiva al proprio. Gli economisti chiamano “esternalità” quelle attività orientate al profitto che finiscono con l’influire, positivamente o negativamente, anche sul benessere di altri. E per gli studios, capire le possibili esternalità da cavalcare è fondamentale per comprendere il proprio mercato di riferimento. Per quanto paradossale possa sembrare, quando un film della concorrenza va male sono spesso anche i competitor a preoccuparsi delle ricadute che il flop potrà avere sull’appeal dei supereroi. Non dobbiamo mai dimenticare che, a livello globale, esiste un'importante fetta di pubblico che è del tutto indifferente all’appartenenza di un supereroe a questa o a quell’altra casa o casacca.A livello globale, esiste un'importante fetta di pubblico che è del tutto indifferente all’appartenenza di un supereroe a questa o a quell’altra casa o casacca

Liberi da sovrastrutture, gli spettatori meno preparati e meno informati sulla grande macchina produttivo-distributiva dei franchise sono spesso più sereni nell’esprimere un punto di vista diretto sul valore creativo di questi prodotti. I produttori lo sanno fin troppo bene e stanno cercando un punto di incontro tra spazi creativi e di mercato. Uno dei risultati è che i franchise, per assumere un'identità ben riconoscibile a un pubblico sempre più vasto, si plasmano su idee di fondo ben definite. La saga di X-Men continua a premere sulla libertà degli individui fuori dal comune di rivendicare un posto nel mondo; l’Universo Cinematografico Marvel, per rinnovarsi e non diventare autoreferenziale, si sta ponendo il problema di come conciliare potere e poteri in termini di sicurezza globale; il nascente Universo Cinematografico DC sembra invece molto sbilanciato sul concetto di giustizia come problematica collettiva (da Dawn of Justice a Justice League passando per Suicide Squad, il cui team di criminali è figlio proprio delle storture di un sistema giudiziario che risponde alle storture di un sistema sociale malato). Proviamo a vedere insieme come i tre franchise si sono ritagliati o stanno cercando di ritagliarsi un'identità tematica forte, ognuno facendo perno su un'idea diversa e ben delineata.

I mutanti tra integrazione problematica e conflitto endemico

X-Men team

X-Men è sicuramente il più anarchico e schizofrenico dei tre franchise: una caratteristica che negli anni è stata anche un punto di forza, che ha permesso alla serie di percorrere alti e bassi, oltre che prequel e spin-off, senza mettere la parola fine alla propria spinta propulsiva. Nel lontano 2000, Bryan Singer non ha temuto di scomodare annose questioni politiche che hanno a che fare con la convivenza civile tra individui differenti. “Io credo che il popolo americano abbia il diritto di decidere se lasciare che i propri figli vadano a scuola con dei mutanti, e che abbiano dei mutanti come maestri!” esclamava al Congresso il senatore Kelly nel primo capitolo. Da allora, la saga ha alternativamente allargato e ristretto il campo d'azione delle proprie vicende, raccontando sia storie corali di ampio respiro che specifiche battaglie personali di singoli eroi. Nel corso di quindici anni il franchise ha viaggiato nel tempo e ha mostrato i percorsi di scoperta, accettazione e crescita dei propri eroi sullo sfondo di continue minacce rivolte a un'umanità molto più ampia della semplice cerchia dei mutanti. I protagonisti, soprattutto dal rilancio della saga con Giorni di un Futuro Passato, hanno intrapreso un viaggio alla (ri)scoperta di se stessi lastricato di minacce incombenti alle quali far fronte, spesso per la prima volta, sperimentando le proprie capacità. Emarginati e celebrati, amati e temuti, demonizzati o divinizzati, i mutanti si sono prestati a varie allegorie accomunate dal concetto di minoranza: come, se e quando uscire allo scoperto; che genere di convivenza instaurare con gli altri; che genere di politica portare avanti come gruppo organizzato; come risolvere l'inevitabile conflitto endemico capace di metterli gli uni contro gli altri. In misura minore, la HBO con True Blood ha sperimentato un meccanismo analogo in termini di serialità televisiva. Come i mutanti, anche i vampiri sono immersi nel gioco delle emozioni umane di un mondo che può essere più o meno inclusivo in base alla percezione che gli altri hanno di un gruppo di individui di cui sanno poco. E nel franchise lanciato da Bryan Singer, quest'idea si è dovuta rinnovare per non ripetersi in maniera ridondante, adottando lo stratagemma delle epoche storiche come occasione per il pubblico di viaggiare per società in divenire, verso un inevitabile e futuro approdo della saga ai giorni nostri. X-Men: Apocalisse è giunto agli Anni '80, in pieno reaganismo e scontro bipolare. Starà all'abilità di Singer traghettare i mutanti verso una contemporaneità caotica fatta di nuove psicosi collettive, nelle quali l'eccezionalità del mutante lascia sempre più il posto all'imprevedibilità di chi è apparentemente ordinario.

Gli Avengers tra Global Governance e Responsibility to Protect

Avengers fight

Che genere di sfide si porrebbero le Nazioni e gli organismi sovranazionali in un mondo scosso dalla presenza di supereroi? Come creare un sistema di Global Governance compatibile con la presenza di chi, di fatto, può operare al di fuori del diritto internazionale? La nuova fase dell'Universo Cinematografico Marvel si sta ritagliando un spazio di indagine sul delicato rapporto tra potere e poteri. Lo scontro di Captain America: Civil War è l'ulteriore dimostrazione della difficoltà di trovare un equilibrio tra sicurezza e garanzie, che storicamente è l'inghippo che ha impedito all'umanità di eliminare le proprie diseguaglianze. Dopo i disastrosi fatti di New York e Sokovia, non solo il team dei Vendicatori ma anche il delicato sistema di rapporti internazionali cerca di trovare un nuovo assetto che sembra quasi orientato alla disciplina della Responsibility To Protect, lanciata dalle Nazioni Unite nel 2005 per la prevenzione di guerre, genocidi e crimini contro l'umanità. E' chiaro che regolamentare una squadra di individui straordinari e incredibilmente diversi tra loro è difficile tanto quanto il percorso che i Paesi europei, nelle loro diversità culturali, hanno dovuto affrontare come prove tecniche di convivenza. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il progetto di un’integrazione europea si è sviluppato innanzitutto con la volontà di mettere sotto un’autorità collegiale il carbone e l’acciaio di Francia e Germania, proprio per impedire che le due maggiori nazioni rivali del continente li usassero per tornare in guerra. L’idea di costruire “per obiettivi materiali” una pace comune è sembrata un’idea più realistica che convincere diverse Nazioni a cedere la loro sovranità in nome di un progetto visionario di pace. Avendo riconvertito le proprie industrie, Tony Stark si è accorto in tempi non sospetti dei rischi della produzione di armi, ma non si è certo messo a capo di un movimento per la costruzione di un futuro di pace né tantomeno si è sognato di mettere la propria tecnologia a disposizione di comitati intergovernativi. Eppure, sembrano lontanissimi i tempi in cui Stark si prendeva gioco di tutto e tutti anche davanti a una Commissione, pronta a interrogarlo sui possibili effetti collaterali dell’Iron Man come arma non regolamentata. Se oggi al posto del carbone e dell’acciaio franco-tedesco avessimo un team di supereroi potenzialmente onnipotente, quale genere di obiettivi si porrebbe la comunità internazionale? Stark non ha una grossa fiducia nelle strutture politiche di controllo, ma comprende la necessità di sottostare a un sistema di responsabilità collegiale e condivisa. La domanda, di fatto ancora aperta nell'attesa di Avengers: Infinity War, è se l'idea di regolamentare gli Avengers significhi cedere al continuo compromesso delle diplomazie e del soft power a scapito di un interventismo talvolta più efficace ma potenzialmente più rischioso.

Leghe di giustizieri o squadre di reietti?  

Superman Suicide Squad

Nel 2004, in Kill Bill: Volume II, David Carradine regala al pubblico il suo celebre monologo sulla filosofia dei supereroi e sul perché viva nel culto di Kal-El: “Superman non diventa Superman, Superman è nato Superman. Quando Superman si sveglia al mattino è Superman, il suo alter-ego è Clark Kent” spiega a una paralizzata Beatrix, “Quello che indossa come Kent, gli occhiali, l'abito da lavoro, quello è il suo costume, è il costume che Superman indossa per mimetizzarsi tra noi. Clark Kent è il modo in cui Superman ci vede. E quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana”. Poco più di due lustri più tardi, l'umanità dell'Universo Cinematografico DC sta invece rappresentando la propria critica a Superman preoccupandosi proprio delle sue possibilità soprannaturali. Se Clark Kent è davvero il modo in cui Superman ci vede, non è altrettanto scontato quale sia il mondo con cui l'umanità debba vedere l'uomo d'acciaio. Il mondo portato sul grande schermo dalla Warner e dalla DC mette in scena un'opinione pubblica profondamente spaccata su come considerare il kryptoniano. Ribadendo la presenza della giustizia come pietra angolare del vivere civile, l'autorità arriva direttamente a mettere Superman sotto processo. L'alieno deve presentarsi al Congresso per essere sottoposto a un'inchiesta che ne possa appurare eventuali responsabilità, anche penali. E' passato molto tempo da quando Sam Raimi ha inaugurato il mantra “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, e la prospettiva causa-conseguenza-responsabilità dell’agire di chi ha un superpotere ha assunto una dimensione politicamente più ampia che coinvolge, in primo luogo, il fiume di persone invisibili che rimane vittima degli scontri. Le vite spezzate di chi soccombe durante le risse tra gladiatori intergalattici divengono, da semplice rumore di fondo, il centro delle responsabilità di chi, pur al di sopra delle leggi della fisica, non può oltrepassare quelle dello Stato. E nell'ambito dei franchise sopraccitati, è la prospettiva più invasiva: non si tratta di integrare chi è minoritario o di regolamentare chi è fuori dall'ordinario, ma di processare chi è al di fuori del diritto come limite al potere. La sfida, opportunamente provocatoria, sarà quella di indagare se una società può permettersi di preservare lo stato di diritto affidandosi a chi ne è al di fuori (Justice League) o servendosi di chi ne ha avuto disprezzo (Suicide Squad). Ipotesi che, talvolta, sembrano pericolosamente attuali.

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