15 anni dopo Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re, di Peter Jackson
Celebriamo a 15 anni dalla sua uscita in Usa e Uk il terzo atto della Trilogia dell'Anello che portò Peter Jackson al trionfo assoluto. Nel Natale 2003 veniva distribuito negli USA Il Ritorno Del Re
Terzo Atto
La strada oramai era in discesa per tutti. Noi e loro. Parliamo del dicembre 2003. Loro avevano girato La Compagnia Dell'Anello, Le Due Torri e Il Ritorno Del Re back-to-back (all'epoca era un'espressione idiomatica quasi esoterica) per cui Peter Jackson & Co. non avevano potuto vivere quei 18 mesi complessivi di riprese (primo blocco 11 ottobre 1999 - 22 dicembre 2000; riprese aggiuntive dal 2001 fino al 2004) della Trilogia rinfrancandosi del successo come, ad esempio, George Lucas & Co. ai tempi di Guerre Stellari (1977), L'Impero Colpisce Ancora (1980) e Il Ritorno Dello Jedi (1983). In poche parole: quando giravano non sapevano quello che avrebbero ottenuto dopo, eccezion fatta per tutte quelle riprese effettuate dopo l'accoglienza trionfale dei fan, le nomination Oscar e il box office post-dicembre 2001 dopo che il primo atto La Compagnia Dell'Anello aveva rotto il ghiaccio e non solo quello. Nel caso de Il Ritorno Del Re, la cui post-produzione era iniziata nel novembre del 2002, ci aspettavamo un finale col botto.
Prima
La Compagnia Dell'Anello era piaciuto a tutti. Azzardato? No. A noi (tolkieniani jacksoniani) e a loro (normali). C'erano tante buffe razze che si univano, un Anello da distruggere, l'inusuale promozione ad eroe di un esserino alto un metro (hobbit) che non sapeva combattere e prima di quell'incarico pensava solo a mangiare, ballare e sballarsi con l'erba pipa (che praticamente è come la marijuana; lo scrive proprio Tolkien e nessuno ha mai capito perché il morigerato Prof ebbe quel momento Lebowski). Poi c'era un viaggio tutti insieme (il mago, un elfo, due guerrieri, un nano, quattro hobbit), senza dimenticare una bella love story contrastata da razza e politica (il numenoreano Aragorn e l'elfo Arwen). Il gruppo compatto sarebbe arrivato in delle miniere piene di mostri dove si sarebbe svolto un combattimento straziante tra il mago organizzatore del viaggio umile e dimesso (assai diverso da quel suo maestro borioso con cui ebbe uno scontro perché l'altro non voleva distruggere l'Anello) e una creatura gigantesca dall'esito forse tragico (caddero entrambi nelle profondità abissali delle miniere di Moria). Dopo sarebbe arrivata la morte di uno dei due guerrieri (quello più smargiasso diventato amabile, però, a un passo dal decesso) e la divisione sul campo del gruppo. Con Le Due Torri avremmo perso alcuni, non tutti, di loro. Oggi è possibile fare questo parallelismo con Animali Fantastici e il primo accessibile film con Newt Scamander anche per noi (che in questo caso siamo i "loro" de Il Signore Degli Anelli) rispetto al complicatuccio secondo atto I Crimini Di Grindelwald. Le Due Torri era darker? Meglio digitare... harder. In primis: separazioni uguale distrazioni da trama principale. Gandalf andava da una parte. Legolas, Gimli e Aragorn da un'altra. Frodo, Sam e Gollum da un'altra ancora. Merry e Pipino finivano addirittura in una foresta dove gli alberi parlavano. Loro, giustamente, si trovarono persi senza la semplicità de La Compagnia Dell'Anello. Ne Le Due Torri c'erano intrighi di corte, forse tradimenti sentimentali (Aragorn, lontano da Arwen, adocchiava Éowyn), storie di famiglie in crisi con fratelli minori in ruoli maggiori (l'ingresso di Faramir, giustamente, fece venir loro il mal di testa), una battaglia che sembrava persa anche se avevi vinto (Fosso di Helm) e quella creatura devastata dall'Anello come un tossicodipendente di Trainspotting per cui provavi pietà anche se eri d'accordo con Sam che la voleva fare fuori ogni due secondi (e poi ti sentivi in colpa per questo). Arrivammo a Il Ritorno Del Re che non erano calati gli incassi (926 milioni worldwide Le Due Torri rispetto a 871 de La Compagnia Dell'Anello) soprattutto perché eravamo aumentati noi (tolkieniani inizialmente scettici si erano ricreduti) e si erano creati dei nuovi cultori della materia (ebbene sì: c'è gente che ha scoperto Tolkien grazie a Jackson) nonostante avessimo perso alcuni di loro sulle mura insanguinate del Fosso di Helm. Mancava il gran finale.
Finali
Meglio usare il plurale. Come sostiene giustamente Roger Ebert la cosa più bella de Il Ritorno Del Re è che puoi adorarlo anche se non hai visto i primi due capitoli. È vero. Si apre e si chiude con gli umili, quelli che nella mitologia di solito portano da bere ai protagonisti o cantano sullo sfondo. Sono tutti e tre hobbit i signori che aprono (Sméagol + Déagol) e chiudono (Sam) il terzo atto. Hobbit: quella razza che più di elfi, istari (maghi), nani e numenoreani ha avuto un ruolo chiave nella Guerra dell'Anello visto che Bilbo lo rubò a Gollum (ex hobbit di nome Sméagol), Frodo lo prese in consegna da un riluttante Bilbo (la droga stava cominciando a fare effetto) e quel tossico all'ultimo stadio di Gollum lo riprese da Frodo, brevemente, prima di precipitare dentro la lava di Monte Fato. Ha proprio ragione Ebert. Il Ritorno Del Re lo capisci perché sostanzialmente ha solo due fronti d'azione:
Fuori da Mordor ma non troppo dove i rimasti de La Compagnia Dei Nove preparano diversivi per permettere a Frodo e Sam di penetrare verso Monte Fato
Dentro Mordor dove i due hobbit + Gollum colpiscono al cuore Sauron dove lui non se l'aspetta proprio come fece Luke nell'epilogo di Guerre Stellari (1977).
C'è magnifica azione (Legolas e anche Sam danno prova di grandi doti marziali), fenomenologia della leadership (Aragorn, l'autocritico per eccellenza, ritrova definitivamente fiducia in sé stesso come capo solo dopo aver liberato dalla maledizione spettri di soldati morti), coppie di amici (Legolas & Gimli, Frodo & Sam) e addii che lasciano senza fiato ma con tante lacrime (guardate la reazione di Sam quando si accorge che anche Frodo andrà via con Gandalf ai Rifugi Oscuri). Grandi eroi statuari in armatura si inchinano davanti ai soliti hobbit alti un metro, con la pancetta e i piedoni (difficile non immaginarli oggi come extracomunitari provenienti dal Sud America o America Centrale). La linea tolkieniana di tutto Il Signore Degli Anelli viene confermata: non sono né orgoglio né cultura né ars pugnandi le doti necessarie per l'atto eroico per eccellenza ne La Terra Di Mezzo ma umiltà, altruismo e pietas. Troppi finali? Suvvia, sono direttamente proporzionali a tutto ciò che abbiamo visto in precedenza e servono a gustarsi appieno la fine di una storia epica lunghissima se ce ne è una.
Conclusioni
Primo fantasy nella Storia Del Cinema a vincere Miglior Film agli Oscar. All'epoca superò negli incassi i 1000 milioni di dollari worldwide diventando il secondo film più redditizio di sempre dopo Titanic (1997) di James Cameron. 11 Oscar vinti su 11 nomination ("It's a clean sweep!" annuncia Steven Spielberg poco prima di consegnare Miglior Film a Jackson & Co.) ma soprattutto lo sdoganamento artistico ed economico di un genere un tempo considerato più dannato dei guerrieri del Sentiero Dei Morti. Tutti sanno che non esisterebbero le sette, e prossimamente otto, stagioni di Trono Di Spade se non fosse stato per la Trilogia di Tolkien portata sullo schermo da Jackson dopo che né John Boorman né Stanley Kubrick (lo volevano i Beatles come shooter della loro versione parodica giustamente avversata da Tolkien) ci erano riusciti prima.
Il Ritorno Del Re fu la degna chiusura di un lungo viaggio iniziato quasi dieci anni prima in cui gli effetti speciali di tradizione prostetica e miniaturistica (in poche parole: materici) si erano incontrati e mescolati con i prodigi della computer animation sempre più sofisticata dopo gli exploit di Jurassic Park.
Il titolo si riferiva alla fine dei tempi bui per Aragorn, tornato Re.
L'ultima inquadratura, però, faceva vedere il ritorno a casa del vero sovrano: un giardiniere di nome Sam Gamgee.