Speciale - WWDC 2012 - Alta Risoluzione

Condividi

La prima WWDC senza Steve Jobs vede il grande ritorno di Apple al suo core business...

Oggi i fan Apple di vecchia data, molto probabilmente, avranno sul volto un sorriso a metà fra il trasognato e il libidinoso. Alla WWDC 2012, infatti, Tim Cook e i suoi collaborati, anziché andare incontro ai desideri delle schiere di appassionati dell’ultima ora hanno preferito tenere da parte - ancora almeno per qualche mese - l’iPhone 5 e la favoleggiata iTV. I massimi dirigenti di Cupertino apparsi poche ore fa sul palco del Moscone Center, per la prima volta senza Steve Jobs, hanno voluto dare un segnale chiaro di ritorno alle origini, di riscoperta di quello che, solo fino a qualche anno fa, era il core business principale dell’azienda della mela: i computer.

  Dopo due anni dedicati quasi solo alle novità in campo mobile, infatti, Apple ha riscoperto i Mac e l’ha fatto nel miglior modo possibile. I nuovi portatili, infatti, oltre a integrare, come abbondantemente rumoreggiato, un display retina da 2880x1800 pixel (giusto per capirsi, la risoluzione fullHD è 1920x1080), sono più sottili, dotati di un processore migliore e, decisamente più performanti. Continua, inoltre, l’integrazione di Mac OS e iOS, tuttavia, rispetto alle dimostrazioni precedenti, sembra che gli ingegneri di Cupertino abbiano deciso di abbandonare la via dura e pura secondo cui avrebbe dovuto essere il sistema desktop a convergere verso quello mobile; iCloud rimane il centro del nuovo ecosistema immaginato da Apple, tuttavia, finalmente, con Mountain Lion da una parte e iOS 6 dall’altra, finalmente si riescono a intravedere delle applicazioni dei sistemi cloud che vadano oltre al mero storage di dati. L’idea accarezzata dai successori di Jobs, infatti, è decisamente più ambiziosa e punta a creare, anche online, quell’esperienza d’uso “protetta”, e per certi versi limitata, che Apple immagina come ideale per i suoi prodotti. Twitter e Facebook sono integrati nel sistema, così il nuovo software di gestione delle mappe (ora del tutto scoleggato da GoogleMaps), così Siri - ora disponibile anche in altre lingue - e così l’intero sistema AppStore/iTunes. L’atto classico del navigare in rete inteso come esplorazione libera delle pagine web viene ignorato quanto non palesemente sconsigliato, l’utente ideale di Apple esplora il mare magnum di internet sempre dietro la barriera protettiva delle App, lasciando che Cupertino si occupi di sicurezza e gestione dei contenuti. Così come la triade MacBook, iPad e iPhone rappresenta un sistema circolare, che basta a se stesso e non necessita di periferiche, allo stesso modo Apple vorrebbe che internet diventasse una sorta di enorme parco giochi, vasto, certo, ma diviso in tante piccole zone chiuse e protette.La visione di Cupertino, in questo senso, sembra essere molto più di lungo periodo rispetto a quella propugnata da altri giganti del web come, per esempio, Facebook. Non a caso, a fronte del disastroso andamento azionario dell’azienda di Menlo Park, il valore di Apple, al contrario, continua a salire, segno che - nonostante la perdita del visionario fondatore - i padroni della mela sanno benissimo quello che vogliono e dove stanno andando a parare. Non a caso il vero scontro che oggi scuote la Silicon Valley non coinvolge Zuckerberg, ma si gioca tutto lungo quel tratto della Route 101 che da Cupertino porta a Mountain View. Apple e Google, dopo aver condiviso un pezzo di strada, infatti, ormai si stanno definendo come le due grandi nemiche di questa terza fase della rivoluzione informatica. Quando Jobs venne a mancare una delle previsioni fatte fra gli altri da Walter Isacsoon fu la quasi certa risoluzione “in maniera pacifica” del contenzioso aperto fra Apple e i due fondatori di Google riguardo l’uso di alcuni brevetti presenti sia in Android che in iOS. Jobs in questo scontro vedeva - in parte a ragione - l’ennesimo tentativo di scippo ai danni di Apple da parte di un’azienda più furba. D’altronde, la lezione di Microsoft ha bruciato nel cuore di Steve per decenni.Tim Cook, in maniera sorprendente, anziché usare le sue doti diplomatiche, ha deciso di proseguire nella “faida” con Google, prima lanciandosi in alcune dichiarazioni abbastanza polemiche nei confronti di Android, poi rimuovendo, in maniera scientifica tutti i vari servizi offerti dalla grande G dai dispositivi Apple. La scomparsa di Google Maps è solo l’ultimo tassello di una battaglia che - ormai - va avanti da oltre cinque anni e, almeno a breve, non sembra destinata ad avere un vincitore. Come trent’anni fa, Apple contrappone alla libertà assoluta - e a volte di difficile comprensione - un mondo costruito su misura, dove ogni cosa è al suo posto ma non può essere spostata, semplice, ma per certi versi limitativo. A Cupertino, però, dai tempi dello scontro con Bill Gates, hanno imparato una cosa: il business è una maratona, non i 100 metri piani. Vince chi ha più fiato, non chi corre di più.E al momento pare che sia Apple ad avere i polmoni più solidi.
Continua a leggere su BadTaste