Sense8: il metronomo dell'anima e le mille influenze sulla serie dei Wachowski
Film, anime, serie tv e romanzi: ad un mese dalla notizia del rinnovo di Sense8, analizziamo alcune delle possibili ispirazioni della serie
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Perché si può trovare nel bene in ogni cosa e l'ispirazione può provenire dalle fonti più inaspettate. Lo sanno bene i due registi di Matrix che, nel 1999, prendevano a piene mani dalle arti marziali, dal cinema d'azione, da quel capolavoro d'animazione che era Ghost in the Shell e creavano un cult istantaneo. È fortissima la sperimentazione, è fortissima l'idea di una conoscenza – e coscienza – trasversale, che abbatte i confini e i mezzi espressivi, che non chiude tutto in blocchi cinematografici, televisivi o letterari che siano, ma che imbastisce un discorso più ampio, appoggiandosi alla forza ora di questo ora di quello. È una visione che diventa forma e contenuto del racconto anche in Sense8, che di ispirazioni anche pesanti alle spalle se ne porta parecchie.
La seconda è un romanzo. Stephen King lo chiama Ka-tet, i Wachowski e Straczynksi lo chiamano cluster, ma più o meno sono concetti simili. L'idea che, come i vettori trasparenti che uscivano dalle persone in Donnie Darko anticipandone i passi, esiste una forza – ricorrente ed equilibrata – che guida gli individui verso la realizzazione del loro destino. I membri del Ka-tet della saga della Torre Nera, come gli otto partecipanti al cluster 8/8, sono legati in modo indissolubile e sovrannaturale verso il loro obiettivo finale. Quale sia al momento non è dato saperlo, ma sarà un piacere scoprirlo, e nel farlo godere di quegli stessi mezzi narrativi, come il possesso della mente e del corpo di un'altra persona in cui trasferire le proprie abilità, che facevano capolino nella storia di Roland.
La quarta è una serie tv. Non è solo il coinvolgimento di Straczynski ad avvicinarci all'idea di aver visto una storia di origini che ancora aspetta di sbocciare del tutto. C'è qualcosa nella forma del racconto, nelle capacità straordinarie che questi individui scoprono di avere, negli incontri ricorrenti che ampliano sempre di più la cerchia, che ricorda come costruzione la prima stagione di Heroes. Lo stile è sicuramente diverso e con obiettivi più "autoriali" – poi ognuno giudicherà sulla riuscita o meno – ma è forte la sensazione di aver visto il corrispettivo Vol. 1 della serie di successo di Tim Kring.
Il quinto è un anime. Figli ideali anche di quel meraviglioso periodo per l'animazione giapponese che furono gli ultimi anni '90, i Wachowski si sono ampiamente dimostrati seguaci devoti di Ghost in the Shell, ma anche della visione malata e disturbante del meno citato Yoshitoshi Abe. In tredici episodi nel 1998 Serial Experiment Lain era il compendio incomprensibile e devastante di tutto ciò che potrebbe o dovrebbe essere il cyberpunk, e se è vero che la tecnologia non è un elemento importante in Sense8, il legame tra umani è una caratteristica fondamentale di entrambe le opere. Quindi nessuna intelligenza artificiale che si libera nella rete stavolta; al suo posto il perfezionamento dell'uomo – che con l'idea di una fusione collettiva di tutti gli umani dovrebbe ricordarci un altro anime – e la creazione di una Mente superiore, che è la somma di quelle che vi partecipano.