Dio è il final boss

Una riflessione sul rapporto tra religione e videogiochi

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Con questo articolo inauguriamo una nuova fase della nostra collaborazione con l'Archivio Videoludico di Bologna. Dopo averne seguito l'attività mese per mese, da oggi Andrea Dresseno approfondirà sulle pagine di BadGames alcuni temi legati al mondo dei videogiochi. Si tratterà di articoli mediamente più ponderosi delle classiche recensioni e anteprime e, ovviamente, vi invitiamo a commentarli qui in calce o sui nostri social.


“In memoria di tutti i boss finali”. Così inizia Incarnation. La conversione del sacro e il Pantheon digitale nel medium videoludico, tesi triennale realizzata da Massimiliano Zinnanti all'Accademia di Belle Arti di Venezia e vincitrice dell'edizione 2014 del Premio AV. Un lavoro coraggioso, risultato di un'intensa ricerca iconografica capace di far emergere rimandi, citazioni, ispirazioni applicati all'universo del divino e alla deificazione dei corpi videoludici. Centrali nell'analisi sono in particolare i boss finali, figure squisitamente videoludiche in cui si trasfigura Dio nei videogiochi.

Il lavoro risulta qua e là impervio eppure affascinante, una sorta di flusso di coscienza che affronta un tema, quello del rapporto tra religione e videogiochi, di cui non si parla molto in ambito videoludico.

A partire da un corpus selezionato di esempi provenienti in egual misura dal mondo dei videogiochi e dalla storia delle religioni, l'autore riscopre affinità, tipologie di fisicità: il tema è il nuovo corpo e

"il tema è il nuovo corpo e l'idea di Dio nei videogiochi"

l'idea di Dio nei videogiochi, sostiene Zinnanti. È quindi naturale iniziare il proprio viaggio dalla definizione di boss, di quel Dio “nato per essere sconfitto […] soggetto che dovrebbe richiedere il maggior sforzo artistico, creativo”. Incarnation è un lavoro che punta in alto, a tratti forse eccede, ma che sotto la sua scorza di sperimentazione rivela una sensibilità e una ricerca iconografica di tutto rispetto.

A essere citati sono numerosi titoli. Bayonetta, per esempio, che l'autore definisce “un caso pacchiano sino al sublime”; o ancora DmC, Asura's Wrath, Final Fantasy, Okami, Alice: Madness Returns. A Shadow of the Colossus, “pura poesia dei boss”, viene riservato ampio spazio durante la trattazione. Zinnanti ipotizza che il vero inizio del fenomeno della conversione del sacro nei videogiochi, pur con le dovute eccezioni, si possa attribuire al primo Megami Tensei. Non a caso, reincarnazione della dea. I personaggi del titolo Atlus ricompaiono a più riprese lungo le 400 pagine del volume.

megamitensei

Si parla di luoghi, santuari, sale del trono e chiese, che nei videogiochi sono emanazione di influenze architettoniche non scontate. Si parla di boss fatti di corpi, o di corpi semi-umani. Uomini alati, uomini animali, corpi deformi. Un esempio tra i tanti è Asphixia, in Silent Hill: Homecoming, la cui coda è un corpo in posizione fetale a sua volta dotato di arti. Il corpo viene dissezionato: occhi mostruosi, bocche oblunghe, maschere contorte.

Ci sarebbe molto da dire e scoprire prima di arrivare ai capitoli conclusivi, e all'incarnazione del nemico del mondo. Dio è il final boss. Compaiono gli esempi di Orphan (Final Fantasy XIII), Chakravartin (Asura's Wrath), Draco Cantus (The World Ends With You). Questa brevissima panoramica riflette, in piccolo, la complessità e lo stile della tesi di Zinnanti, il cui abstract è disponibile per il download nella pagina dell'Archivio Videoludico; è invece possibile consultarla per intero al Centro Studi AV, che ospita più di settanta tesi sul videogioco.

Per concludere, una riflessione interessante compare verso la fine dell'elaborato: “In questo medium la morte di Dio è diventata un tema ricorrente, un rituale contemporaneo, è la bestemmia meravigliosa, il merito unico e inedito di questo mondo virtuale, una prerogativa che non è riscontrabile, con questa limpidezza e potenza, in nessun altro campo”.

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