Archivio Videoludico - Report #6, salvaguardia italiana

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L'ultimo episodio di Zelda e alcune chicche del passato arrivano all'Archivio...

Premessa: dell'Area deV abbiamo già parlato in queste pagine, qualche giorno fa. Con l'avvio di questo “progetto nel progetto” l'Archivio Videoludico punta a creare un polo di salvaguardia della produzione italiana, visto che gli sviluppatori italici sono tanti e producono sempre di più: vogliamo arrivare al 2050 e accorgerci che le loro opere sono andate perdute? Giammai! All'Area deV hanno aderito già 15 sviluppatori, ma chiunque può unirsi alla ciurma e condividerne gli obiettivi. Fine premessa.


Detto questo, partiamo dalla fine di novembre, perché proprio qualche giorno fa in Archivio è avvenuta un'acquisizione importante, grazie alla donazione di un privato: l'Odyssey 2100, ultimo discendente della stirpe Odyssey. Breve cronostoria: Magnavox Odyssey è la prima console della storia. Fu progettata da Ralph Baer e distribuita sul mercato nel 1972. Nel corso degli anni Settanta uscirono numerosi modelli, sempre prodotti da Magnavox. Nel 1974 Philips, che già pagava i diritti per rivendere la console, acquisì la Magnavox. Nel 1976 venne distribuita in Europa l'Odyssey 200, l'anno seguente l'Odyssey 2001. È il 1979 quando arriva in Italia l'Odyssey 2100, è il 2013 quando l'Odyssey 2100 arriva in Archivio. E a provarlo oggi, effettivamente, un po' ci si commuove.

Non mancano naturalmente le acquisizioni più classiche, dal nuovo The Legend of Zelda: A Link Between Worlds, seguito spirituale di quella pietra miliare che è A Link to the Past, all'appuntamento fisso del pre-Natale: Call of Duty Ghosts. Abbiamo anche recuperato System Shock 2, realizzato dal game designer Ken Levine prima di BioShock e BioShock Infinite. Un titolo particolarmente apprezzato dalla critica, che mescola horror e fantascienza, gioco di ruolo e azione.

Menzione a parte merita El Shaddai. Il tema religioso non ha mai trovato grande spazio nei videogiochi, eccezion fatta per titoli come Xenogears e Grandia II, che in misura differente l'hanno reso oggetto del proprio racconto (con tutte le polemiche del caso). El Shaddai affronta di petto la questione, portando sullo schermo l'apocrifo Libro di Enoch.

Novembre si conferma mese degli indie, con l'arrivo nel fondo di titoli come The Cat Lady, Thomas Was Alone, Shelter e i giochi di Locomalito. Ci sono tre acquisizioni, in particolare, che possono essere accostate. Non hanno niente in comune, eppure tutte e tre raccontano, a modo loro, la storia del videogioco. In primo luogo Evoland, un meta-gioco che parla del genere RPG e della sua evoluzione. Un percorso storico, che parte dalla vecchia grafica bidimensionale e arriva all'alta definizione, passando dagli 8 ai 16bit, dalle tracce midi ai poligoni. La-Mulana, action-adventure giapponese manifesto dei giochi difficili di un tempo. Un titolo che racconta il passato e, per scarto, ci parla dell'evoluzione del videogioco. Infine l'intera serie di Zork (che non è indie, ma poco importa): ripercorrendola si rivive la storia del genere adventure. La trilogia originale, pubblicata tra il 1980 e il 1982, ci narra di un tempo in cui le avventure testuali trascinavano il giocatore in reami virtuali affidandosi al solo utilizzo del racconto scritto. Se i due episodi successivi confermano il trend, con Return to Zork (1993), Zork: Nemesis (1996) e Zork: Grand Inquisitor (1997) l'avventura grafica prende il posto di quella testuale, ma non solo. Sono gli anni dei cosiddetti film interattivi, con attori in carne e ossa letteralmente trascinati all'interno del monitor. Una moda passeggera, eppure importante. Giocare a Zork, in altre parole, è anche studiare un po'.

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