Bird, la recensione I Cannes 77

La nostra recensione di Bird, il nuovo film di Andrea Arnold presentato in concorso al festival di Cannes 2024

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La nostra recensione di Bird, il nuovo film di Andrea Arnold presentato in concorso al festival di Cannes 2024

L'immagine di uccelli in volo era frequente in American Honey, associata spesso allo sguardo della protagonista che li guardava estasiata. La stessa inquadratura apre (e torna più volte) in Bird, successivo lungometraggio di finzione di Andrea Arnold, con il volto della dodicenne Bailey (Nykiya Adams) a fare da controcampo. Rappresentazione del sogno di una ragazzina che, chiusa in un ambiente soffocante, sogna guardando il cielo di scappare via.

Bailey vive in condizioni difficili nel nord del Kent, con suo fratello Hunter e il giovanissimo padre Bug (Barry Keoghan) Mentre cerca di emergere tra i coetanei e occuparsi degli altri suoi fratelli più piccoli, che stanno dalla madre, decide di aiutare un misterioso uomo, Bird (Franz Rogowski), nella ricerca della sua famiglia.

Il contesto (i sobborghi inglesi) e la storyline principale (il coming of age al femminile) sono quelli di Fish Tank, la messa in scena è quella di American Honey. Ovvero un'introduzione diretta nella quotidianità dei personaggi, con una macchina stretta intorno ai loro volti capace di evocarne la precarietà, mettendo davanti l'introspezione psicologica dei personaggi all'intento socio-realistico. La regista è interessata, prima che a quello che le sta attorno, all'interiorità della protagonista, una ragazzina fragile ma allo stesso tempo intraprendente e vitale, che vive ai margini della società ma che soprattutto è un'adolescente alla ricerca del suo posto nel mondo. Coordinate che rendono Bird un'opera simile alla precedente, senza renderla comunque altrettanto dirompente, scontando il fatto di riprendere un immaginario narrativo consolidato. Ma è il come questo è raccontato a fare la differenza.

Senza edulcorare affatto gli aspetti duri e i momenti crudi (un episodio di violenza domestica, ad esempio) di ciò che rappresenta, la cineasta, tramite la forza di Bailey, cerca sempre di trovare uno slancio, di alzare lo sguardo, di scovare la bellezza anche in qualcosa che apparentemente non ce l'ha (un bagno in mare che omaggia una scena di La vita di Adele...ma che qui è in acque inquinate). A caratterizzare poi Bird è il lavoro sugli attori. Al suo consueto utilizzo di un'attrice non professionista come protagonista (Nykiya Adams) la regista affianca qui due interpreti rinomati: Franz Rogowski, a cui bastano poche scene per lasciare il segno, portando il suo tipico personaggio in un contesto diverso, e poi Barry Keoghan, sempre più convincente. Su di lui si compie in particolare la "magia" del tocco di Arnold: un personaggio a prima vista sgradevole e riprovevole, genitore inaffidabile di diversi figli, che però non viene mai giudicato da chi lo ritrae e a cui basta una scena per cambiare ai nostri occhi. Quando lo sentiamo esibirsi in uno patetico karaoke di Yellow dei Coldplay, ci pare incredibile e allo stesso tempo immediato affezionarsi a lui.

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