Xavier Dolan pronto a tornare con un nuovo film: "Non posso più sostenere lo stesso ritmo che avevo prima"
Il regista parla della lunga pausa dal cinema e svela nuovi dettagli del suo nuovo film
Sono passati cinque anni dall'uscita dell'ultimo film diretto da Xavier Dolan. Lo scorso weekend il regista e attore canadese ha partecipato al Lumière Festival, e ha parlato della lunga pausa dal ritmo frenetico dei suoi primi anni di carriera, in cui ha diretto otto film in dieci anni (tra i 19 e i 29 anni).
Man mano che cambio, invecchio, cresco e mi evolvo, mi piace avere il tempo per pensare, riflettere. Non mi interessa seguire una formula in cui continuo ad aggiungere film, ognuno dei quali deve essere un po' migliore del precedente. Non posso continuare a partire da zero ogni volta. Ho bisogno di costruire qualcosa e sentire che sto facendo progressi. E non posso fare un film solo perché qualcuno me lo chiede. Ho bisogno di sentire visceralmente, veramente, il desiderio, poi avere l’idea e poterla seguire fino alla fine.
Sarà sicuramente un film di genere, questo è certo. Sarà un film horror? Potrei aver parlato troppo presto... Ci sono molti elementi comici nella scrittura. Ci saranno sicuramente momenti di orrore, ma è piuttosto un amalgama di molti generi.
La speranza è quella di girare l'anno prossimo, ma con un ritmo completamente diverso dal passato:
Sarà il secondo capitolo, la seconda metà di una carriera in cui ho rallentato fino quasi a fermarmi. So che non potrei mai sostenere lo stesso ritmo che avevo prima. Ero più giovane e diverso.
Dolan però non nega che ci siano più ostacoli, rispetto al passato, per realizzare i film. Da un lato c'è un freno artistico dovuto ai fatti della contemporaneità:
A volte il cinema diventa un po’ secondario. È difficile, impossibile in realtà, per me, ignorare quello che sta succedendo a Gaza, quello che succede in Libano, o negare che viviamo in un mondo in cui l'ambiente soffre. Queste cose mi distraggono dalle mie piccole imprese artistiche.
Dall'altro c'è un freno economico, dovuto alla necessità di compiacere in particolare il pubblico nordamericano, cosa che ha capito dopo l'esperienza di È solo la fine del mondo:
Culturalmente, è molto complicato per me fare un film che dia piacere ai nordamericani. [È solo la fine del mondo] è un film di una violenza inconcepibile. Loro percepiscono questo come negativo. Io lo percepisco come qualcosa di essenziale per le persone che non riescono a comunicare. Le persone urlano, si esprimono male, sono violente, ma sono persone ferite, che hanno bisogno di essere ascoltate.
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