La Weinstein Company andrà in bancarotta? L’ipotesi è oggi più concreta
Nonostante varie offerte di acquisto, l'ipotesi della bancarotta per la Weinstein Company è oggi un'opzione più plausibile che in passato
A spalancare le porte della bancarotta potrebbe essere, tra non molto, il Procuratore Generale dello Stato di New York, Eric Schneiderman: qualora la Weinstein entrasse in bancarotta, sarebbe gestita con delle enormi influenze dall’esterno volte a smantellarne gli asset sulla base degli interessi dei suoi creditori [i quali, a questo punto, sono sostanzialmente interessati a limitare le perdite generate da un'azienda insolvente].
Se in passato il board della Weinstein ha scartato l’ipotesi della bancarotta è stato anche per evitare un’indagine dall’esterno - condotta dalle autorità giudiziarie - sulla condotta della compagnia [indagine che passa anche per un'analisi delle sue comunicazioni interne]. Tuttavia tale indagine, come specificato proprio dal Procuratore Generale, avverrà comunque a prescindere dall'apertura o meno del "Capitolo 11" (la sezione del diritto statunitense dedicata alle procedure fallimentari). A questo punto si aprono potenzialmente nuovi scenari. Addirittura, una vendita degli asset a seguito dell’apertura delle procedure fallimentari potrebbe anche essere un’opzione più lucrativa per dirigenti come Bob Weinstein (fratello di Harvey) e David Glasser.
Se invece la compagnia fosse, di fatto, smembrata dall’esterno per soddisfare i creditori, a partire da coloro che vantano un diritto di prelazione [diritto cioè a soddisfarsi “per primi” sugli asset della compagnia, lasciando in sostanza sempre più “a mani vuote” gli ultimi della lista] e per tenere conto degli stakeholder [ovvero di coloro che hanno interessi di varia natura nella compagnia, anche senza esserne necessariamente azionisti o proprietari di quote] dirigenti come [Bob] Weinstein e Glasser potrebbero anche andare incontro a una sorte finanziariamente più conveniente rispetto a quella segnata dai veti del Procuratore di New York. Oltre a esserne dirigenti, anche Weinstein e Glasser, chiaramente, hanno interessi nella compagnia: la tutela di tali interessi rientrerebbe comunque nelle clausole "di ferro" del diritto fallimentare.
A oggi, non rimane che attendere ulteriori sviluppi.
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Fonte: Hollywood Reporter