Vogliamo vivere! torna in sala oggi per insegnarci il cinema

Torna oggi nelle sale italiane Vogliamo vivere di Ernst Lubitsch, commedia perfetta attraverso la quale si capisce molto meglio come funzionino i film moderni...

Critico e giornalista cinematografico


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Il più grande dei luoghi comuni è anche il più vero. E' impossibile riuscire a capire le radici, il funzionamento e molte delle scelte che diamo per scontate nei film di oggi senza aver visto pellicole come Vogliamo vivere!.

Quasi tutto il cinema di commedia e molto di quello d'azione che vediamo sono infatti basati sul modo in cui Ernst Lubitsch scriveva i propri film (vero e proprio idolo per una generazione di autori), sul suo ritmo e sulle sue idee, e questo è uno degli esempi migliori.

C'è stato un periodo ad inizio anni 2000 in cui il ritorno in sala di copie restaurate di grandi capolavori del cinema era una pratica frequente, poi si è persa. Così dopo aver potuto vedere su grande schermo Il grande dittatore, Aurora, Arancia Meccanica e via dicendo la distribuzione ha smesso di puntarci.

Oggi Teodora torna a provarci con un film di forte appeal commerciale (se si considera che è una commedia degli anni '40) come Vogliamo vivere!, addirittura in lingua originale (quindi To be or not to be) e restaurato.

Si tratta di un'operazione realmente raffinata da paese civile che, a fianco alla programmazione normale, offre la possibilità di rivedere il meglio del meglio di quello che c'è a monte di questa programmazione. Inutile lamentarsi della pochezza di stimoli nell'industria culturale di questo paese se poi non se ne approfitta. Non è povera l’offerta ma poveri siamo noi.

La storia è quella di una compagnia teatrale sotto il nazismo, cosa che rievoca immediatamente le atmosfere di Bastardi senza gloria (solo una delle mille ispirazioni di Tarantino, solo uno dei mille film che poi hanno attinto a Vogliamo Vivere!) ma ciò che conta è il ritmo dato dal regista.

Ogni scena contiene un piccolo trucco che si rivelerà solo in quelle successive e servirà a tenerle assieme, ogni personaggio ha una sua utilità che si ritrova in intrecci successivi e ogni microinterazione è puntellata da battute raffinate e intelligenti, ma anche da grossolane gag che scatenano la risata grassa.

E' una caratteristica che il cinema di oggi non ha più per ragioni strutturali, perché Vogliamo vivere! era circa il 70esimo film che Lubitsch dirigeva, mentre ad oggi un regista molto prolifico (escluso Takashi Miike) arriva a 30-40 film in tutta la carriera, quelli normali a 20. Questione dunque di mestiere, maestria acquisita e confidenza con il mezzo che non possono esistere più.

Inoltre vedere al cinema, sul grande schermo, Vogliamo Vivere!, è anche l'occasione per capire e sperimentare come sia la visione collettiva di questi film che solitamente vediamo da soli in casa. Esisteva un calcolo quasi maniacale e matematico dei tempi di risata collettiva (cosa che anche i film più divertenti di oggi mancano di fare), in modo che non accadesse mai che una battuta non fosse udibile perché coperta dalle risate di quella precedente, e il regista si incaricava di dare questi tempi attraverso espedienti di messa in scena (un'espressione, l'ingresso di un personaggio, un'esitazione) di fatto riscrivendo il concetto di “ritmo”.

Ma ancora di più la visione collettiva di questi film, privi di scenografie elaborate, grandi effetti visivi o panoramiche devastanti (cioè tutte quelle cose per le quali oggi solitamente pensiamo sia indispensabile il grande schermo), ci ricorda il senso ultimo dell'andare in sala. Non che la visione domestica non abbia senso ma se quella nel cinema si differenzia per qualcosa, non è soltanto l'impatto visivo, e vedere un film come Vogliamo vivere! ne è la prova.

 

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