La mia vita a Garden State: la cronistoria della realizzazione del film d'esordio di Zach Braff, dalle riprese in economia al finale cambiato

La cronistoria della realizzazione di La mia vita a Garden State, film d'esordio di Zach Braff, dalle riprese in economia al finale cambiato

Condividi

Il 28 luglio del 2004 usciva nelle sale statunitensi La mia vita a Garden State, esordio alla regia di Zach Braff, divenuto da subito un piccolo cult. Noi lo abbiamo celebrato con unospeciale a inizio anno, mentre THR lo fa ora con una cronistoria della sua realizzazione, tra retroscena e aneddoti. Vi riportiamo i passaggi più interessanti.

Le difficoltà nel trovare un produttore

Braff inizia scrivere lo script del film dopo l'università, mentre lavorava in un ristorante, traendo spunto dalla sua esperienza personale. Nel 2001 diventa poi uno dei protagonisti di Scrubs e decide così di terminarlo, convinto che il fatto di essere divenuto volto noto gli avrebbe garantito facili finanziamenti. Così non accade e ci vuole un bel po' di tempo prima di trovare la società giusta:

Braff: Ero alla CAA [principale agenzia di talent negli Usa] per una riunione [non legata a Garden State] e ho avuto una tale sfacciataggine; non posso credere di averlo fatto. È come una scena di un film in cui un ragazzino passa davanti all'assistente che cerca di fermarlo. Sono entrato nell'ufficio di Kevin Huvane, il mio agente della CAA, per consegnargli il copione, e ricordo che mi ha guardato inizialmente con l'espressione: “Non dovresti entrare nel mio ufficio”. Poi mi ha detto: “Sai chi dovrebbe produrre il tuo film? Pam Abdy della Jersey Films. La chiamo subito". Quello è stato il momento in cui tutto ha cominciato a cambiare.

Abdy: La sceneggiatura mi è stata sottoposta da Kevin Huvane della CAA. Mi conosceva molto bene da quando ero cresciuta nel New Jersey e avevamo lavorato insieme in un paio di altri progetti. Un giorno mi ha chiamato e mi ha detto: “Ho letto questo copione e penso che saresti la persona perfetta per produrlo", perché sono cresciuta nel New Jersey. Ero seduta nel mio piccolo appartamento e ho letto il copione due volte in una notte. Mi ha commosso così tanto. Mi sono immedesimata molto nel personaggio [di Andrew Largeman, detto Lange, interpretato da Braff stesso, ndr.] che lascia la sua casa e deve tornare nella sua città natale e incontrare tutte le persone con cui è cresciuto.

Il coinvolgimento di Natalie Portman

Il passo successivo è dunque comporre il cast. Braff riesce a coinvolgere nomi importanti, tra cui Natalie Portman, volto di Sam, interesse amoroso del protagonista. Ecco come il regista è riuscita ad averla con sè:

Braff: Durante la mia prima pausa da Scrubs, ho partecipato a una produzione di La Dodicesima notte al Delacorte [Theater] di Central Park, e Natalie è sempre stata l'archetipo di chi volevo. Non pensavo che l'avrei mai avuta, ma mi sono detto: “Quando farai le liste per il casting, scegli qualcuno [come lei]”. Sapevo che Natalie aveva partecipato a una produzione di Il gabbiano al Delacorte con Meryl Streep. Ho pensato che sarebbe stata una buon modo di introdurmi. Le ho scritto una lettera dicendo: “Sono seduto nel mio camerino, sta piovendo al Delacorte. So che anche tu hai vissuto questa esperienza. Ho questo copione. Sarebbe un onore per me se tu lo guardassi. Penso che saresti perfetta per questo ruolo".

Portman: Ricordo che Zach mi parlò di questo film e che mi inviò il suo cortometraggio [Lionel on a Sun Day] che aveva realizzato [alla Northwestern]; mi colpì molto. Poi ho letto la sceneggiatura e sono rimasta entusiasta del personaggio. Ho pensato che fosse così eccentrico, divertente e con una voce originale, ed ero entusiasta di realizzarlo. Zach mi ha mostrato una serie di film che non avevo mai visto come ispirazione per Garden State, e tra questi ce n'erano alcuni che sono ancora oggi i miei preferiti. Safe è stato quello che mi ha fatto conoscere Todd Haynes. Il laureato, che era un altro chiaro riferimento e ovviamente avevo visto, avevo inoltre già lavorato con Mike [Nichols, regista del cult con Dustin Hoffman] [per Il gabbiano]. Ricordo di aver proiettato Garden State per Mike [mentre lavoravano a Closer], ed è stato molto emozionante.

L'attrice dunque accetta, ma era molto impegnata, così da costringere Braff a salti mortali durante i preparativi:

Natalie era a Harvard e non avevamo tempo per le prove. Così ho detto a Peter [Sarsgaard, interprete di Mark]: “Ti va di venire ad Harvard con me per un fine settimana, così possiamo legare un po' con Natalie?”. Abbiamo trascorso un fine settimana con Natalie ad Harvard e ricordo che siamo andati a una festa di una confraternita. [Peter] era così cool e così giù di morale. Ci siamo seduti nella stanza di Natalie e abbiamo letto il copione una volta. Quella è stata la nostra unica prova, noi tre seduti sul pavimento della stanza del dormitorio di Natalie.

Le riprese in piena economia

Il progetto può così partire grazie al finanziamento di Gary Gilbert, banchiere divenuto produttore, che mette a disposizione 2.5 milioni di dollari, invitando i realizzatori a stare dentro quel budget, quasi dimezzando quanto previsto inizialmente. Le riprese avvengono in appena 26 giorni, in piena economia:

Abdy: La mia rete di amici e parenti nel New Jersey ci ha aiutato a realizzare il film su tantissimi fronti. Il cimitero nell'inquadratura iniziale con la gru quando c'è il funerale della madre [di Lange]: il cugino di primo grado di mio padre gestiva quel cimitero e ci ha procurato la location. Eravamo in difficoltà perché non avevamo abbastanza soldi per le comparse e dovevamo farle arrivare in New Jersey da New York. Il mio amico Anthony, con cui sono cresciuta, aveva una compagnia di autobus, così mi ha dato i veicoli; dovevo solo pagare l'autista, l'assicurazione e tutto il resto. C'era una macchina medica [usata] quando [Large] fa la risonanza magnetica. Era in uno degli uffici dei clienti di mio padre che potevamo usare a costo zero. Mia madre preparava degli spuntini e li portava al catering.

A complicare i lavori arriva però anche, a ciel sereno, una brutta notizia per Portman:

Una persona a me molto cara è stata gravemente ferita in Israele e [la troupe è stata] davvero straordinaria. Quello è stato l'inizio della mia duratura amicizia con Pam Abdy perché lei, senza esitazione, mi ha detto: “Devi andare lì”. Hanno ritardato le mie riprese per permettermi di stare con questa persona in ospedale. Poi sono tornata e ho iniziato. È stato pazzesco passare da questi due estremi, dal momento probabilmente più buio della mia vita a un film molto divertente ed edificante. Ho pensato per tutto il tempo a questa persona e credo che averla avuta nel cuore abbia avuto un effetto, anzi, ne sono certa.

Un problema comunque non da poco per le riprese, come sottolinea il direttore della fotografia Lawrence Sher:

Avevamo programmato l'intero film in base alla disponibilità di Natalie, perché in pratica stava tre giorni a Harvard e poi quattro con noi, e ovviamente è la co-protagonista del film, presente in molte scene se non in tutte. Il secondo giorno è successo qualcosa alla sua famiglia. Ricordo che abbiamo saputo da Pam che Natalie non sarebbe stata disponibile per i quattro successivi. Abbiamo organizzato un giorno in più di riprese l'indomani, cercando di capire cosa potevamo girare senza Natalie e abbiamo fatto qualcosa di molto specifico solo per Zach, e poi ci siamo fermati per due giorni. Molte location sono saltate a causa di questo cambio di programma, ed è stato come ri-preparare il film in 48 ore. È stato frenetico, ma anche sorprendente, perché all'improvviso ce l'abbiamo fatta.

"Ho chiesto ai poliziotti di girarsi"

Tra i vari imprevisti affrontati sul set, quello più divertente riguarda le riprese nella piscina di Jesse [Armando Riesco]:

Braff: Ero così nervoso che tutti gli attori, specialmente Natalie, la mia star, avessero freddo [nella piscina], me compreso. Continuavo a dire a Pam: “Assicurati che la proprietaria della casa accenda il riscaldamento abbastanza a lungo da mantenerla calda". Avremmo dovuto stare in piscina tutta la notte. E Pam, un paio di giorni prima, mi dice: “Smettila di preoccuparti. Vado a controllare l'acqua per assicurarmi che sia a posto, per toglierti il pensiero”. Ecco cos'era ed è la produttrice Pam Abdy.

Abdy: Abbiamo provato a chiamare la proprietaria della casa, ma non c'era. Siamo andati con il location manager [Ronnie Kupferwasser] e la casa, che avevamo affittato, era chiusa. Abbiamo scavalcato la recinzione e abbiamo iniziato a tastare l'acqua con le mani nella piscina. E io ho pensato: “Non posso capire così se è calda, devo entrare”. Mi sono letteralmente spogliata fino ad avere solo più reggiseno e mutande, sono entrata in piscina e all'improvviso c'erano dei poliziotti nel cortile. Mi hanno detto: “Stai violando la legge”. E io: “Assolutamente no. Dobbiamo stare qui, abbiamo affittato questa casa. Domani gireremo qui, sto solo testando l'acqua”. E [uno di loro] mi fa: “Esci dalla piscina, fammi vedere la patente”. E io: “È lì dentro. Potete girarvi per favore?” e li ho fatto girare.

Braff: Alla fine ha chiarito tutto. Ma mi piace sempre questa storia, perché è come se i miei fantastici produttori facessero di tutto per assicurarsi che la piscina fosse abbastanza calda, e alla fine si scopre che non lo era. Così Pam trovò un camion che forniva acqua calda. È durata solo fino a mezzanotte circa, poi ha cominciato a diventare fredda.

Un finale in origine molto più cupo

Originariamente il film aveva un finale più cupo, in cui si rivelava che il padre di Large aveva permesso che sua madre morisse per annegamento. A questo è stato preferito uno più ottimista, incentrato sulla storia d'amore tra il ragazzo e Sam. Racconta Braff:

Mentre vediamo Large lasciare Sam all'aeroporto, abbiamo un flashback della notte in cui la madre del ragazzo muore e la sentiamo iniziare a perdere i sensi. Poi il personaggio di Ian Holm [il padre di Large] corre verso la soglia del bagno e sta per salvarla, rendendosi conto alla fine nella sua mente del desiderio di lei di non continuare a vivere e di onorarlo e lasciarla andare. Si ferma, e si sente che il movimento nella vasca si interrompe. Poi va a sedersi sul letto, prende fiato e chiama il 911. Era molto intenso e potente, ma non era il film che ho finito per fare. Ha dirottato la fine della storia d'amore perché era così sconvolgente che il pubblico finisce per pensare a questo invece di concentrarsi sull'idea della storia d'amore tra Andrew e Sam e del suo ritorno.

Ho mostrato [la scena della morte della madre di Large] a [il creatore di Scrubs] Bill Lawrence, che è stato un mio mentore. Non dimenticherò mai quello che mi ha detto: “Questa è una delle scene di maggior impatto del tuo film, e non ci sarà mai nel tuo film”. All'inizio non riuscivo a capirlo, ma alla fine aveva ragione.

Una volta terminato, il film viene presentato al Sundance, dove attira l'attenzione dei due più importanti distributori di pellicole indipendenti dell'epoca: Miramax e Searchlight Pictures. Tra loro inizia una guerra per i diritti, che termina con un accordo: la prima si occupa del mercato estero, la seconda di quello interno. Braff lo ricorda come "uno dei momenti più belli della mia vita" mentre Gilbert sottolinea: "Grazie a Dio è stata la Searchlight, e non la Miramax, a prendere la distribuzione interna, perché subito dopo il Sundance Harvey [Weinstein, all'epoca capo della Miramax] è scomparso. Stava cercando di rinegoziare il suo accordo con Mike Eisner e la Disney ed è scomparso".

Questo dunque è come La mia vita a Golden State è arrivato nelle sale di tutto il mondo.

Cosa ne pensate? Lasciate un commento!

Vi ricordiamo infine che trovate BadTaste anche su TikTok.

FONTE: THR

Continua a leggere su BadTaste