Venezia 73, più promesse che conferme. I nostri film più attesi
Con un'eccezionale presenza americana tra film di Hollywood e indipendenti, e una ridotta compagine italiana, Venezia 73 si annuncia come una mostra diversa
La gestione Barbera ha giustamente sempre cercato di limitare la quota italiana ai film più meritevoli (secondo il comitato di selezione) e quest’anno per il concorso sembra aver puntato sui meno noti, lasciando buona parte dei grandi nomi in altre sezioni. Una scelta questa che fa sperare di essere di fronte ad una serie di scoperte. Questo implica che il ritorno mediatico di quest’annata sarà dominato da una quota straordinaria di grandi nomi stranieri, star del cinema d’autore come hollywoodiane, a partire da Damien Chazelle per finire con Antoine Fuqua e i suoi nuovi Magnifici Sette.Venezia 73 propone una quantità sorprendente di nomi e titoli attesi più per quel che hanno da dimostrare che per quello che hanno dimostrato decenni fa
Soprattutto però in uno scenario, quello dei festival, dominato o dagli sconosciuti che sperano di non essere più tali una volta passata la manifestazione, o da nomi immensi, grandi ben più dei loro film, Venezia 73 propone una quantità sorprendente di nomi e titoli attesi più per quel che hanno da dimostrare che per quello che hanno dimostrato decenni fa. Invece della carrellata di registi celebrati, noti e amati ma con spesso il meglio della loro produzione alle spalle, la mostra di quest’anno sembra voler presentare il meglio dei più promettenti ad iniziare dal già annunciato La La Land di Damien Chazelle (l’autore di Whiplash) ma considerando anche The Bad Batch di Amy Lily Amirpour, l’autrice dell’incredibile (e ben poco commerciale) A Girl Walks Home Alone at Night, che questa volta lavora con star molto commerciali e curiosamente assortite come Jason Momoa, Jim Carrey, Keanu Reeves e Giovanni Ribisi. Sono forse questi, curiosamente due americani, i film da cui è lecito attendersi di più.
Addirittura anche la categoria dei grandi maestri comprende film dalla fattura e dalla storia produttiva peculiari come On The Milky Road, l’opera che Kusturica cerca di fare da 4 anni e che è il prequel di un suo corto, oppure Paradise di Konchalovsky, che chi l’ha visto definisce sorprendente, oppure ancora Voyage of Time, il documentario sull’origine di praticamente tutto girato da Terrence Malick in maniere che è facile immaginare non sono quelle usuali. Ci sarà Safari, documentario “per gente forte di stomaco” come ha detto Barbera, da un esperto del cinema duro come Ulrich Seidl e inoltre Nicolas Winding Refn continua il suo tour di presentazione di classici dell’orrore con un’introduzione della proiezione di mezzanotte di Zombie di Romero, affiancato da Dario Argento che ne curò l'edizione italiana.
In tutto questo dunque cosa ne sarà degli italiani? A parte l’attesissimo The Young Pope di Paolo Sorrentino, di cui vedremo due puntate, ci sarà Francesco Munzi, che proprio a Venezia tanto successo riscosse con Anime nere, stavolta alle prese con un documentario, e Giuseppe Piccioni con Questi Giorni, che si annuncia come il più classico dei film da festival con Margherita Buy, mentre sempre in concorso Roan Johnson e il suo Piuma (una commedia italiana in concorso a Venezia!) proverà a rubargli la scena.
Tra questi però sembra lecito poter dire che il più atteso è Tommaso di Kim Rossi Stuart, finalmente tornato alla regia, 11 anni dopo il bellissimo Anche Libero Va Bene. Anche lui è una promessa di cui attendiamo conferma.
Infine, a dire il vero, un’idea per valorizzare il cinema italiano c’era, una che gli avrebbe dato modo di esprimere quella che da sempre è la sua qualità migliore: sapersi posizionare in un anfratto che sta stretto a tutti tranne che a lui, tra il cinema d’autore e il cinema commerciale più spensierato. Era Il Cinema del Giardino, la nuova sezione che quest’anno prende una forma definitiva dopo essere stata sperimentata in piccolo l’anno scorso.
Nei piani di Barbera doveva essere un luogo in cui il pubblico più che gli accreditati ogni sera potesse vedere un’anteprima in una sala nuova. La programmazione doveva essere composta da solo cinema italiano crossover, quello che incrocia ambizioni commerciali con dedizione autoriale ma è stato, per ammissione del direttore, un fallimento. Nessuno nome di peso ha voluto partecipare, nessuno escluso Gabriele Muccino, che subito ha aderito a posizionare lì il suo L’Estate Addosso. Così Il Cinema Del Giardino è dovuta rinascere come sezione dalla medesima ambizione ma aperta a film stranieri, perché a quanto pare stare nel Giardino, in uno spazio per il pubblico, non dà fastidio ad altri come ad esempio James Franco e al suo In Dubious Battle (con Bryan Cranston) né a Kim Ki Duk e il suo The Net.