Venezia 73, un bilancio finale sul Concorso
Il nostro commento finale sul Concorso della 73esima edizione del Festival di Venezia
Il meritato titolo di culla delle arti risulta, quest'anno, più che meritato, grazie alla selezione di titoli presentati dal direttore artistico Alberto Barbera a un pubblico festivaliero che, per fortuna sua e del cinema, ha allargato di molto i propri orizzonti. Ecco quindi un bouquet di fiori inusuali, una paletta bizzarra e piacevolmente eterogenea, che sembra finalmente ignorare la distinzione tra cinema commerciale e cinema d'autore, in una mescolanza che fa assurgere l'annata 2016 al vertice delle recenti edizioni del Festival di Venezia.
L'edizione in procinto di chiusura ha dimostrato il preciso - e coraggioso - intento di includere una quantità di titoli accattivanti per il grande pubblicoL'apertura della mostra, affidata al malinconico musical La La Land del giovanissimo Damien Chazelle, è stato l'impavido incipit che ha preannunciato la nuova rotta tracciata da Barbera: una rotta impervia proprio perché ricca di porti finora volutamente ignorati - se non disprezzati - dal Festival, una rotta che quest'anno ha incluso, oltre al già citato Chazelle, il blockbuster fantascientifico Arrival, il pulp distopico The Bad Batch, l'esilarante El Ciudadano Ilustre, il western Brimstone. Scelte nuove, non sempre impeccabili, ma tuttavia degne di plauso e meritevoli di aver accentrato sul Lido un'attenzione certo costruita negli anni, ma che quest'anno ha raggiunto un vertice inedito.
Ci sono stati passi falsi in questa prodigiosa maratona intrapresa da Barbera, questo è vero: sarebbe miope e ingiusto ignorare alcuni scivoloni che, ahinoi, spesso sono coincisi con i titoli nostrani selezionati per il Concorso ufficiale. Tuttavia, in linea con una caleidoscopicità che non può evitare del tutto qualche zona opaca, l'immagine complessiva del mosaico cinematografico assemblato al Lido dà vita a un colpo d'occhio appagante e suggestivo. Ricorderemo quindi questo Festival di Venezia come trionfo di una varietà che è la vera ricchezza del cinema, oltre che - ci auguriamo - primo passo di un iter verso il definitivo affrancamento da obsoleti pregiudizi aristocratici; pregiudizi che hanno ormai perso ogni smalto intellettuale per sconfinare nel più ottuso apriorismo critico.