Venezia 71 - Promossi, bocciati e rimandati secondo Alessia Pelonzi
Venezia 71 è ormai conclusa; ecco un elenco dei film promossi, bocciati e rimasti in bilico secondo Alessia Pelonzi
Eccovi dunque i migliori film, i peggiori e quelli che non hanno dimostrato abbastanza coraggio per essere definiti belli, ma neppure abbastanza sciattezza per essere definiti brutti.
Birdman – Un’estasi visiva, un’apoteosi attoriale, un trionfo narrativo (a parte una scena finale ridondante ed evitabile). Keaton ottimo, Norton immenso e via dicendo. Iñárritu porta al Lido il suo miglior film di sempre e viene ignorato in fase di assegnazione premi. Vergognoso, irritante snobismo veneziano.
Burying the ex – Joe Dante omaggia il cinema horror anni ’60 con una commedia irresistibile, imperniata su un tris di giovani attori in gran forma. E, senza avere la pretesa di creare sottotesti, riesce a cavarne fuori una splendida, irriverente metafora sulla fine di una storia d’amore. Spassoso, sfacciato, perfetto.
Loin des hommes – Basterebbe la bellezza del paesaggio algerino a motivare la promozione del film di David Oelhoffen. E invece, c’è anche una storia. Semplice, edificante, non originale ma ben raccontata. Viggo Mortensen splendido, lontano mille miglia dal consueto charme hollywoodiano.
A pigeon sat on a branch reflecting on existence – Andersson ha 71 anni proprio come la Mostra del Cinema, ma sembra il pronipote sveglio e birichino dei nostri noiosi, pedanti Costanzo e Martone. Il suo collage di situazioni è pregno di uno humour surreale e grottesco che preferisce l’originalità all’universalità. Lode a un regista rimasto fedele alla migliore parte di se stesso.
I BOCCIATI
La vita oscena – Il destino nel nome. La biografia psichedelica del poeta Aldo Nove, firmata da Renato De Maria, finisce per diventare un’ode al guazzabuglio filmico senza capo né coda, con un protagonista allo sbando e una sequela di scene slegate con pretese artistiche sconfessate dalla risibile sceneggiatura.
Good Kill – Niccol mio, ma cosa mi combini? L’argomento droni era così interessante, e il tuo (lontano) curriculum di sceneggiatore così prestigioso (Gattaca, The Truman Show) che speravo davvero in qualcosa di meglio, rispetto alla piattissima favoletta morale interpretata da uno spaesato Ethan Hawke, ex pilota di caccia costretto a giocare al massacro stile Play Station con gli APR. Peccato.
Cymbeline – Se Almereyda aveva deluso già una buona fetta di amanti di Shakespeare con la sua trasposizione moderna di Amleto, risalente al 2000, stavolta il regista statunitense supera se stesso, affossando i versi del Bardo con una messinscena sconclusionata e una regia che sfiora più volte il ridicolo. Buon cast sprecato e fuori parte.
I RIMANDATI
Hungry Hearts - Coppe Volpi (meritate) a parte, perde la bussola la tragedia coniugale di Costanzo, che oscilla tra dramma e thriller a scapito di uno stile coeso e convincente. La versione hipster e squallida di Revolutionary Road, con l’aggravante di un personaggio femminile odioso e una controparte maschile troppo a lungo smidollata.
The Sound and the Fury – A James Franco piace tanto adattare romanzi, ormai l’abbiamo capito. Stavolta restituisce perfettamente l’ecletticità stilistica dell’omonimo romanzo di Faulkner; peccato che il cinema sia cosa un po’ diversa, e qualche flusso di coscienza – altresì detto sproloquio – in meno avrebbe giovato. Franco cresce come regista, ma perde punti come attore: il suo Benji è un ritardato macchiettistico.
Il giovane favoloso - “Odio questa vile prudenza che ci agghiaccia” dice Germano alias Leopardi, e la prudenza è ciò che rovina il biopic sul poeta di Recanati. Molte nozioni, poca poesia, pochissimo coraggio; Martone sale in cattedra e insegna, ma lancia il sasso e nasconde la mano su turbamenti sessuali e dolori non riportati nei Bignami. Nel 2014, a quanto pare, c'è ancora un amore che non osa pronunciare il suo nome.