Venezia 71 - I migliori (e soprattutto i peggiori) cinque film secondo Francesco Alò
La top five e worst five di Francesco Alò di Venezia 71. Pasolini, Tsukamoto, Munzi e Niccol i bocciati. Roy Andersson, Costanzo e Guzzanti i preferiti
Spiace ravvisare la totale mancanza di sesso nel Concorso e anche nel poco Extra-Concorso visto dal sottoscritto. Un tempo c'era sempre il film scandalo (l'ultimo fu Shame) mentre in questa Venezia 71 le scene in cui due personaggi sono ripresi mentre fanno l'amore si contano sulle dita di una mano (Saverio Costanzo ma per 30 secondi in Hungry Hearts).
Cinema italiano in grande forma. Fino a un mese fa si potevano commentare con un leggero sarcasmo quelle logiche dichiarazioni di patriottico trionfo di rappresentanti delle istituzioni cinematografiche dopo un 2013-2014 da Leone d'Oro 2013 (Sacro Gra), Marco Aurelio d'Oro 2013 (Tir), Oscar per il Miglior Film Straniero 2014 (La grande bellezza) e Gran Premio della Giuria a Cannes 2014 (Le meraviglie).
Dopo questo Concorso 2014, la nostra cinematografia si dimostra una delle migliori arrivate in Concorso.
E Questo ci fa molto piacere.
I MIGLIORI 5
A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence di Roy Andersson
Leone d'Oro meritato per una serie di vignette divertentissime con mazzata finale sulla nostra disumanità come genere umano. C'è uno humour molto particolare esplorato fino al massimo delle sue potenzialità con un senso del ritmo e una coerenza degno dei grandi artisti della risata da Chaplin, Keaton fino ad arrivare ai Monty Python. Fa molto piacere che una commedia abbia vinto il primo premio. Un commedia surrealista...ma sempre una commedia. E le due immagini della scimmia in animatronic e del girarrosto umano produttore di musica per l'alta società raggrinzita... non si dimenticano.
Hungry Hearts di Saverio Costanzo
L'amore ai tempi dei vegani. Un horror sulla paternità che parte come commedia (una gag non male al ristorante cinese) e finisce come la versione al contrario di Rosemary's Baby. Follemente inquietante. Giusta la Coppa Volpi per una Rohrwacher strega pazza e bello il riconoscimento per il contraltare razionale e pacato rappresentato da Adam Driver.
La trattativa di Sabina Guzzanti
Meglio del documentario in Concorso The Look of Silence di Joshua Oppenheimer per come racconta in chiave cinematografica una delle pagine più controverse del dopoguerra italiano. E' incredibile la capacità della Guzzanti di farti ridere amaramente di qualcosa che poteva essere trattato con ben più retorica. Una coinvolgente ricostruzione dell'ipotetica trattativa Stato-Mafia all'indomani delle morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
She's Funny That Way di Peter Bogdanovich
Bello rivedere il vecchio regista de L'ultimo spettacolo tornare in una forma così smagliante grazie all'aiuto in produzione di due cineasti più giovani di lui come Wes Anderson e Noah Baumbach. Con The Humbling di Barry Levinson è il film che mi ha fatto più ridere perché è una screwball comedy scatenata in una New York che sembra un paesino in cui tutti si conoscono e sono imparentati tra loro. Delizia pura, grande cast e bello l'illustre cameo finale.
Red Amnesia di Wang Xiaoshuai
Un thriller interiore di fantasmi del passato ed esteriore (maniaci che ti perseguitano al telefono) diretto con grande maestria e una pacatezza che spiazza visto che i temi centrali sono vendetta e violenza. Lü Zhong ha spaventato molto Alba Rohrwacher per la CoppaVolpi. La Cina riflette sul suo passato attraverso una madre colpevole di uno spietato atto d'amore per i figli.
I PEGGIORI 5
Fires on the Plain di Shinya Tsukamoto
Dopo il film di Ichikawa del 1959 anche Tsukamoto adatta il romanzo di Shohei Ooka. Una noia bestiale dove fondamentalmente si ripetono incessantemente due-situazioni-due (diffidenza tra commilitoni, fame), i personaggi non hanno un minimo di caratterizzazione e gli effettacci splatter entrano a gamba tesa con il solo scopo di svegliarti dal torpore per poi arrivare a un finale di rara banalità in cui le fiamme della guerra si riflettono sulla vita borghese dei sopravvissuti. Sai che novità. Tsukamoto, purtroppo, è anche lo stolido e inespressivo protagonista del film. E questa è la mazzata finale.
Pasolini di Abel Ferrara
Ci aspettavamo molto di più dalla coppia Ferrara-Dafoe. Il loro è un Pasolini senza nerbo e profondità recitato malissimo da Dafoe, il quale si produce anche in imbarazzanti momenti in italiano in cui sembra Dan Peterson. Niente complottismo, qualche scampolo di vita quando vanno in scena le fantasie sui progetti cui stava lavorando PPP e un finale da film televisivo. E' una produzione da esportazione che si comporta come un blockbuster arthouse senz'anima. C'è più cuore e attenzione in Transformers 4.
Anime nere di Francesco Munzi
Un episodio non particolarmente riuscito di Gomorra serie tv ha più grinta di questo stanchissimo gangster movie che non sa andare oltre la sua trama di morti e vendette, comportandosi con l'imprevedibilità di un impiegato statale.
Good Kill di Andrew Niccol
L'inizio sembrava promettente. Afghanistan, guerra al terrorismo, droni. Come si vive guidandoli a distanza da Las Vegas? Poi Niccol sbaglia tutta una seconda parte in cui un trito e ritrito dramma familiare prende il sopravvento sul film di guerra dal tono satirico. Finale semplicemente imbarazzante.
99 Homes di Ramin Bahrani
Wall Street quasi 30 anni dopo con Mefistofele che stringe un patto con Faust nel mondo degli sfratti post grande crisi del 2008. Non piace soprattutto come vengono utilizzati Andrew Garfield (Faust) e Michael Shannon, mai in grado di aggiungere qualcosa in più a un canovaccio che più prevedibile non si può. Finale pessimo dove l'eroe non si fa male e oltre alla logica manca anche l'epos di una bella scena madre che manca del tutto.