Venezia 71 - La conferenza d'apertura
Alberto Barbera e Paolo Baratta hanno presentato la 71esima edizione del Festival di Venezia assieme alle giurie di questa edizione
Per prima cosa, Baratta ha parlato di dati e della collaborazione con la biennale di architettura (attualmente in svolgimento), spiegando poi di aver rispettato la promessa di rilanciare le sale del Lido (la Darsena in primis) e di non aver rimodernato l'area stampa per l'assenza di fondi. Barbera ha invece presentato le giurie:
Alexandre Desplat (Presidente)
Joan Chen
Philip Gröning
Jessica Hausner
Jhumpa Lahiri
Sandy Powell
Tim Roth
Elia Suleiman
Carlo Verdone
ORIZZONTI
Ann Hui (Presidente)
Moran Atias
Pernilla August
David Chase
Mahamat-Saleh Haroun
Roberto Minervini
Alin Tasçiyan
OPERA PRIMA
Alice Rohrwacher (Presidente)
Lisandro Alonso
Ron Mann
Vivian Qu
Razvan Radulescu
VENEZIA CLASSICI
Giuliano Montaldo (Presidente)
Due le poltrone, purtroppo, vuote: la regista Mahnaz Mohammadi e il cineasta ucraino Oleg Sentsov non sono infatti presenti perché imprigionati, una in Iran e l'altro in Russia. In entrambi i casi sono state lanciate mobilitazioni internazionali per chiederne la liberazione, e in entrambi i casi i governi responsabile degli arresti non hanno voluto concedere il rilascio su cauzione.
Durante la conferenza si è parlato del ruolo internazionale del Festival di Venezia, ma anche del cinema mondiale in un festival importante come questo. In particolare, Ann Hui ha commentato l'ascesa del cinema cinese - da tempo molto presente a Venezia - spiegando che in questo momento iniziano ad esserci molti soldi a disposizione e un grande bacino di pubblico, ma che l'espressione cinematografica in sé è ancora molto acerba e giovane e che in questo senso ci sono grandi margini di miglioramento.
Barbera: la situazione internazionale è cambiata completamente, la rivoluzione digirtale ha trasformato il modo di produrre, promuovere e distribuire film. È cambiato il mercato, che è il riferimento principale per i festival. Dobbiamo prendere atto del fatto che per le grande società di produzione internazionali i festival non sono più la prima cosa a cui si pensa quando vogliono promuovere dei film. Ci sono pellicole che escono in sala senza passare attraverso un festival. Interstellar di Christopher Nolan, per esempio, uscirà in autunno ma non parteciperà a promozioni festivaliere, stesso dicasi per il film di Tim Burton che tutti hanno invitato senza successo. Viviamo un periodo di grande transizione, il mercato tradizionale della sala si sta rimpicciolendo ma non diminuisce il conusumo di cinema: internet non è ancora pronta per accogliere questi spettatori, le proposte sono ancora molto acerbe. Coesisterà con il sistema sala, ma al momento non è ancora pronto. La gente non è ancora abituata a vedere un film online con la stessa velocità che prendere un biglietto cinema. Questo spiega perché stanno cambiando le riflessioni sulla promozione di un film.
C'è anche una maggiore competizione tra i festival, ma noi non siamo qui per mostrare i muscoli. Non è una gara al numero di anteprime mondiali, noi vogliamo sostenere i cineasti, promuovere il buon cinema e fare un lavoro di selezione tra i tantissimi film prodotti ogni anno per dire al pubblico "questi sono i film da vedere in questo momento, il resto non conta". Mi chiamo fuori dalla logica di conflittualità tra festival, che non interessa a nessuno e genera solo effetti negativi.
Baratta: A Venezia, poi, non c'è solo il festival del cinema, ma anche la biennale di architettura, di arte... e ci viene sempre chiesto "che posizione avete oggi nel panorama internazionale?" La risposta è, a tutti gli effetti, che in tutto il mondo ci sono più persone, oggi, che partecipano a eventi artistici. Il pubblico della biennale cresce, e questo grazie ai mezzi di comunicazione moderni. Più le persone possono partecipare al sistema di informazione mondiale, più è necessaria l'esistenza di una istituzione culturale che favorisca e crei un dialogo tra le persone. La presenza dell'informazione è ovunque, in tutto il mondo, e deve essere tradotta in conoscenza prima e in cultura poi.