Venezia 66: Il grande sogno abbonda
Arriva al Lido una delle pellicole italiane più attese, Il grande sogno di Michele Placido, che sconta la scelta di raccontare troppe vicende. E il nostro corrispondente-regista Giacomo Cimini è anche rattristato per George Romero e il suo Survival of the Dead...
Fonte: Badtaste.it
Qui trovate il sito ufficiale di Giacomo Cimini, mentre qui sotto vi proponiamo una esclusiva clip del suo corto:Il grande sogno sembra, in un certo, strano senso, speculare a Baaria per la sua paura di essere retorici nel mostrarsi epici. Mi viene da pensare ad Andrew Stanton che, durante la conferenza della Pixar, ha sostenuto che il "dramma è fatto di aspettative miste a incertezza". Il problema del film di Michele Placido è che non si capisce bene quali siano le aspettative. Ci troviamo infatti di fronte a sei storie diverse, con tutti i problemi che comporta seguirle in termini di montaggio e sceneggiatura. Peraltro, queste vicende sarebbero anche interessanti, ma funzionano soprattutto annullandosi reciprocamente, per poi arrivare a un finale estremamente limitato per le aspirazioni della pellicola.
Insomma, c'era materiale per cinque film, mentre sarebbe stato molto più saggio dedicarsi completamente alla vicenda del poliziotto infiltrato, che Placido ovviamente conosce benissimo, essendo la sua autobiografia. Non c'è dubbio che nel lotto questa fosse la storia più importante e da mettere in primo piano, oltre che quella più ricca di episodi bellissimi, mentre forse il regista, per la voglia di 'omaggiare' gli amici persi e acquisiti, ogni tanto perde di vista il cuore del film.E' un peccato, perché chiaramente Placido gli attori li sa dirigere bene, sia quelli giovani, che i tre protagonisti principali, tra cui spicca assolutamente Luca Argentero. E c'è da complimentarsi con Arnaldo Catinari per come lavora sulla ricerca fotografica dell'immagine, per esempio in una scena al mare, in cui la pellicola viene trattata come se fosse uscita direttamente da quell'epoca. Due stranezze comunque da sottolineare. Una scelta nella sceneggiatura in cui praticamente viene messa in gioco la vera identità del protagonista interpretato da Scamarcio. E' qualcosa che toglie credibilità alla vicenda, anche se non è escluso che sia avvenuta realmente. E, se non lo avessi letto, mai avrei pensato che le musiche sono di Nicola Piovani. Strani fischi pesanti alla fine della proiezione, che sembravano quasi preparati in anticipo per ragioni politiche.
I fischi (in realtà non arrivati) se li sarebbe meritati George Romero. Premessa, trovo La notte dei morti viventi un capolavoro e Zombi un grandissimo film. Il problema con Survival of the Dead è che si va al di là una pellicola bella o brutta, ma siamo nel campo della sofferenza più pura, in cui tenti di non rovinare il ricordo meraviglioso che avevi di questo regista. Un po' come mi è capitato con Tsukamoto, avevo enormi difficoltà a guardare quello che passava sullo schermo, perché è il classico film che fa male all'autore stesso e che sembra girato (a dir tanto) col mignolo sinistro. Addirittura, mi è venuto da pensare a quando avevo 6-7 anni e, dopo aver visto Zombi, l'avevo riscritto a modo mio. Ecco, quella versione non deve essere stata molto peggiore di questa.
Qui sembra veramente di essere di fronte a una pellicola girata da uno zombie, come se invece di avere il vero Romero ci fosse la sua controfigura sbiadita. Con una fotografia non all'altezza, un'ideatrice dei costumi che probabilmente era andata in vacanza, una recitazione pessima e dei dialoghi insostenibili, c'è soltanto una buona idea nella pellicola, quella di averla realizzata come se fosse un western. Peccato che anche secondo quest'ottica, sembra di trovarsi di fronte a una puntata di un Bonanza dei poveri. La realtà è che Romero fa le cose che faceva 30-40 anni (critiche sociali comprese), ma senza l'energia necessaria e tutto mentre il cinema è completamente cambiato. A questo punto, o trovi una strada diversa (come Rec o gli zombi di Danny Boyle) o la metti chiaramente sulla comicità (L'alba dei morti dementi è ovviamente il punto di riferimento), cosa che sembra essere un po' l'intenzione del regista.
Ma che dire di fronte a scene che fanno rimpiangere il tizio divorato dal leone e ripreso dall'iPhone in E venne il giorno? Qui abbiamo un talk show sugli zombi che imbarazza per come è orchestrato. Il tutto in un mondo assolutamente non coerente, in una situazione catastrofica ma in cui Internet funziona benissimo, mentre delle persone che vivono su un'isola riescono a sopravvivere non si sa come. Viene quasi da pensare che Romero sia vittima dei suoi fan, come capita magari ad altri (ex) maestri come John Carpenter, 'costretti' a ripetere all'infinito le loro pellicole più riuscite. In parte, è quello che sta succedendo anche un po' a Tarantino, che però ha sicuramente la possibilità di tirarsene ancora fuori, vista la sua età relativamente giovane...
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