Uno strumento dimostra che l'offerta legale USA non è a livello della pirateria
Secondo le associazioni dei distributori i film (in America) sono disponibili online legalmente ma la pirateria non cessa. Uno studio universitario riesce a dimostrare il contrario...
Le associazioni americane che curano i diritti degli editori musicali e distributori cinematografici (MPAA e RIAA) da tempo stanno conducendo una battaglia legale e politica per indurre Google a spingere in fondo ai suoi risultati i siti che forniscono materiale pirata. Già l’anno scorso il motore di ricerca ha modificato il suo algoritmo per favorire risultati legali a scapito di quelli illegali.
Google si prenderebbe la colpa in un certo senso, poichè, dicono da MPAA e RIAA, le alternative legali ora ci sono (parliamo sempre di America, eh) ma la pirateria continua a trionfare.
Sono tre settimane che piracydata.org è attivo e al momento solo la metà dei film più piratati godono di un’alternativa legale.
Dunque da un lato c’è la MPAA che sostiene che nonostante i film siano disponibili online legalmente ormai questo non ferma la pirateria. Dall’altro c’è piracydata.org che mette in scena la (parziale) falsità di quest’affermazione. La reazione dei primi contro i secondi non ha tardato ad arrivare.
La MPAA ha infatti immediatamente messo in discussione i risultati della George Mason University, sostenendo che almeno metà dei film che loro danno come “non disponibili online legalmente” in realtà lo sarebbero, come esempio però hanno citato solo Pacific Rim. Il film di Del Toro (che risultava non disponibile legalmente) può essere noleggiato, dunque il sistema di piracydata.org sarebbe fallato, in tutta risposta dall’università hanno aggiornato il dato commentando solo che “Non possiamo dimostrarlo ma la nostra opinione è che sia stato messo online dopo la nostra iniziale ricerca”.
In più, con una mossa che suona come un parziale cambio di discorso, la MPAA ha anche affermato che offerta legale e calo della pirateria non sono in connessione comunque, e lo dimostra il fatto che The Walking Dead, una delle serie più scaricate in assoluto, sia in streaming gratuito sul sito del canale AMC senza che questo abbia inciso.
Quello che si evince da questa storia è che nonostante le promesse di un nuovo atteggiamento e di lavoro sull’alternativa legale più che sulla persecuzione, non molto è cambiato. Certo in effetti i singoli utenti non sono più citati in giudizio ma se la fruizione legale stenta ad affermarsi completamente e seriamente (pare inutile dirlo ma finchè non tutto è disponibile la pirateria continua ad avere un senso per chi la pratica) le associazioni continuano a trovare altri capri espiatori. Anni fa erano gli ISP (e per alcuni ancora lo sono), colpevoli di agevolare la pirateria offrendo banda larga e facendoli passare per le loro fibre ottiche (come se dovessero lavorare da portieri e discriminare chi passi e chi no), poi sono diventati i singoli e ora la colpa è attribuita al motore di ricerca per eccellenza.
Quella che stenta ad affermarsi, lo ripetiamo, è l’idea più semplice ma anche la più devastante per l’ecosistema come lo conosciamo, ovvero che il modello della pirateria è semplicemente il futuro della fruizione. Sono le persone ad indicare questo rendendolo il più usato e l’offerta legale ha il duro compito (ma del resto ne avrà anche i benefici) di trovare un possibile modello economico che renda quel tipo di distribuzione (tutto e subito online) redditizia. Altrimenti continuerà a esserci la pirateria. Google o non Google.