Tom Hanks torna a difendere la vittoria agli Oscar di Forrest Gump contro Pulp Fiction
Tom Hanks riflette sull'eredità di Forrest Gump tornando a difendere il trionfo agli Oscar ottenuto dal film di Zemeckis...
Fra meno di dieci giorni potremo ammirare la performance di Tom Hanks in Elvis (LEGGI LA RECENSIONE), la nuova pellicola di Baz Luhrmann in cui interpreta il Colonnello Tom Parker, nome d'arte di Andreas Cornelis, il manager del Re del rock'n'nroll.
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Una vittoria, quella della statuetta per il Miglior film, che avvenne "ai danni" di acclamate pellicole quali Pulp Fiction di Quentin Tarantino, Le ali della libertà di Frank Darabont, Quiz show di Robert Redford e Quattro matrimoni e un funerale di Mike Newell. Ancora oggi, a svariati lustri di distanza, c'è chi sostiene che Quentin Tarantino sia stato defraudato da Robert Zemeckis. Ed è proprio su questo concetto che parte la difesa di Tom Hanks verso Forrest Gump:
Il problema di Forrest Gump è che ha fatto una caterva di dollari. Se Bob ed io avessimo fatto semplicemente un film di successo, saremmo stati dei geni. Ma siccome realizzammo un film d'incredibile successo, diventammo dei geni diabolici. È un problema? No, ma se prendi i libri sui migliori film di sempre Forrest Gump non compare perché "Oh, è questo sdolcinato festival della nostalgia".
Ogni anno, scappa fuori un articolo tipo "Il lungometraggio che avrebbe dovuto vincere l'Oscar per il miglior film" ed è sempre Pulp Fiction. Che è, senza ombra di dubbio, un capolavoro. Guarda, non so che dirti. C'è un momento d'innegabile e straziante umanità in Forrest Gump nel momento in cui Gary Sinise, il Tenente Dan, arriva con sua moglie, asiatica, presso la nostra abitazione quando Forrest e Jenny si sposano. Io lo guardo e gli dico "Tenente Dan". Potrei mettermi a piangere anche adesso ripensandoci. Forrest e il Tenente Dan con quattro parole - gambe magiche, Tenente Dan - capiscono tutto quello che hanno attraversato e provano gratitudine per ogni oncia di dolore e tragedia alla quale sono sopravvissuti.
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Fonte: The New York Times