The Crown 6: la ricercatrice della serie contesta le critiche: "Non ci siamo mai proposti come un documentario"

The Crown 6: la ricercatrice della serie contesta le critiche: "Non ci siamo mai proposti come un documentario"

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Quando The Crown ha fatto il suo debutto su Netflix nel 2016, critica e pubblico capirono subito che si trovavano di fronte a un progetto che avrebbe fatto molto parlare di sé. Qualitativamente parlando, le prime stagioni hanno sorpreso non solo per il lavoro svolto nel ricreare ambienti, luoghi e situazioni con grande accuratezza, ma anche per il modo in cui venivano trattati e drammatizzati gli eventi storici. The Crown, infatti, inizia a raccontare la storia della regina Elisabetta II a partire dal 1947. Tuttavia, man mano che la rappresentazione degli eventi storici nel drama reale si è avvicinata di più al nostro periodo, la serie è stata oggetto di attenzione per la sua rappresentazione della monarchia e per la drammatizzazione di alcune situazioni. Alcuni di voi ricorderanno che l'anno scorso, Netflix aveva aggiunto una didascalia insieme al trailer della quinta stagione sul suo canale YouTube, definendo la serie una "drammatizzazione fittizia". Un disclaimer che è stato necessario inserire in seguito alle numerose critiche, tra le quali spiccava quella mossa da Dame Judi Dench. Ma secondo Annie Sulzberger, la responsabile del settore ricerca dello show di Netflix, l'aggiunta di questa didascalia è pressoché superflua. Ecco infatti che cosa ha dichiarato all'Hollywood Reporter:

"Semplicemente credo che il pubblico sia più intelligente di così. Non ci siamo mai proposti come un documentario. Stiamo cercando di mostrare questo paese, queste istituzioni, queste persone in un modo che le umanizzi offrendo un piccolo sguardo sulla nostra stessa cultura. Non credo che sia stato fuorviante in alcun modo."

Il 14 novembre è arrivata su Netflix la prima parte della sesta e ultima stagione e dopo qualche ora sono subito sorte nuove domande sull'accuratezza di alcuni dettagli, specialmente sulla relazione tra la principessa Diana (Elizabeth Debicki) e Dodi Al-Fayed (interpretato da Khalid Abdalla).

"Non sono mai riusciti a trovare il tempo per parlare pubblicamente della loro relazione. Quindi ci siamo basati non sui media dell'epoca nel 1997, ma sulle testimonianze nell'Operazione Paget [il rapporto di indagine sull'accusa di cospirazione per uccidere Diana] e nell'inchiesta del coroner che sono emerse molto più tardi - nel 2006 e nel 2008 - perché in quelle testimonianze sentivi le sue migliori amiche appena terminavano una telefonata con lei", spiega Sulzberger.

"Siamo stati in grado di entrare facilmente nel suo stato mentale, e penso anche con molta precisione attraverso tutte quelle testimonianze che sono state approvate dalla polizia britannica e successivamente ritenute accurate. Lo stesso vale effettivamente per Dodi. C'erano alcune persone approvate dall'inchiesta come testimoni onesti del suo comportamento in quelle settimane. Abbiamo ritenuto che quelle testimonianze ci dessero una base davvero solida."

Avere accesso ad archivi è un'arte di per sé, sostiene Sulzberger. Infatti, la produzione per la lavorazione di questa stagione ha avuto accesso ai documenti Paget e alle riprese delle telecamere di sorveglianza di Dodi e Diana all'hotel The Ritz a Parigi prima del loro fatale incidente automobilistico.

"Siamo piuttosto orgogliosi di tutti questi dettagli che siamo riusciti a raccogliere da ricerche molto accurate. E poi, quando li presentiamo, è un po' considerato come blasfemia", dice. "Spero che le persone capiscano che questo è molto più di un'arte. E facciamo un lavoro investigativo incredibilmente importante."

Che cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti.

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