[TFF34] La non facile intervista in cui Christopher Doyle racconta di aver rifiutato Harry Potter e dà dello str***o ai più grandi
Spigoloso, allegrotto, polemico e imprevedibile, Christopher Doyle spiega cosa sia il Feng Shui del cinema, la sua filosofia estetica
Rimasto famoso per i film fatti con Wong Kar Wai (In The Mood For Love, Hong Kong Express, Angeli Perduti, 2046, Day Of Being Wild, Ashes of Time, Happy Together) e per come abbia fondato un’estetica nuova e unica, definendo la maniera in cui da lì in poi si cerca il romanticismo nelle città moderne, Doyle è stato attivo tra America, Asia, Europa e Oceania sempre con stili diversi ed idee diverse.
Una delle personalità artistiche più incredibili, contagiose e d’ispirazione del nostro tempo.
Notoriamente però è anche una persona allegra e spigolosa. Quando entriamo nella stanza in cui concede interviste a Torino l’aria è densa di ebrezza alcoliche, prima ancora di stringerci la mano Doyle (bello allegrotto) chiede all’ufficio stampa:
“La mia birra?!? Come posso andare avanti senza birra?!”
Seguito da una fragorosissima risata che sarà un tratto distintivo di tutta la nostra interazione.
Dopo una breve presentazione cerchiamo di partire con la prima domanda
Ci sono alcuni suoi film che….
Da Roma
Non lo so, forse perché a sentire lei mi viene da imitarlo [il suo l’accento australiano somiglia un po’ a quello inglese ndr]
“Hai fatto pratica guardando la BBC? AHAHAHAHA”
Ahah sì, più che altro i film...
“Sei un fan di Margaret Tatcher quindi ho capito! AHHAHAHAHA
Ad ogni modo anche io quando torno in Australia nonostante manchi da 47 anni lo riprendo. Quindi tu sei come Zelig di Woody Allen, ma vai pure avanti”
Grazie. Quando mi hanno detto che l’avrei potuta intervistare la prima curiosità che ho pensato avrei voluto soddisfare era sapere quale lei consideri il più grande obiettivo raggiunto in carriera?
"Il miglior film è sempre il prossimo. Ma il trionfo maggiore posso dire sia essere ancora qui, vivo. AHAHAAHHAHAAHAHAH
E poi anche il sapere per certo che ho sono stato d’incoraggiamento ai giovani. Non voglio darmi pacche sulle spalle ma trovo davvero sia importante. So di rappresentare un modo un po’ pazzo di fare film, con pochi soldi e molto velocemente, non sto a fare Harry Potter insomma. E questo lo trovo importante”
Ma non pensa che ci sia stato nella sua carriera un film o una serie di film più importanti per quello che hanno rappresentato?
“Una volta una giovane giornalista del Guangzhou mi chiese perché non facevo più i film che facevo una volta ma io non capivo che intendesse perché ne ho fatti più di 100, lei ne aveva visti pochissimi in realtà. Ovviamente parlava di quelli con Wong Kar-Wai, ora sono anni che non ne faccio più con lui, anche se so che per molti In The Mood For Love è il più grande film mai fatto ma quindi? Che mi importa? Ora sto lavorando a The History of Film con un regista irlandese [Mark Counsins ndr], è il quinto film che faccio con lui, ognuno di questi è stato girato in 5 giorni.
Una volta mi offrirono anche un film di Harry Potter ma non sapevo come avrei potuto passare 600 giorni a fare una cosa che non capisco e di cui non mi frega niente, avrei deluso tutti. Il processo e il set sono l’obiettivo in sé.
La cosa buona è che sono veloce, quindi costo poco, e che il mio nome ora aiuta a finanziare i film dei più giovani, nonostante sia pazzo molti mi danno fiducia e sanno che il risultato del mio lavoro comunque sarà bello a vedersi e sarà consegnato in tempo”
Ovviamente non sono un direttore della fotografia ma lo stesso credo che…
“Che vuol dire “ovviamente”?! solo perché sei vestito così?! [sono in jeans, camicia bianca e una giacca scura, lui in un misto di abiti asiatici e giubbotti occidentali ndr] Beh sì un direttore della fotografia non indosserebbe mai una camicia bianca AHAHAHAHAHAHAHA”
Dicevo che ho visto le sue idee e invenzioni in altri film. Capita anche a lei di trovare influenze di quel che ha fatto?
“Non guardo troppi film, preferisco leggere o sentire musica o incontrare ragazze giovani ma è un’altra storia, ma il punto è che non potete essere me. A parte che non è granchè essere me, io stesso non lo vorrei, ma mi sorprende perché non vogliano essere se stessi. Molti film commerciali devono avere dei riferimenti visivi per partire e vedo tantissime produzioni vicine al mio lavoro, anche in pubblicità. Ma io stesso non potrei rifare In The Mood For Love o Hong Kong Express, primo perché non mi va, secondo perchè non mi ricordo nemmeno come li ho fatti e terzo perché erano frutto della collaborazione con qualcun altro. Ho fatto film in Tailandia ed erano tailandesi poi in Corea ed erano diversi ancora, poi Ondine in Irlanda con Neil Jordan e lui mi chiese perché i miei film fossero tutti diversi, ma per me sono solo dei viaggi. Certo magari cambio un po’ ma la verità è che sono fatti con le persone con cui li faccio non solo da me, quindi non possono somigliarsi. Non è uno stile ma è l’accumulo di energie diverse, la concentrazione di energie attraverso lo spazio e la gente con cui lavoro”.
Se non guarda film da cosa prende ispirazione? Fotografie? Dipinti?
“No no quella è roba vecchia scuola. La rispetto eh intendiamoci. Gente come Steve McQueen e Derek Jarman usano Caravaggio come riferimento ma anche tanti altri come va di moda ora guardano ad Edward Hopper, ma non fa per me. Pensa che una volta ho fatto un video musicale per Florence And The Machine e tutti i riferimenti visivi erano a 2046, ma nel video non c’è nemmeno un’immagine che somigli a 2046 AHAHAHAHAHA Capisco che questo dei riferimenti per alcuni è una piattaforma per iniziare a comunicare ma, davvero, perché dovremmo rifare qualcos’altro?”
Le idee allora da dove le prende?
“Dallo spazio. Dal Feng Shui, lo conosci?”
L’arte di disporre elementi in un ambiente?
“Esatto. La mia fotografia è Feng Shui”
Ma vale anche per i colori?
“Sì. Vedi, molti dei film che faccio hanno budget piccoli, entriamo in una stanza come questa e non possiamo ridipingere tutto di altri colori perchè non abbiamo soldi, quindi scegliamo una direzione perché è bella o perché c’è una bella luce o non so e lavoriamo così. Sono le location e la gente nello spazio. Solitamente dobbiamo adattarci a quel che abbiamo, quindi come lo usiamo? Quali parti ti danno energia? E poi anche le persone, come si muovono al loro interno? Per l’ultimo film che ho fatto, abbiamo evoluto la storia a partire dagli spazi che avevamo anche se non riguardavano proprio quegli spazi. Capisci? Il Feng Shui del cinema è cosa sembra più appropriato o eccitante di uno spazio a partire dalle idee che vengono dallo script. Il 60% dello stile è dato dallo spazio in sé, il restante 30% sono le scelte che fai su quello spazio, il resto è la percentuale di aggiustamento tecnico”.
Ok, ultima domanda, le piace...
“No no! Giuro che l’ho conosciuta quando aveva già 18 anni lo giuro!!! AHAHAHAHAH
Lo sai che sono andato con la moglie di Donald Trump?”
Questa sì che sarebbe una notizia!
“Manco morto! AHAHAHAHAH!”
Le piace lavorare la fotografia digitale? Intendo la possibilità di modificare le immagini dopo averle girate.
“No, lo odio! Il bello della pellicola sono gli errori e l’inatteso che ti vengono in aiuto, anche quando lavoro in digitale cerco di toccare l’immagine il meno possibile, ovviamente se è un giorno di pioggia e il cielo non è del colore che vuoi allora lo puoi lavorare dopo…”
Beh so che in Poesia Sin Fin con Jodorowski avete lavorato molto sul ritocco, che a lui piace parecchio
“Sì lo so ma è lui che è fatto così e se è per questo anche James Cameron lo adora! Molti registi come anche Micheal Mann (tutti stronzi) amano giocare a fare Dio, per questo il rapporto che tradizionalmente esiste con il direttore della fotografia è cambiato, perché prendono il comando. La sfida invece è stringere un legame di fiducia con qualcuno con cui vuoi stare, e non solo usarlo per il solo tuo comodo, per questo lavoro solo con amici. Gus Van Sant, Jim Jarmusch erano tutti amici anche Alejandro Jodorowski lo era. Se c’è la fiducia, c’è tutto. Poi Alejandro è matto ma che ti aspetti? Ha 87 anni e finalmente può giocare anche lui. E poi...”
Qui c’è una pausa come di indecisione, come se volesse dire qualcosa ma ci stesse pensando su. Era l’ultima domanda e sapeva che quella sarebbe stata la chiusa, così al termine dell’indecisione rivolto all’ufficio stampa e con una voce appositamente più bassa e piaciona ha detto:
“....e poi, per me le piccole imperfezioni sono ciò che rende una donna italiana così affascinante”.
Ringraziato, salutato e congedato Christopher Doyle siamo usciti dalla stanza sentendo che chiedeva ancora della sua birra.