Sylvester Stallone riflette sulla sua carriera: dalla director's cut di Rocky IV all'importanza del personaggio
Sylvester Stallone riflette sulla sua carriera, partendo dalla director's cut di Rocky IV e dall'importanza del suo personaggio
Quando ho iniziato a scrivere, volevo parlare di cosa vuol dire essere un artista incasinato che cerca di trovare la sua strada in un mondo molto serio. Ma a nessuno importa degli artisti, quindi ho cercato di portare la sua sensibilità in un improbabile pugile. Penso infatti che lui vada in direzione opposta rispetto a quello che si potrebbe pensare dal suo nome: non è un duro, è carino e vulnerabile, un essere umano molto alla mano senza pregiudizi. Una di quelle persone che vorresti come amico, come zio, magari perfino come genitore. Ma allo stesso tempo, qui è dove casca l'asino: c'è una sorta di ferocia con cui gli spettatori devono fare i conti. Rocky non è una cattiva persona, ma mette in gioco tutto se stesso: ecco penso che in questo gli spettatori si identifichino, il fatto di portare su di sé molti pesi...quello che la gente fa tutti i giorni.
Durante la pandemia, avevo tempo e ho pensato: "Se la gente deve investire dei soldi, è più facile che lo faccia con Rocky 4, che è più adattabile ai nostri giorni. Inoltre, la situazione con la Russia è simile: è incredibile come queste problematiche siano tornate a essere attuali come lo erano trent'anni fa. Ma mi piacerebbe mettere mano a tutti i miei film, in particolare a I falchi della notte, Taverna Paradiso e anche Rocky V, che non ho diretto in prima persona, ha un'atmosfera diversa, ma so che c'è del girato messo da parte. Bisognerebbe però buttare via tutta la colonna sonora e riiniziare daccapo. È un po' il mio sogno.
Stallone confessa poi che vorrebbe aver riservato più inquadrature a Tony Burton, interprete del personaggio di Tony "Duke" Evers, allenatore del pugile:
Nelle scene di combattimento, hai sempre il problema degli inserti, perché servono ad aumentare la tensione e la posta in gioco: inquadri le mogli e così via. In generale, però, avrei voluto più inserti su Tony Burton: ha la faccia più espressiva, ma all'epoca non me ne ero reso conto. C'è una scena in Rocky IV, penso nel secondo round, in cui lui è il mio corner man, dall'altra c'è un vero stunt. Erano tutti così presi, così coinvolti, che quando il russo mi attacca e io lo metto a tappeto, e tutti saltano dentro, sono impazziti. Stavano ancora combattendo quando abbiamo smesso di girare!
Infine, una veloce commento su quale sia l'aspetto più difficile nel dirigere se stessi sul set:
Rischi di perdere quei piccoli momenti, per la troppo fatica o i troppi imput che ti rendono sovraccarico. Chiunque diriga se stesso sa che è più facile farlo con situazioni drammatiche, ma quando si tratta di scene d'azione con tantissime persone coinvolte... buona fortuna, è veramente dura!
Fonte: Collider