Susan Boyle non è un affare?
Paradossale articolo del New York Times, in cui ci si lamenta di come la popolarità della casalinga-cantante di Britain’s Got Talent su YouTube non sia stata sfruttata. Ma ci fanno o ci sono?
Fonte: Badtaste.it
Tutto bene insomma, considerando questo successo dal nulla, vero? Non proprio. Il New York Times scrive infatti:
Fino a ora, il suo successo sul web ha portato pochi soldi ai produttori del programma o alle emittenti che lo distribuivano. La FremantleMedia Enterprises, la società di produzione che detiene i diritti digitali internazionali del programma che lancia nuovi talenti, ha inserito delle clip su YouTube subito dopo l'esordio della signora Boyle, ma queste non sembrano aver generato nessun guadagno pubblicitario per la società. Infatti, i video più popolari con la Boyle non erano le versioni ufficiali, ma piuttosto le copie del programma televisivo inserite dagli utenti. Questo caso rappresenta bene l'incapacità delle grandi società di media di massimizzare i profitti dall'enorme pubblico di Internet che sembra arrivare dal nulla. [...] Quanti soldi hanno perso le parti in causa? Nei giorni dopo l'esordio della signora Boyle, il quotidiano londinese Times ha pubblicato quella che ha chiamata una "stima approssimativa", indicando che i detentori dei diritti hanno lasciato 1,87 milioni sul tavolo. E' una cifra basata sui 75 milioni di visioni in streaming delle varie clip della Boyle, che secondo il giornale potevano ottenere dai 20 ai 35 dollari ogni 1.000 visitatori negli Stati Uniti e anche di più in Gran Bretagna.
Sarebbe come dire, per tornare al nostro campo cinematografico, che la Warner non ha capitalizzato l'enorme popolarità de Il cavaliere oscuro facendo pagare tutte le sue iniziative virali. E che, per restare sullo stesso film, tutti i milioni di utenti che avevano un'immagine su qualche forum e l'hanno 'jokerizzata' in quel periodo, dovrebbero pagare dei diritti ai produttori. E' un fraintendimento totale di causa ed effetto. La realtà è che certi fenomeni diventano tali proprio grazie a una promozione Internet gratuita e che parte dal nulla (si fa per dire). Sarebbe stato meglio per i produttori di Britain's got talent mettere le loro clip su un sito e pagarsi la banda, senza poi ottenere un centesimo del riscontro avuto?
La cosa bella è che, alla fine dell'articolo, Stelter involontariamente segnala che c'è qualcosa di folle nel suo pezzo, dicendo:
Il canale che trasmetteva il programma e i suoi produttori hanno permesso alle copie (non ufficiali, NdR) di rimanere online perché creavano interesse verso il programma. Le clip hanno ottenuto mezzo milione di commenti.
Ecco, nel momento che chi detiene i diritti d'autore non fa rimuovere le clip su YouTube (cosa che invece molti fanno), come si fa a parlare di danni? Potevano rimuoverle e non avrebbero 'perso' nulla. O, forse, gli autori dello show una o due cose in più di Stelter e del New York Times su perdite e ricavi le sanno...
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