Storia della televisione: Carnivàle
Riscopriamo insieme Carnivàle: lo scontro tra il bene e il male sullo sfondo della Grande Depressione, in una grande serie targata HBO
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La serie seguiva per due anni un circo itinerante nel profondo degli Stati Uniti immerso nella Grande Depressione degli anni '30. L'aridità del deserto attraversato dai protagonisti è lo specchio di un paese che soffre incagliato tra due guerre, una più lontana nel passato, una prossima a scatenarsi, ma che soffre soprattutto delle proprie mancanze. Questo malessere endemico, della terra, delle persone che la abitano, del periodo storico che stanno attraversando, si incarna in due figure opposte e destinate a scontrarsi. Si tratta di un giovane di nome Ben Hawkins, dai misteriosi poteri guaritori, che si unisce al circo, e di un pastore di nome Justin Crowe, anche lui in possesso di poteri che gli permettono di imporsi sul prossimo.
Vogliamo creare un collegamento a posteriori con la tragedia dell'11 settembre, avvenuta appena due anni prima? Possiamo farlo, ma sarebbe riduttivo vedere Carnivàle come una semplice risposta emotiva. Tanto i fatti della serie quanto la sua struttura si pongono in una prospettiva storica lontana proprio perché vogliono raccontare la ricorsività dello scontro tra giustizia e forza, tra la difficoltà della decisione giusta e la semplicità dell'imposizione e dell'arroganza. Non è un caso che sullo sfondo di questo, in fondo, piccolo percorso, già si agitano i venti degli esperimenti sull'atomica e la II Guerra Mondiale. E quale migliore ambientazione poteva esserci per inquadrare un'umanità irriconoscibile e alla deriva, di un circo itinerante?
E poi ci sono i due protagonisti. I loro ruoli li chiamerebbero a interpretare due parti molto rigide, una netta divisione tra la luce e l'oscurità, e invece sono proprio le sfumature dei caratteri che emergono, con i loro dubbi, e danno profondità a tutto. In particolare grande lavoro di Clancy Brown. E nelle retrovie – ma sua è l'apparizione, che parla direttamente con noi, nel prologo – c'è Michael J. Anderson, che naturalmente era il nano di Twin Peaks che parlava al contrario, qui nei panni di Samson, direttore del circo.
Su tutto rimane il confronto tra libera scelta, salvezza, predestinazione e fatalismo. Buoni o cattivi, protagonisti o comparse, quanto sono liberi questi personaggi che fin dalla nascita sono destinati a un percorso? C'è qualcosa di Preacher di Garth Ennis in tutto questo, ma anche dell'Ombra dello Scorpione di Stephen King. Per non parlare della complessità del personaggio di Justin Crowe, un pastore talmente traviato dall'ossessione di bene e male da riprendere, in chiave ancora più estrema, il predicatore Harry Powell di La morte corre sul fiume.
Carnivàle rimane quindi una serie di nicchia, ma importante e meritevole di essere riscoperta. Fosse uscita oggi, la mitologia nascosta avrebbe affascinato molti più spettatori, avrebbe creato confronto in rete, avrebbe permesso alla serie di durare oltre le due stagioni realizzate (Knauf ne aveva previste sei).