Spider-Man: La saga del clone compie 25 anni, parlano gli autori originali
In occasione del venticinquesimo anniversario della Saga del clone di Spider-Man, gli sceneggiatori dell'epoca ricordano la lavorazione del progetto
Sulla lunga prosecuzione della saga, sulla sua risoluzione e sull’effetto che ebbe sui lettori e sulla critica è stato detto di tutto e di più. Vale però la pena ascoltare le riflessioni di quelle che furono le menti creative della saga: gli sceneggiatori Terry Kavanagh e Howard Mackie e l’Executive Editor di allora, Tom DeFalco, che con un occhio al passato e uno al presente hanno recentemente riflettuto sull’esperienza e sull'impatto che ha avuto sul Fumetto americano negli anni successivi.
Kavanagh - A venticinque anni di distanza è più facile riflettere sull’impatto che la storia ha avuto e sulle sue reazioni. Sicuramente ebbe un grande effetto sul franchise di Spider-Man. In termini di vendite fu un grosso successo all’epoca, mentre a livello di critica non molto. Storicamente sembra essersi confermata un successo, grazie al fatto che molti fan sono cresciuti con Ben Reilly e al ritorno di quella linea narrativa sia nei fumetti che in altri media.
Mackie - Nel complesso, trovo la situazione molto divertente. Il nostro arco narrativo del clone (non era affatto nato come una saga) creò sicuramente la sua parte di controversie. Molti fan lo amavano, altri lo mettevano alla gogna. Gli autori cercavano semplicemente di raccontare una storia che consentisse alle avventure di Spider-Man e alla vita di Peter Parker di proseguire in direzioni differenti, che fossero libere dall’ingombro di vari decenni di continuity. Distaccandoci dagli elementi controversi dell’epoca, direi che funzionò.DeFalco - Credo che la saga del clone sia una storia entusiasmante che infiammò le passioni dei nostri lettori, e questo è l’obiettivo di ogni storia. Sono compiaciuto del fatto che abbia aggiunto nuovi elementi al franchise del titolo, ma non credo che abbia avuto ripercussioni a lungo termine nel medium fumettistico.
Kavanagh - L’introduzione originale da parte di Gerry Conway del clone fu memorabile, perché ci mostrava due buoni in una brutta situazione. Un clone di Peter Parker, finché l’esperienza non lo modella in qualcosa di diverso, è per definizione un bravo ragazzo. Per me era qualcosa di affascinante e di interessante. Se abbiamo fatto bene il nostro lavoro, è il motivo per cui ha funzionato anche per i lettori di Ben Reilly.
Mackie - Una parola chiave è "controversa". Era stata concepita per essere una grossa storia controversa che avrebbe rovesciato il carretto delle mele della continuity di Spider-Man. Ribadisco: la storia, così com’era stata concepita in origine dagli autori, avrebbe fatto questo e avrebbe portato una boccata d’aria fresca nella vita e nelle avventure di Peter e di Spider-Man. Purtroppo, cadde vittima del suo stesso successo.
Ci avevano incaricato di creare una storia di Spider-Man che risollevasse le vendite. Fece proprio questo, in un periodo in cui l’industria del Fumetto affrontava una grave crisi. Ma i geni del marketing dell’epoca decisero che la storia non dovesse finire. E i geni del marketing non hanno idea di come sia fatta una storia. Ci vuole un inizio. Una parte centrale. E una fine. Loro decisero che dovevamo concentrarci sulla parte centrale. Di conseguenza, una storia concepita per durare tre mesi andò avanti per oltre due anni... e divenne una saga.
DeFalco - Ritengo che sia una storia così memorabile perché è interamente incentrata sull’identità personale. Ogni lettore può identificarsi con Peter Parker in questa storia. Sono veramente chi credo di essere? O mi sto solo ingannando? Tocca il cuore di alcuni argomenti molto delicati: come ci vediamo e come gli altri ci vedono.
Kavanagh - Aggiungo il fatto che io (e sospetto anche altri autori) ci sentivamo bloccati dal fatto che Peter fosse sposato a quella che era riconosciuta come la donna/modella più bella della città, dovesse preoccuparsi del mutuo del suo spettacolare appartamento eccetera... Maturando, noi autori avevamo fatto maturare (sbagliando, credo) anche Peter. Improvvisamente aveva i nostri problemi (matrimonio, mutuo eccetera...) invece dei suoi. Per i lettori più giovani diventava difficile identificarsi. O almeno, questa era la mia opinione.
Ci tenevo davvero a dare una svolta a questa situazione in qualche modo (senza sobbarcare Peter con un altro lutto uccidendo MJ e facendone un vedovo). Poi, vedendo la pecora clonata Dolly sulla copertina di Time, tutto acquisì un senso.
Kavanagh - Howard Mackie e io discutemmo dell’idea a lungo, e lui si dichiarò della partita dal momento in cui gliene parlai. Gli altri autori presenti alla conferenza inizialmente opposero resistenza, citando (comprensibilmente) l’arco narrativo appena completato in cui i genitori di Peter facevano ritorno (prima che si rivelassero essere degli LMD, credo). Nel momento in cui rivelammo l’intenzione di fare di Ben Reilly il verso Spider-Man, single, senza una laurea... quasi tutti i presenti nella stanza furono d’accordo. Scrittori, disegnatori, redattori... con una singola eccezione degna di nota: l’editor.
Alla fine lo convincemmo, ma aveva ancora delle remore. Il giorno dopo, portò alla conferenza anche l’Editor-in-Chief, che a sua volta oppose resistenza, citando la scena di Dallas con Bobby nella doccia, dove gli spettatori scoprivano che tutto ciò che avevano visto nelle scene precedenti era un sogno. A nessuno piaceva una cosa del genere. Ma quando gli facemmo notare che non sarebbe stato questo il caso, e che tutto ciò che era accaduto negli anni precedenti sarebbe rimasto valido per i nostri personaggi, anche lui si convinse.
Kavanagh - Fin dall’inizio eravamo TUTTI d’accordo che sarebbe durata quattro mesi su cinque testate. Il reparto Vendite e Marketing si presentò in redazione e fece capire chiaramente che il super-aumento delle vendite ci obbligava a non chiudere la storia presto come avevamo pianificato. Da lì, partì una reazione a catena.
Non lavorai su Web of Spider-Man per l'intera durata della storyline. Pensavo fosse troppo lunga all'epoca e lo penso ancora oggi. Non ho idea di quali reazioni potrebbe scatenare oggi una storia del genere sui social media.
Mackie - Oggi nulla dura così a lungo nel mercato odierno. Ora che ci penso, negli scenari odierni probabilmente gli autori avrebbero avuto il permesso di raccontare la storia come volevano raccontarla. Anzi, il panorama fumettistico odierno ci avrebbe imposto di essere sintetici. Cavolo, ora sono triste!
DeFalco - Credo anch’io che la storia si sia dilungata troppo. Era il reparto vendite a prendere le decisioni, all'epoca, e volevano che la storia continuasse perché vendeva molto bene, sia nella distribuzione delle edicole che nelle fumetterie.
Fonte: Newsarama