Speciale - Revisionismo videoludico
Mai sottovalutare la portata politica dei videogiochi
Qualche giorno fa Ubisoft pubblica Assassin's Creed Unity. Dopo poche ore l'europarlamentare francese Jean-Luc Melénchon si scaglia contro la rappresentazione che il gioco fa di Robespierre: un uomo considerato liberatore della patria viene dipinto nel gioco come un mostro. Melénchon parla di cospirazione capitalista e vede in Unity un titolo che getta discredito sulla Repubblica. Unity, per la cronaca, si ambienta a Parigi durante gli anni della Rivoluzione francese. Tuttavia, tramite un'anomalia temporale, porta il giocatore anche nella Parigi della Seconda guerra mondiale.
Ricapitoliamo. Videogiochi, memoria, le due guerre del Novecento, fascisti e partigiani, la Rivoluzione francese, l'attacco della sinistra francese a Unity: quel che non va sottovalutato, in generale, è la portata politica dei videogiochi. La critica di Melénchon – condivisibile o meno che sia – è, più precisamente, una critica al revisionismo storico operato attraverso i media. Un problema anche videoludico, come insegna l'esperienza di Il rosso e il nero (Black Sheep Studios, 2004), titolo italiano che considerava fascisti e partigiani due fazioni semplicemente intercambiabili. Il giocatore può infatti impersonare un fascista o un partigiano: stando alla critica il titolo vizierebbe la realtà storica perché non vengono minimamente indagate le motivazioni delle due fazioni, qui neutralmente trattate come ideologie contrapposte. Vogliamo citare un'ampia porzione di un articolo su Il rosso e il nero pubblicato il 16 aprile 2004 sul Corriere della Sera (Antonio Carioti, Nero o rosso, revisionismo da play-station):
“Dietro la vernice di proclamata imparzialità e pretesa fedeltà ai fatti storici, viene contrabbandato un evidente stravolgimento degli eventi, per cui lo scontro avrebbe visto in campo solamente [...] 'l'esercito regolare Fascista e le forze della resistenza comunista del Partigiani'. Si dimentica che l'Italia era occupata dalle armate di Hitler, di cui le forze della Repubblica Sociale Italiana erano succubi. Ancora peggio, si presenta la Resistenza come un fenomeno esclusivamente comunista, cancellando di un colpo tutto l'antifascismo democratico. Ne scaturisce un puro duello tra ideologie totalitarie, quale la guerra partigiana assolutamente non fu. Difficile pensare che ciò sia dovuto a mere esigenze tecniche. L'ipotesi che si sia voluto far passare tra le righe un messaggio politicamente orientato non è di certo da escludere”.
Promemoria: giocare con la storia – con il passato, con il passato di una nazione, la sua politica, le sue ideologie – è chiaramente sempre un gioco molto rischioso.