Speciale - Revisionismo videoludico

Mai sottovalutare la portata politica dei videogiochi

Condividi

Il 28 luglio 1914 iniziava la prima guerra moderna, il grande conflitto che coinvolse la maggior parte delle potenze mondiali. Lo scorso ottobre, in occasione del centenario, l'Archivio Videoludico ha dedicato un convegno al tema della rappresentazione del guerra nei media, in particolare nel cinema e nel videogioco. Anche Ubisoft ha voluto dire la sua con un gioco sulla memoria, Valiant Hearts. Il titolo ha pregi notevoli: mescola fiction e documenti storici, utilizza meccanismi ludici per rileggere con efficacia, persino con ironia, alcune tappe della Prima guerra mondiale. C'è una sequenza – accompagnata dalla musica del can-can, l'Infernal Galop di Offenbach – che strappa più di qualche sorriso e racconta di quando, in occasione della battaglia della Marna, il governatore di Parigi requisì i taxi cittadini per portare i soldati sul fronte. “Anche se i loro corpi sono tornati da tempo alla polvere, il loro sacrificio è ancora vivo. Dobbiamo onorare la loro memoria, per non dimenticare...”, pronuncia la voce fuori campo sul finire dell'avventura.

valiant hearts

Qualche giorno fa Ubisoft pubblica Assassin's Creed Unity. Dopo poche ore l'europarlamentare francese Jean-Luc Melénchon si scaglia contro la rappresentazione che il gioco fa di Robespierre: un uomo considerato liberatore della patria viene dipinto nel gioco come un mostro. Melénchon parla di cospirazione capitalista e vede in Unity un titolo che getta discredito sulla Repubblica. Unity, per la cronaca, si ambienta a Parigi durante gli anni della Rivoluzione francese. Tuttavia, tramite un'anomalia temporale, porta il giocatore anche nella Parigi della Seconda guerra mondiale.

Torniamo un attimo al convegno organizzato dall'Archivio lo scorso ottobre. Uno dei relatori è stato Giancarlo Grazia, partigiano. La sua preziosa testimonianza partiva da un assunto: non è possibile comprendere la Seconda guerra mondiale senza fare un passo indietro, senza risalire alle origini, senza ripercorrere i primi quattro decenni del Novecento. Il fascismo nasce e si impone proprio a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Ogni conflitto, anche quello tra partigiani e fascisti, va contestualizzato, pena una visione superficiale ed errata.

Assassin's Creed Unity screenshot

Ricapitoliamo. Videogiochi, memoria, le due guerre del Novecento, fascisti e partigiani, la Rivoluzione francese, l'attacco della sinistra francese a Unity: quel che non va sottovalutato, in generale, è la portata politica dei videogiochi. La critica di Melénchon – condivisibile o meno che sia – è, più precisamente, una critica al revisionismo storico operato attraverso i media. Un problema anche videoludico, come insegna l'esperienza di Il rosso e il nero (Black Sheep Studios, 2004), titolo italiano che considerava fascisti e partigiani due fazioni semplicemente intercambiabili. Il giocatore può infatti impersonare un fascista o un partigiano: stando alla critica il titolo vizierebbe la realtà storica perché non vengono minimamente indagate le motivazioni delle due fazioni, qui neutralmente trattate come ideologie contrapposte. Vogliamo citare un'ampia porzione di un articolo su Il rosso e il nero pubblicato il 16 aprile 2004 sul Corriere della Sera (Antonio Carioti, Nero o rosso, revisionismo da play-station):

Dietro la vernice di proclamata imparzialità e pretesa fedeltà ai fatti storici, viene contrabbandato un evidente stravolgimento degli eventi, per cui lo scontro avrebbe visto in campo solamente [...] 'l'esercito regolare Fascista e le forze della resistenza comunista del Partigiani'. Si dimentica che l'Italia era occupata dalle armate di Hitler, di cui le forze della Repubblica Sociale Italiana erano succubi. Ancora peggio, si presenta la Resistenza come un fenomeno esclusivamente comunista, cancellando di un colpo tutto l'antifascismo democratico. Ne scaturisce un puro duello tra ideologie totalitarie, quale la guerra partigiana assolutamente non fu. Difficile pensare che ciò sia dovuto a mere esigenze tecniche. L'ipotesi che si sia voluto far passare tra le righe un messaggio politicamente orientato non è di certo da escludere”.

Promemoria: giocare con la storia – con il passato, con il passato di una nazione, la sua politica, le sue ideologie – è chiaramente sempre un gioco molto rischioso.

Continua a leggere su BadTaste